Osganian
S, Stampfer M.J, Rimm E, et al. JACC 2003; 42:246-252
I risultati
di studi prospettici su una possibile associazione tra assunzione di vitamina
C e rischio di malattia cardiaca coronarica (CHD) sono apparsi del tutto inconsistenti.
La mancanza di una chiara evidenza su un'azione protettiva nonostante un meccanismo
plausibile, indica il bisogno di una ulteriore valutazione della relazione tra
assunzione di vitamina C e rischio di CHD. Lo scopo di questo studio è
stato quello di esaminare in modo prospettico la relazione tra vitamina C e rischio
di CHD. Tra il 1980 e il 1985 118 infermiere hanno completato un dettagliato
questionario sulle loro abitudini alimentari, incluso anche l'apporto di vitamina
C e di altri elementi nutritivi. Le infermiere sono state seguite nell'arco di
un follow up di 16 anni per la comparsa di CHD (infarto miocardico non fatale
e CHD fatale). Durante i 16 anni del follow up (1.240.566 anni/persona), i
ricercatori hanno registrato 1356 casi di CHD. Dopo correzione per età,
fumo e una varietà di altri fattori di rischio coronarico, è stata
osservata una modesta significativa associazione inversa tra assunzione di vitamina
C e rischio di CHD (rischio relativo [RR]= 0,73; 95% intervallo di confidenza
[IC] 0,57-0,94). Tra le donne che non avevano integrato la propria dieta con vitamina
C o con complessi multivitaminici, la relazione tra vitamina C derivante solo
dalla dieta e incidenza di CHD è risultata debole e non significativa ([RR]=
0,86; 95% [IC] 0,59-1,26). In modelli multivariati corretti per età, fumo
e per una varietà di altri fattori di rischio coronarico, l'uso a scopo
integrativo di vitamina C è apparso associato ad un rischio significativamente
più basso di CHD ([RR]= 0,72; 95% [IC] 0,61-0,86). In conclusione, i
soggetti che assumono un'integrazione di vitamina C sembrano presentare un minor
rischio di incorrere in malattie cardiache coronariche. |