Cole
JH, Miller JI, Sperling LS, Weintraub WS J Am Coll Cardiol 2003; 41:521-528
Questo
studio retrospettivo ha valutato la sopravvivenza a lungo termine ed i predittori
di rischio elevato in adulti giovani con malattia coronarica documentata (CAD). Poiché
la CAD si presenta raramente in questa fascia di età ed i fattori di rischio
tradizionali sono stati precedentemente studiati in coorti di soggetti di piccole-medie
dimensioni, rimangono molti quesiti a cui rispondere. Gli Autori hanno identificato
843 soggetti di età inferiore ai 40 anni con CAD diagnosticata mediante
angiografia coronarica dal 1975 al 1985. Sono state valutate: morte, ipertensione,
sesso, storia familiare, infarto miocardico (IM) pregresso, diabete, insufficienza
cardiaca (HF), angina, numero di vasi interessati dalla malattia, frazione di
eiezione (FE), infarto Q-wave, morte durante l'ospedalizzazione e terapia iniziale
dopo la diagnosi. I pazienti sono stati seguiti per 15 anni. L'età media
era di 35 anni per le donne (n=94) e 36 per gli uomini (n=729). L'FE medio era
del 55%; il 58% dei soggetti mostrava un singolo vaso interessato dalla malattia
e il 10% era diabetico. I predittori più potenti di mortalità
a lungo termine sono risultati essere l'IM pregresso (hazard ratio [HR] 1,32,
intervallo di confidenza [IC] al 95% 1,00-1,73), l'HF di classe II (secondo la
New York Heart Association) (HR 1,75, IC 95% 1,03-2,97) e l'uso di tabacco (HR
1,59; IC 95% 1,14-2,21). La rivascolarizzazione, piuttosto che la terapia medica,
erano associate ad una più bassa mortalità (angioplastica coronarica:
HR 0,51, IC 95% 0,32-0,81; by-pass HR 0,68, IC 95% 0,50-0,94). La mortalità
complessiva a 15 anni è stata del 30%. I pazienti con diabete mostravano
una mortalità del 65%, quelli con IM pregresso del 45%, quelli con FE<30%
dell'83%. Gli Autori concludono che la malattia coronarica negli adulti giovani
può portare ad una prognosi negativa a lungo termine, specialmente se concomitante
ad un infarto precedente, a diabete, a fumo o ad una bassa frazione di eiezione. Un
limite dello studio è rappresentato dal fatto che le terapie si sono molto
modificate rispetto al periodo in cui i pazienti sono stati inizialmente trattati
e quindi i dati emersi non sono oggi estrapolabili alla stessa categoria di pazienti.
Inoltre non è stato considerato il colesterolo, quale fattore di rischio. In
un editoriale di commento all'articolo, Lloyd e Sandeep affermano che lo studio
conferma evidenze precedenti riguardo l'esistenza di due sottogruppi distinti
nella popolazione di adulti giovani con CAD: · i soggetti con un singolo
vaso interessato dalla malattia, i quali hanno esiti eccellenti a 3 anni; ·
i soggetti con una malattia più estesa che interessa almeno 3 vasi, con
una veloce progressione, che sembrano essere più resistenti alla terapia
e che hanno una prognosi peggiore. Come e perché questi due gruppi
differiscano dovrà essere argomento di future indagini. Secondo gli Autori
dello studio una possibile spiegazione potrebbe essere la presenza di fattori
genetici fortemente predisponesti alla disfunzione dei vasi e all'aumentato rischio. |