ENDOTELIO, DISFUNZIONE ENDOTELIALE ED ATEROSCLEROSI:
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E' ormai ben noto che in presenza di vari fattori di rischio coronarico (ipercolesterolemia, ipertensione, iperomocisteinemia, malattia diabetica ecc.) si osservano alterazioni della funzione dell'endotelio vasale. Queste alterazioni, studiate in genere misurando l'entità della vasodilatazione mediata da agonisti quali l'acetilcolina o la serotonina, o del flusso che segue l'eliminazione di un'ostruzione sperimentale di breve durata (Flow derived dilatation, o FDD), riflettono in realtà una situazione di natura fisiopatologica di portata più ampia, e sono ormai considerate tra le cause primitive delle alterazioni della parete vasale che conducono all'aterosclerosi. Un endotelio disfunzionante, infatti, vira dalla normale azione vasodilatante, antiaggregante piastrinica, antiadesiva nei riguardi di molte cellule ematiche, ed antiproliferativa, ad un'azione opposta.
L'aggregazione piastrinica e l'adesione leucocitaria sono favorite, si attivano i processi, mediati da fattori di crescita, che portano alla proliferazione di numerosi tipi cellulari, il tono vascolare aumenta. Larga parte delle funzioni endoteliali sono mediate dal rilascio locale di Nitrossido (NO) che l'enzima Nitrossidosintasi (NOS) produce a partire dall'aminoacido arginina; la riduzione della sintesi del Nitrossido, o la sua aumentata eliminazione per via ossidativa, sono invece responsabili del quadro di disfunzione dell'endotelio.
Numerosi studi controllati, per converso, hanno dimostrato che il controllo dei fattori di rischio induce il ripristino di una più fisiologica funzionalità dell'endotelio. La sospensione del fumo di sigaretta, il compenso glicemico, il controllo dei valori pressori elevati, migliorano infatti la risposta dell'endotelio a stimoli vasodilatatori sperimentali di varia natura.
Questi dati sono particolarmente consistenti per il trattamento ipocolesterolemizzante. Sia l'intervento mediante una resina a scambio ionico, sia quello con una statina (esistono dati sperimentali ottenuti utilizzando tutte le statine conosciute) migliorano infatti la vasodilatazione endotelio mediata, sia a livello coronarico che nell'arteria brachiale dei soggetti trattati; l'aggiunta di un antiossidante al trattamento sembra migliorare ulteriormente la risposta terapeutica. L'interpretazione di questi dati è controversa: i dati ottenuti mediante l'impiego di una resina a scambio ionico suggeriscono che sia il calo della colesterolemia ad indurre il miglioramento della funzione endoteliale (le resine, non essendo assorbite, non svolgono infatti alcun effetto aggiuntivo a quello di controllo della colesterolemia stessa); alcuni dei risultati ottenuti mediante le statine (per esempio il miglioramento della risposta dimostrabile dopo soli tre giorni di trattamento con Cerivastatina, quando l'effetto di riduzione della lipidemia non è ancora discernibile) sembrerebbero suggerire invece la possibilità di un effetto aggiuntivo delle statine nel ripristino della funzione dell'endotelio. Questa ipotesi è supportata dalla dimostrazione, in vitro, di una stimolazione diretta dell'attività dell'enzima Nitrossidosintasi (NOS) da parte di alcune statine.
Poiché tutti i principali fattori di rischio, come si ricordava, possono influenzare la funzione dell'endotelio, e poiché la risposta individuale della funzione endoteliale alla presenza di una o più di queste condizioni è comunque eterogenea, è possibile ipotizzare che la valutazione di tale funzione possa permettere una migliore definizione della probabilità di un soggetto di incorrere, nel tempo, in un evento clinico correlato alla malattia aterosclerotica. Ciò potrebbe permettere di selezionare in modo più accurato, rispetto alla valutazione dei fattori di rischio classici, i soggetti da sottoporre a trattamenti più aggressivi in quanto a rischio vascolare più elevato, e migliorerebbe quindi l'efficacia dei trattamenti di natura preventiva.Questa ipotesi è supportata dalla dimostrazione, in vitro, di una stimolazione diretta dell'attività dell'enzima Nitrossidosintasi (NOS) da parte di alcune statine.
Recentemente, alcuni lavori hanno esaminato questo approccio, valutando prospetticamente il ruolo di una disfunzione endoteliale, misurata secondo le tecniche prima indicate, nella prognosi coronarica o cardiovascolare.
Schächinger (1), per esempio, ha potuto documentare come i soggetti portatori di disfunzione endoteliale, valutata sia come risposta anomala all'infusione di acetilcolina, sia come FDD, sia ancora come risposta al "cold pressor test", abbiano nel tempo una prognosi vascolare sensibilmente peggiore rispetto a soggetti, con analoghe caratteristiche ed analogo profilo di fattori di rischio, ma nei quali i test ricordati forniscono un quadro di funzione endoteliale normale o comunque non clinicamente alterata. Le differenze prognostiche, che non scompaiono dopo l'aggiustamento per i fattori di rischio presenti (e che forniscono, pertanto, informazioni "aggiuntive" rispetto alla presenza o all'assenza di questi ultimi) sono notevoli, ove si consideri, per esempio, che i soggetti con risposta vasocostrittoria all'acetilcolina hanno una probabilità di eventi cardiovascolari maggiori, nel tempo, circa 5 volte superiore a quella dei soggetti con normale risposta vasodilatatoria. Concettualmente analoghi possono essere considerati i risultati ottenuti da Suwaidi (2) in pazienti con moderata malattia coronarica.
In pazienti ipertesi mai trattati, seguiti per una media di 2,5 anni, Perticone (3) infine ha osservato come i soggetti del terzile con minore risposta vasodilatatoria all'infusione intrabrachiale di acetilcolina abbiano una probabilità di eventi vascolari, nel tempo, circa quattro volte maggiore rispetto ai soggetti del terzile con maggiore risposta vasodilatatoria.
Più articolato è lo scenario dei risultati ottenuti cercando di correlare i livelli plasmatici delle proteine d'adesione, che l'endotelio rilascia in circolo in condizioni di attivazione (ma i concetti di attivazione e disfunzione endoteliale possono essere considerati, in larga parte, sovrapponibili), con la prognosi vascolare.
In uno studio su circa 1200 soggetti con coronaropatia accertata, seguiti per una media di 2,7 anni, Blankenberg (4) ha potuto dimostrare che tre delle molecole considerate (sICAM-1, sVCAM-1, la E-selectina) tendono ad essere correlate direttamente con l'incidenza di eventi nel follow-up. In analisi multivariata, la sola VCAM-1 mantiene un significativo potere predittivo: i soggetti nel quartile superiore dei suoi livelli plasmatici hanno un rischio di eventi, nel follow-up, tre volte superiore rispetto ai soggetti del quartile inferiore. In soggetti senza evidenza di malattia coronarica, al contrario, Malik (5) ha osservato solo modesti e non significativi aumenti del rischio associati ad un aumento dei livelli plasmatici di questi parametri; anche una metanalisi dei dati pubblicati su questo tema confermerebbe queste conclusioni.
La valutazione della funzione dell'endotelio sembra pertanto in grado di migliorare l'accuratezza della definizione prognostica nei soggetti studiati; attualmente, le valutazioni di carattere "vasomotorio" sembrano offrire maggiori informazioni, da questo punto di vista, rispetto alla misurazione di specifici prodotti endoteliali a livello plasmatico. La complessità delle determinazioni sinora effettuate rende tuttavia per ora molto complessa, e poco applicabile, l'incorporazione di questi parametri nella pratica clinica.


BIBLIOGRAFIA

1. Schachinger V, Britten MB, Zeiher AM
PROGNOSTIC IMPACT OF CORONARY VASODILATOR DYSFUNCTION ON ADVERSE LONG-TERM OUTCOME OF CORONARY HEART DISEASE

Circulation 2000; 101:1899-1906

2. Suwaidi JA, Higano ST, Nishimura RA, Holmes Jr DR, Lerman A
LONG-TERM FOLLOW-UP OF PATIENT WITH MILD CORONARY ARTERY DISEASE AND ENDOTELIAL DYSFUNCTION
Circulation 2000; 101: 948-954

3. Perticone F, Ceravolo R, Pujia A, Ventura G, Iacopina S, Scozzafava A, Ferraro A, Chello M, Mastroroberto P, Verdecchia P, Schillaci G
PROGNOSTIC SIGNIFICANCE OF ENDOTHELIAL DYSFUNCTION IN HYPERTENSIVE PATIENTS

Circulation, 2001; 104:191-196

4. Blankenberg S, Rupprecht HJ, Bickel C, Peetz D, Hafner G, Tiret L, Meyer J for the AtheroGene Investigators
CIRCULATING CELL ADHESION MOLECULES AND DEATH IN PATIENTS WITH CORONARY ARTERY DISEASE
Circulation 2001; 104:1331

5. Malik I, Danesh J, Whincup P, Bhatia V, Papacosta O, Walker M, Lennon L, Thomson A, Haskard D
SOLUBLE ADHESION MOLECULES AND PREDICTION OF CORONARY HEART DISEASE: A PROSPECTIVE STUDY AND META-ANALYSIS

The Lancet 2001; 358:971-975