LESS
IS MORE: MEDICINES THAT REQUIRE LESS FREQUENT ADMINISTRATION IMPROVE ADHERENCE,
BUT ARE THEY BETTER? Editorial Pharmacoeconomics 2006; 24:211-213
Negli
ultimi anni si è verificato un aumento della disponibilità di farmaci
che richiedono somministrazioni meno frequenti. Ci sono diversi esempi e includono
i bisfosfonati per il trattamento dell'osteoporosi una volta alla settimana o
al mese; i contraccettivi ormonali a lunga durata transdermici, impiantabili o
iniettabili; risperidone iniettabile due volte al mese per la gestione della schizofrenia. I
farmaci che richiedono somministrazioni meno frequenti sono meglio accettati dai
pazienti e comportano di conseguenza una aderenza maggiore al trattamento. Tuttavia
il loro uso dovrebbe essere supportato da evidenze che documentino se nella pratica
clinica un aumento di compliance si traduca in benefici per il paziente
tali da giustificare i costi addizionali legati a questo tipo di preparazioni. Sono
state sviluppate varie strategie per migliorare l'aderenza alla terapia, ma le
revisioni sistematiche sulla loro efficacia clinica e sul loro costo hanno fornito
risultati contradditori. E' comunque chiara l'evidenza che esiste una correlazione
inversa tra frequenza della dose e compliance. Infatti una review condotta
su 76 studi che valutavano la strategia della riduzione della frequenza delle
assunzioni per differenti farmaci aveva dimostrato che l'aderenza ad una somministrazione
giornaliera era del 79% (±14%) contro il 69% (±15%) e il 51% (±20)
rispettivamente per due o tre assunzioni giornaliere. I risultati sui benefici
in termini di esiti sono invece inconcludenti. Di 36 studi identificati con questo
obiettivo, in 22 non è stata evidenziata alcuna differenza di efficacia,
in 7 un aumento conseguente a somministrazioni di farmaci meno frequenti e in
7 una diminuzione. Ad es. è stato mostrato che acido ibandronico (150
mg) una volta al mese era più efficace di una dose giornaliera di 2,5 mg
dello stesso farmaco nell'aumentare la densità minerale ossea della colonna
lombare (4,9% vs 3,9% dopo un anno) in pazienti con osteoporosi postmenopausale;
tuttavia non è stato determinato se questo si traduce in una riduzione
dell'incidenza di fratture. Nell'ambito di un trial clinico, randomizzato,
in doppio-cieco, della durata di 12 settimane in pazienti schizofrenici, risperidone
iniettabile a lunga durata d'azione (25 mg o 50 mg, ogni 2 settimane) ha evidenziato
un'efficacia equivalente alla forma orale somministrata in 2-6 mg/die. Il costo
di questi trattamenti è sicuramente maggiore di quello delle controparti
a breve durata d'azione. Tuttavia la valutazione economica deve tenere in considerazione
tutti i costi sanitari associati al trattamento (analisi costo-efficacia). In
letteratura sono riportati 10 modelli farmacoeconomici su risperidone a lunga
durata; tutti questi includono risperidone orale e altri antipsicotici, utilizzati
come farmaci di confronto. Risperidone a lunga durata ha mostrato benefici clinici
addizionali ed un risparmio economico in ciascun modello. Tutti gli studi si sono
basati sul presupposto maggiore aderenza à maggiore efficacia clinica. La
relazione tra aderenza ed outcome è spesso complessa e al momento
non prevedibile. Nei pazienti ipertesi, ad esempio, deve ancora essere stabilito
se una maggiore compliance correla con un miglior controllo della pressione sanguigna.
Evidenze recenti hanno mostrato che una aderenza alta alla terapia, anche se si
tratta del placebo, è associata ad una diminuzione del 35% della mortalità
nei pazienti con insufficienza cardiaca congestizia. Sembrerebbe quindi che il
miglioramento dell'aderenza di per sé sia più importante della scelta
della terapia. La relazione tra aderenza ed outcome è soggetta in modo
considerevole al grado con cui un farmaco è in grado di compensare il comportamento
del paziente di non-aderenza alla terapia. In questa direzione lavorano i medicamenti
"forgiving", cioè i farmaci la cui efficacia non risente
dell'uso di dosi ritardate o saltate in quanto la loro durata di azione è
più di due volte l'intervallo di tempo prescritto tra due dosi successive.
Tuttavia, non necessariamente il farmaco forgiving garantisce la soluzione
ottimale al problema della compliance. Infatti, prolungate interruzioni
nei dosaggi annulleranno l'azione di qualsiasi farmaco, con conseguenze economiche
che dipenderanno dalle conseguenze cliniche dell'attività farmacologica
persa o, con alcuni farmaci, produrranno effetti rebound. Inoltre ci sono
formulazioni a lunga durata che richiedono una visita clinica per la somministrazione
della dose (iniettabili o impiantabili); un appuntamento mancato non è
facilmente riprogrammabile in tempi brevi, in un contesto sanitario di lunghe
liste di attesa.
Poiché quindi non sono disponibili evidenze sicure che supportino
l'assunto che l'uso di preparazioni a lunga durata d'azione che aumentano
l'aderenza alla terapia porti ad un miglioramento della salute del paziente
e ad un risparmio economico, i medici dovrebbero considerare queste formulazioni
come mezzo alternativo per migliorare gli esiti nei pazienti sospettati
di una scarsa compliance, considerando caso per caso e attenendosi
alle evidenze cliniche.
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