IL BENESSERE AUMENTA LA SPESA



Fonte: Il Sole 24Ore Sanità. 21 gennaio 2009

Anche se può sembrare paradossale, perché destinata a soddisfare un bisogno fondamentale come quello della protezione della salute, la spesa sanitaria è per certi versi assimilabile a quella per i beni voluttuari o di lusso. Sia la prima che la seconda tendono infatti ad aumentare in misura più che proporzionale al crescere del reddito pro capite in termini reali. Ciò significa che in una società sempre più ricca a prescindere dalla composizione per classi di età della popolazione e dall'estensione dell'assistenza pubblica si consumano quantità via via maggiori di farmaci, si effettua un crescente numero di visite specialistiche e di accertamenti diagnostici, si ricorre con più frequenza agli interventi chirurgici, e così via.
Un caso emblematico è rappresentato in tale contesto dagli Stati Uniti che è il Paese che, pur lasciando senza copertura sanitaria circa 47 milioni di cittadini, spende di più per l'assistenza (tra settore pubblico e famiglie si arriva al 15,3% del Pil, contro il 9,6% della media Ue-15). Gli economisti sintetizzano questo fenomeno affermando che l'elasticità della domanda di prestazioni sanitarie rispetto al reddito nazionale assume un valore superiore a 1, nel senso che una variazione di quest'ultimo di un punto percentuale è accompagnata da una variazione della domanda di beni e servizi per la tutela della salute di oltre un punto percentuale. Si tratta di una relazione di lungo periodo che non ha solo una valenza puramente teorica, trovando un solido riscontro nell'evidenza empirica. A sostegno di ciò, è sufficiente rilevare che nei Paesi europei, secondo le elaborazioni effettuate dall'Ocse, il rapporto tra il tasso di crescita della spesa sanitaria e il tasso di sviluppo dell'economia oscillerebbe attorno all'1,2-1,3 per cento. A ben vedere, è questa una tendenza diametralmente opposta a quella che si registra per talune categorie di spesa destinate anch'esse ad appagare bisogni primari dell'esistenza. Basti pensare in tale contesto ai consumi di generi alimentari, la cui incidenza diminuisce gradatamente con l'avanzare del processo di sviluppo economico.
Nella letteratura economica sono state individuate almeno tre ragioni, che vale la pena rammentare brevemente. La prima è che nel lungo periodo la crescita del prodotto a prezzi costanti è associata a un più elevato livello di istruzione della popolazione che, com'è noto, comporta una maggiore attenzione alle condizioni di salute e alla cura della persona. Con la diffusione dell'istruzione si sprigionano, in altre parole, degli "effetti di imitazione" che favoriscono l'assunzione di modelli di comportamento e di stili di vita contraddistinti da maggiori consumi sanitari. La seconda ragione è che il processo di sviluppo spiana la strada all'introduzione delle innovazioni nel campo della medicina. Si tenga presente, a questo proposito, che nella Sanità le innovazioni determinano spesso un incremento dei costi medi di produzione, anziché una loro riduzione: esse permettono infatti di trattare un numero crescente di patologie, comprese quelle precedentemente considerate incurabili; comportano l'introduzione di specialità medicinali e di apparecchiature sempre più costose; non si traducono in genere in un risparmio di capitale umano. La terza ragione che contribuisce a spiegare l'elasticità della spesa sanitaria rispetto al Pil pro capite va rintracciata nel fatto che l'aumento di quest'ultimo in termini quantitativi tende a far lievitare l'incidenza della popolazione anziana, principale beneficiaria dei programmi assistenziali. Come suffragato dall'evidenza empirica, lo sviluppo economico ha un impatto notevole su uno dei fattori che sta alla base processo di invecchiamento demografico: la durata della vita media. Ma qual è stato l'andamento della spesa in Italia nel periodo compreso tra il 1980 e il 2007?Questo periodo può essere suddiviso in cinque fasi, coincidente la prima con l'avvio del Ssn (1980-1985) e l'ultima con gli anni successivi alla riforma in senso federalista della Sanità (2000-2007). Dalla lettura dei dati a prezzi correnti si evince innanzitutto che il rapporto spesa sanitaria/Pil si è accresciuto nell'intero periodo in esame esattamente di 2 punti percentuali, essendo passato dal 6,2% del 1980-1985 all'8,2% del 2000-2007. Bisogna tuttavia rilevare che tale rapporto, dopo il rallentamento registrato nel corso degli anni '90, ha mostrato nel periodo più recente una significativa accelerazione, tenuto conto che il divario tra il tasso di crescita della spesa e quello del Pil nominale è andato progressivamente ampliandosi. Segno, questo, che le misure di stabilizzazione varate in sede di finanziamento dei livelli di assistenza si sono rivelate alla prova dei fatti completamente inefficaci.
A conferma di ciò, basti pensare che dal 2000 al 2007 le spese di funzionamento delle Asl, delle aziende ospedaliere e delle altre strutture pubbliche sono complessivamente aumentate del 51,2%, vale a dire di oltre 34 miliardi di euro in cifra assoluta. A questo risultato hanno contribuito in misura determinante i consumi intermedi, cioè gli acquisti di beni e servizi, che sono lievitati di ben l'83,6% nella valutazione a prezzi correnti. Soffermando l'attenzione sui dati a prezzi costanti riportati nella tab. 2, si ricava sinteticamente che: 1. dalla fase di avvio del Ssn al periodo più recente, la spesa sanitaria pro capite si è accresciuta del 64,1%, passando da 1.077 a 1.767 euro; 2. il tasso di crescita della spesa in termini reali ha quasi sempre sopravanzato il tasso di sviluppo dell'economia. Il divario tra queste due grandezze ha assunto un valore massimo negli anni immediatamente successivi all'istituzione del Ssn, tenuto conto sia degli effetti prodotti dall'estensione delle prestazioni a tutta la collettività sia della stagflazione registrata nel biennio 1981-1982; 3. nell'intero periodo in esame, la spesa sostenuta dalle famiglie è aumentata in misura di gran lunga superiore a quella posta a carico delle amministrazioni pubbliche (rispettivamente 167,2 e 49,5%). Ciononostante, nel nostro Paese il contributo diretto degli utenti alla copertura dei costi del Ssn risulta ancora di dimensioni piuttosto contenute, tanto che nell'ultima Relazione sul rendiconto generale dello Stato la Corte dei conti ha sottolineato la necessità di procedere "al potenziamento e all'estensione dei meccanismi di compartecipazione alla spesa"; 4. deflazionando la spesa sanitaria pubblica con gli indici impliciti dei prezzi calcolati con riferimento alla produzione del settore "Sanità e assistenza sociale", si ottiene un valore dell'elasticità della domanda rispetto al Pil prossimo a 1,30. Si tratta di un valore che collocherebbe l'Italia ai primi posti della relativa graduatoria europea, subito dopo la Germania.