Oltre
sei miliardi di euro, pari al 6,7% della spesa sanitaria italiana. E'
la cifra che è stato necessario spendere nel 2005 per curare tutte
le patologie legate al fumo. Un vizio che provoca sempre più malattie
e soprattutto morti in tutto il mondo: il triste numero è infatti
destinato ad aumentare dai 5,4 milioni del 2004 agli 8,3 milioni del 2030
(+10%). A tirare le somme sono stati gli esperti riuniti oggi a Trieste
per confrontarsi su epidemiologia, prevenzione, impatto clinico-economico
delle patologie correlate alla sigaretta e nuove terapie, in occasione
del convegno "Fumo Salute e Sanità", patrocinato dalla
Regione Autonoma Friuli Venezia Giulia e dall'Osservatorio sanità
e salute. "La ricerca scientifica - afferma in una nota Americo Cicchetti,
della Facoltà di Economia dell'università Cattolica del
Sacro Cuore di Roma - ha messo in chiara evidenza la correlazione tra
l'emergenza di alcune patologie e l'abitudine al fumo. Adottando come
dati di riferimento i ricoveri ospedalieri durante il 2005, uno studio
realizzato dal nostro ateneo ha calcolato che il costo per i ricoveri
associati a patologie tabacco-correlate è pari a 3,4 miliardi di
euro, un valore che nel 2005 rappresenta il 3,5% della spesa del servizio
sanitario nazionale. Proiettando questo dato anche sugli altri livelli
di assistenza ne è emerso che nel 2005 la spesa complessiva per
il Servizio sanitario nazionale per le patologie fumo-correlate ammonterebbe
a oltre sei miliardi di euro, pari al 6,7% della spesa sanitaria nazionale".
"Il fumo è il principale fattore di rischio di morte della
nostra società - sottolinea Marco Confalonieri, direttore della
Struttura complessa di Pneumologia degli Ospedali Riuniti di Trieste -
e noi specialisti delle malattie dell'apparato respiratorio sappiamo di
aver di fronte una vera e propria epidemia di disturbi che negli ultimi
anni aumenta come peso sanitario e sociale. Oltre ai tumori polmonari,
ci sono la Broncopneumopatia cronica ostruttiva (Bpco), l'insufficienza
respiratoria o le malattie polmonari interstiziali. Occorre aiutare i
fumatori a smettere e diagnosticare precocemente le malattie da fumo con
esami semplici come la spirometria". "Il cancro al polmone è
la principale causa di morte per tumore nei Paesi sviluppati - spiega
Gianpiero Fasola, direttore del dipartimento di Oncologia dell'università
Santa Maria della Misericordia di Udine - e la correlazione di questo
fenomeno con il tabagismo rappresenta un problema di stretta competenza
delle Istituzioni, per le dimensioni che assume nel mondo occidentale,
e soprattutto per l'urgenza di attivare strategie di contenimento e politiche
di prevenzione per la popolazione. Basti pensare che, tra gli amanti del
pacchetto, la metà morirà per ragioni strettamente connesse
a questa abitudine, e nella metà di questi il decesso avviene tra
i 35 e i 69 anni. A 70 anni, circa l'80% dei non fumatori è ancora
vivo, contro il 50% dei fumatori. Ciò su cui tutti siamo chiamati
a riflettere è che, se non vi fosse il fumo di sigaretta, il tumore
del polmone, oggi definito un 'big killer' diventerebbe una neoplasia
rara". "La scienza - sottolinea Diego Vanuzzo, responsabile
del centro Malattie cardiovascolari Agenzia regionale della Sanità,
Udine - è ormai in grado di spiegare come il fumo, sia attivo che
passivo, causi danni cardiocircolatori. Il punto è capire perché
i fumatori, nonostante queste e altre consapevolezze, continuino a fumare.
La risposta è che la sigaretta crea dipendenza, perché la
nicotina agisce su specifici recettori cerebrali implicati nel circuito
della gratificazione: se non stimolati, causano disturbi da astinenza.
Fortunatamente esistono metodi scientificamente validati per aiutare chi
lo desidera a smettere di fumare. Si tratta di tecniche psicologiche,
ma anche di farmaci appositamente studiati, che in mani esperte risultano
molto efficaci".
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