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Francesco
Visioli e Claudio Galli
(Dipartimento di Scienze Farmacologiche, Università degli Studi
di Milano)
La dieta
mediterranea è stata descritta per la prima volta da Leland Allbaugh,
sostenuto economicamente dalla Rockefeller Foundation, e successivamente
resa popolare da un altro ricercatore americano, Ancel Keys. Quest'ultimo,
agli inizi degli anni '50, si recò nel sud Italia dove si accorse
che la mortalità per malattie cardiovascolari era estremamente
bassa. Il termine "dieta mediterranea" nell'accezione generale
si riferisce quindi al profilo dietetico degli abitanti del sud Mediterraneo
in quel periodo. Da allora, la dieta mediterranea ha acquistato popolarità
anche nel nord America, dove il consumo di alimenti tipici del bacino
mediterraneo quali olio d'oliva e vino, sta aumentando gradualmente.
Per la serie World Reviews in Nutrition and Dietetics della Karger Press,
è uscito nel 2000 un libro intitolato "Mediterranean diets",
che è stato anche favorevolmente recensito dall'American Journal
of Clinical Nutrition. Il titolo di per sè suggerisce che non esiste
una sola dieta mediterranea. I popoli dell'area mediterranea hanno diverse
culture, religioni, gradi di economia ed istruzione, tutti fattori che
influenzano le abitudini dietetiche e la salute. Ciononostante, si può
identificare un profilo comune che consiste nell'elevato consumo di alimenti
di origine vegetale (compresi carboidrati e fibre non-digeribili) ricchi
in antiossidanti, comprese le vitamine, e nell'uso dell'olio d'oliva come
principale - a volte esclusiva - fonte di grassi.
L'incidenza dei classici fattori di rischio cardiovascolare quali elevate
concentrazioni plasmatiche di colesterolo ed elevati livelli pressori
non è molto diversa tra gli abitanti delle regioni mediterranee
e quelli di altri paesi occidentali. Questo suggerisce che altri fattori,
molti dei quali a tutt'oggi non identificati, possano essere favorevolmente
influenzati dai componenti della dieta mediterranea. La maggior attenzione
è stata attirata dal basso contenuto in acidi grassi saturi di
questa dieta e dalla alta proporzione di acidi grassi poliinsaturi, specialmente
quelli della serie omega-3. In effetti, è stato dimostrato che
un elevato consumo di acidi grassi omega-3 protegge contro le malattie
cardiache, come riportato negli studi DART e GISSI-Prevenzione.
Un confronto tra le caratteristiche dietetiche del sud Italia, della Spagna
e del Maghreb rafforza l'ipotesi che la dieta mediterranea non sia un
modello nutrizionale omogeneo. Per esempio, a causa delle credenze religiose,
il consumo di alcool è molto basso nei paesi musulmani, dove il
consumo di cereali è invece preponderante.
L'Lyon Heart Study è uno studio di intervento (pubblicato per la
prima volta nel 1993) condotto in Francia che ha dimostrato come una dieta
simile a quella cretese (ricca di alimenti vegetali e acido alfa-linolenico
fornito attraverso l'uso di olio di colza) potesse essere più efficacie,
in termini di cardio-prevenzione secondaria, della "Prudent diet"
suggerita dall'American Heart Association. Nella dieta di Creta, il consumo
di acido alfa-linolenico è particolarmente elevato a seguito dell'uso
di erbe, noci, semi, lumache, piante selvatiche simili al prezzemolo e
agnello. Il Lyon Heart Study è importante perché fornisce
la prima prova clinica di un effetto protettivo della dieta mediterranea
nei confronti delle malattie cardiovascolari.
I popoli dell'area mediterranea consumano più grassi di quelli
dei paesi del nord Europa, ma la maggior parte di questo grasso viene
fornito sotto forma di acidi grassi monoinsaturi derivanti dall'olio d'oliva
e di acidi grassi omega-3 derivanti da pesce, vegetali e certe carni come
l'agnello. Al contrario, il consumo di grassi saturi è minimo.
La dieta a Creta è particolarmente elevata in grassi totali (40%
delle calorie totali, quasi tutte derivanti da olio d'oliva) e ciò
nonostante fornisce una marcata protezione contro le malattie cardiovascolari
(e forse alcuni tumori come quelli del seno e del colon). Una possibile
spiegazione per questa cardioprotezione si trova nel largo consumo di
acidi grassi omega-3-EPA (acido ecisapentaenoico) e DHA (acido docosaesaenoico)
derivanti da prodotti marini e acido alfa-linolenico derivante da fonti
vegetali. Inoltre, il consumo di antiossidanti, comprese le vitamine contenute
nella verdura, nell'olio d'oliva e di vino diminuisce il rischio cardiovascolare
senza intervenire sulla colesterolemia plasmatica. Sia le olive che l'uva
sono native della zona mediterranea. I fluidi che ne derivano (olio d'oliva
e vino) sono ottenuti attraverso procedimenti fisici e non chimici e quindi
conservano le caratteristiche chimiche dei frutti da cui provengono. In
effetti, l'olio d'oliva extra-vergine contiene una rilevante quantità
di composti fenolici che gli forniscono il sapore e gli conferiscono stabilità
all'irrancidimento. Diversi studi in vitro ed in vivo hanno dimostrato
che tali composti sono potenti antiossidanti e possiedono altre attività
biologiche - stimolando il sistema immunitario e inibendo l'aggregazione
piastrinica - che possono essere in parte responsabili degli effetti salutari
della dieta mediterranea.
Anche il vino contiene composti fenolici che sono stati studiati a fondo
per i loro potenziali effetti sulla salute umana. Un moderato consumo
di vino, come nell'area mediterranea dove viene quasi esclusivamente consumato
ai pasti, può fornire, in parte, protezione contro lo sviluppo
di malattie cardiovascolari. Gli studi continuano e non si deve trascurare
però l'effetto negativo che un consumo eccessivo di bevande alcoliche
ha sulla salute umana.
Un'attenta analisi delle diverse diete mediterranee conferma che condividono
un profilo che comprende un'alta proporzione di alimenti di origine vegetale,
un moderato consumo di vino e l'uso di olio d'oliva come fonte predominante
di grassi alimentari. Nonostante questa dieta sembri non interferire con
i fattori di rischio tradizionali, quali ipercolesterolemia ed elevata
pressione arteriosa, un gran numero di studi epidemiologici e trial clinici
hanno dimostrato la sua efficacia nel ridurre l'incidenza di malattie
cardiovascolari ed alcuni tumori.
BIBLIOGRAFIA
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