RUOLO DELL'INFLUENZA NELLO SVILUPPO DI ATEROSCLEROSI E INFARTO


MORTALITY ASSOCIATED WITH INFLUENZA AND RESPIRATORY SYNCYTIAL VIRUS IN THE UNITED STATES
Thompson WW, Shay DK, Weintraub E, Brammer L, Cox N, Anderson LJ, Fukuda K.
JAMA 2003; 289 :227-9


RIASSUNTO
CONTESTO Influenza e virus respiratorio sinciziale (VRS) provocano rilevante morbidità e mortalità. I metodi statistici utilizzati per stimare i decessi negli Stati Uniti attribuibili all'influenza non hanno tenuto conto della diffusione del VRS.
OBIETTIVO Sviluppare un modello statistico che utilizzi i dati sulla mortalità nazionale e sulla sorveglianza dell'infezione virale per valutare i decessi annuali associati a influenza e a VRS negli Stati Uniti per gruppi di età, virus, tipo e sottotipo di virus influenzale.
DISEGNO, SETTING E POPOLAZIONE Sono stati usati modelli di regressione di Poisson età-specifici, utilizzando i dati nazionali sulla sorveglianza dell'infezione virale durante le stagioni invernali dal 1976/77 fino al 1998/99, per stimare i decessi associati all'influenza. Le morti associate a influenza e a VRS sono state stimate parallelamente dal 1990/91 al 1998/99.
VALUTAZIONI EVENTO PRINCIPALE Decessi imputabili a tre categorie: polmonite e influenza, cause respiratorie-circolatorie e tutte le cause.
RISULTATI Le stime annuali dei decessi associati all'influenza aumentavano significativamente tra le stagioni 1976/77 e 1998/99 per tutte e tre le cause (p<0,001 per ciascuna causa). Nelle stagioni dal 1990/91 al 1998/99 il maggior numero di decessi era associato ai virus influenzali A(H3N2), seguito dal VRS, virus influenzale B e A (H1N1). I virus influenzali e il VRS erano associati, rispettivamente, a medie annuali (DS) di 8097 (3084) e 2707 (196) decessi per polmonite e influenza, 36155 (11055) e 11321 (668) decessi per cause respiratorie e circolatorie, e 51203 (15081) e 17358 (1086) decessi per tutte le cause. In merito alle morti per cause respiratorie e circolatorie, il 90% di quelle associate al virus influenzale e il 78% di quelle associate al VRS si sono verificate in persone con più di 65 anni di età. L'influenza è stata associata ad un maggior numero di decessi rispetto al VRS in tutti i gruppi di età, eccetto i bambini di età inferiore a 1 anno. In media, i decessi associati all'influenza erano tre volte superiori rispetto a quelli associati al VRS.
CONCLUSIONI La mortalità legata sia al virus influenzale che alla diffusione del VRS colpisce le persone anziane in modo elevato. I decessi dovuti al virus influenzale sono aumentati sostanzialmente negli ultimi due decenni, anche a causa dell'invecchiamento della popolazione; è necessario quindi adottare misure preventive migliori, inclusi vaccini e programmi di vaccinazione più efficaci per le persone anziane.


INFLUENZA VACCINATION AND REDUCTION IN HOSPITALIZATIONS FOR CARDIAC DISEASE AND STROKE AMONG THE ELDERLY
Nichol KL, Nordin J, Mullooly J, Lask R, Fillbrandt K, Iwane M.
N Eng J Med 2003; 348:1322-32

RIASSUNTO
CONTESTO Le malattie delle alte vie respiratorie sono state associate ad un rischio aumentato di cardiopatia ischemica e ictus. Nel corso di due stagioni di maggior diffusione del virus influenzale è stata studiata l'azione del vaccino antinfluenzale sul rischio di ospedalizzazione per malattia cardiaca, ictus, polmonite, influenza e di morte per tutte le cause.
METODI Sono state studiate coorti di individui, di età uguale o superiore a 65 anni, alloggiati in comunità di accoglienza (community-dwelling) di tre grandi organizzazioni sanitarie (managed-care) durante le stagioni influenzali 1998-1999 e 1999-2000. Sono stati utilizzati dati amministrativi e clinici per valutare gli eventi, con la regressione logistica multivariata per il controllo demografico al basale e le caratteristiche sanitarie dei soggetti.
RISULTATI 140.055 erano i soggetti nella coorte 1998-1999 e 146.328 nella coorte 1999-2000; sono stati vaccinati, rispettivamente, il 55,5% e il 59,7%. Al basale, i soggetti vaccinati erano in media più ammalati rispetto a quelli non vaccinati, con un'incidenza più elevata di più condizioni concomitanti, di cure outpatient e di precedenti ospedalizzazioni per polmonite. Nei soggetti non vaccinati, comunque, era più probabile una diagnosi precoce di demenza o ictus. Il vaccino antinfluenzale è stato associato ad una riduzione del rischio di ospedalizzazione per malattie cardiache (riduzione in entrambe le stagioni del 19% [p<0,001]), malattie cerebrovascolari (riduzione del 16% durante la stagione 1998-1999 [p<0,018] e del 23% durante la stagione 1999-2000 [p<0,001]), polmonite o influenza (riduzione del 32% durante la stagione 1998-1999 [p<0,001] e del 29% durante la stagione 1999-2000 [p<0,001]) e ad una riduzione del rischio di morte per tutte le cause (riduzione del 48% durante la stagione 1998-1999 [p<0,001] e del 50% durante la stagione 1999-2000 [p<0,001]). Nell'analisi in funzione dell'età, della presenza o l'assenza di condizioni mediche rilevanti al basale, del luogo di svolgimento dello studio, i risultati erano consistenti in tutti i sottogruppi.
CONCLUSIONI Negli anziani, il vaccino antinfluenzale è associato sia a riduzioni del rischio di ospedalizzazione per malattie cardiache, cerebrovascolari e polmonite o influenza, che a riduzioni del rischio di morte per tutte le cause durante le stagioni di maggior diffusione del virus. Questi risultati evidenziano i vantaggi della vaccinazione e sostengono gli sforzi mirati ad aumentare la percentuale delle vaccinazioni antinfluenzali nelle persone anziane.

COMMENTO
Un gruppo di esperti su influenza, virologia, aterosclerosi e malattie cardiovascolari, sanità pubblica ed epidemiologia si sono recentemente riuniti a Houston (Texas) per discutere sul ruolo dei virus influenzali nello sviluppo di aterosclerosi e sull'efficacia del vaccino antinfluenzale nella prevenzione dell'infarto miocardico (IM).
Il 26 aprile 2003 si è tenuto al Texas Heart Institute di Houston il "First Symposium on Influenza and Cardiovascular Disease: Science, Practice, and Policy", il cui obiettivo era quello di valutare la necessità di campagne di vaccinazione migliori e i benefici di una percentuale più elevata di vaccinazioni nei pazienti ad alto rischio di malattie cardiache.
Nei due anni appena trascorsi, sono emersi nuovi dati sugli effetti benefici per la salute legati alla somministrazione di vaccino antinfluenzale, specialmente per i pazienti affetti da malattia cardiaca. Tuttavia la vaccinazione, sebbene sia sicura ed efficace, non costosa ed in grado di salvare vite umane, è fortemente sottoutilizzata.
E' molto frequente per i medici avere a che fare con persone che hanno avuto un problema alle alte vie respiratorie e successivamente sono andati incontro ad attacchi cardiaci. Esaminando la letteratura, si è osservato che molti attacchi cardiaci (circa il 35%) erano stati preceduti da un problema respiratorio alle alte vie. Inoltre, nei pazienti sottoposti a vaccinazione antinfluenzale, era meno probabile che si verificasse un attacco cardiaco.
Secondo uno studio pubblicato recentemente sul Journal of the American Medical Association, l'influenza, in media, è associata ogni anno a 8097 decessi causati da polmonite-influenza, 36155 decessi per cause respiratorie e circolatorie non diagnosticate chiaramente, e 51203 decessi per tutte le cause.
La conferenza di Houston ha voluto sottolineare la nuova evidenza che associa malattia cardiovascolare (CVD) e virus influenzale ed individuare nuovi metodi di promozione per favorire l'utilizzo di vaccini antinfluenzali nei pazienti ad alto rischio cardiaco.
Il dott. M. Madjid (University of Texas - Houston Health Science Center) afferma che l'origine infiammatoria dell'aterosclerosi ha di recente focalizzato ancora una volta l'attenzione sul virus influenzale responsabile di un'alta percentuale di morbidità e mortalità; l'influenza è una malattia acuta, ricorrente e prevalentemente associata ad un rilascio notevole di citochine, che possono contribuire ad aumentare il rischio di infarto e ictus nei pazienti non vaccinati.
Sono stati suggeriti altri potenziali meccanismi, quali ad esempio il ruolo dell'infezione acuta indotta dal virus influenzale nell'esacerbare l'infiammazione nelle placche. L'infiammazione indebolisce le placche "deboli", provocandone la rottura, la conseguente trombosi e l'insorgenza di infarto miocardico. Il rilascio di catecolamine endogene correlato all'influenza, la disfunzione endoteliale, l'aggregazione piastrinica, la viscosità plasmatica e la capacità del virus di danneggiare le proprietà antinfiammatorie delle particelle di colesterolo HDL sono stati considerati in teoria quali meccanismi potenziali che sottendono la relazione tra virus e CVD.
La Healthy People 2010 (strategia nazionale di prevenzione della salute) ha suggerito che il 90% della popolazione americana di età superiore a 65 anni venga vaccinato contro il virus influenzale a partire dall'anno 2010. Il tasso attuale di vaccinazioni antinfluenzali è ben al di sotto di questo obiettivo, specialmente nei pazienti affetti da malattia cardiaca.
I medici controllano spesso la pressione sanguigna ed i livelli di colesterolo, si informano sull'attività fisica e analizzano altri fattori di rischio, ma spesso tralasciano proprio di raccomandare ai pazienti di vaccinarsi contro il virus influenzale.
Il dott. Madjid e colleghi concordano sulla necessità di condurre trials prospettici randomizzati per valutare se il vaccino antinfluenzale è protettivo nei confronti dell'infarto miocardico. Piccoli studi caso-controllo hanno suggerito che esiste questa associazione, ma manca ancora una prova definitiva. Grandi studi osservazionali, tuttavia, continuano a segnalare un'associazione interessante fra vaccinazione e riduzione di infarto miocardico.
Un lavoro, pubblicato recentemente sul New England Journal of Medicine e presentato in Texas, suggerisce che il vaccino antinfluenzale può diminuire significativamente l'incidenza di ospedalizzazione per malattia cardiaca e ictus ed abbattere la mortalità per tutte le cause. Questo studio osservazionale, in doppia-coorte, ha incluso più di 280.000 pazienti. Secondo Casscells, uno dei moderatori del simposio, i cardiologi devono operare in modo più incisivo per rendere i medici consapevoli che i loro pazienti di età superiore a 65 anni, ed in particolare quelli che presentano fattori di rischio per CVD, dovrebbero sottoporsi al vaccino antinfluenzale.
Malgrado in tutto il mondo continuino a condursi studi per confermare l'effetto protettivo della vaccinazione nei confronti degli eventi cardiovascolari, gli incentivi economici per garantire che il messaggio sulla vaccinazione non si perda nel rumore di fondo sono scarsi.
Egli sostiene che l'ipotesi probabile è che la somministrazione di vaccino antinfluenzale diminuisca il rischio di attacco cardiaco, ictus o morte improvvisa del 20-25%. Questa riduzione è la stessa che si ottiene con l'utilizzo di aspirina, beta-bloccanti ed ACE-inibitori, ma molto molto più efficace in termini di costo. Se si dovesse scegliere fra terapia cronica con ACE-inibitori, beta-bloccanti, statine o la vaccinazione antinfluenzale, quest'ultima sarebbe di certo la scelta migliore.
Questioni politiche e sociali, quali la mancata remunerazione del medico che vaccina e gli errori economici nel favorire interventi più costosi, così come l'incapacità di raggiungere efficacemente con la vaccinazione le minoranze, impediscono che questa strategia preventiva sia applicata su larga scala.