1.
THE PREVALENCE OF PREHYPERTENSION AND HYPERTENSION AMONG US ADULTS ACCORDING
TO THE NEW JOINT NATIONAL COMMITTEE GUIDELINES. NEW CHALLENGES OF THE
OLD PROBLEM
Wang Y, Joanna Wang QJ
Arch Intern Med 2004; 164:2126-2134
2.
PREVALENCE OF HEART DISEASE AND STROKE RISK FACTORS IN PERSONS WITH PREHYPERTENSION
IN THE UNITED STATES 1999-2000
Greenland KJ, Croft JB, Mensah GA
Arch Intern Med 2004; 164:2113-2118
3.
EFFECTS OF PREHYPERTENSION ON ADMISSIONS AND DEATHS. A SIMULATION
Russell LB, Valiyeva E, Carson JL
Arch Intern Med 2004; 164:2119-2124
4.
TODAY'S AGENDA. WE MUST FOCUS ON ACHIEVING FAVORABLE LEVELS OF ALL RISK
FACTORS SIMULTANEOUSLY
Daviglus ML, Liu K
Arch Intern Med 2004; 164:2086-2087
Tre
articoli pubblicati sul numero del 25 ottobre 2004 della rivista Archives
of Internal Medicine segnalano che una larga parte della popolazione
americana è affetta da pre-ipertensione; questo stato si associa
ad una prevalenza aumentata di altri fattori di rischio per malattia cardiaca
e ictus e ad un rischio più elevato di ospedalizzazione e morte.
I risultati erano consistenti in tutti e tre gli articoli ed evidenziavano
che circa un terzo degli americani adulti soffre di pre-ipertensione (120-139
mm Hg/80-89 mm Hg) e il 60% ha pre-ipertensione o ipertensione, con alcuni
gruppi di popolazione colpiti indiscriminatamente. I pazienti pre-ipertesi
hanno una probabilità maggiore di 1,65 volte di avere almeno uno
dei fattori di rischio per malattia cardiaca e ictus rispetto ai pazienti
normotesi, e la sola pre-ipertensione è responsabile ogni anno,
per le persone di età compresa tra 25 e 74 anni, del 9,1% dei decessi
negli Stati Uniti, del 6,5% delle cure sanitarie domiciliari, e del 3,4%
delle ospedalizzazioni.
La pre-ipertensione è un problema rilevante e deve essere affrontato
attraverso educazione alimentare, attività fisica e cessazione
dell'abitudine al fumo.
Pre-ipertensione
ed ipertensione sono in aumento, ma non c'è consapevolezza (eccetto
fra i soggetti obesi)
Nel primo articolo [1] gli autori esaminano la prevalenza di pre-ipertensione
ed ipertensione secondo il JNC 7 report, pubblicato nel maggio
2003. Utilizzando i dati del 1999-2000 US National Health and Nutrition
Examination Survey (NHANES), essi hanno scoperto che il 60%
degli adulti americani ha pre-ipertensione ed ipertensione e che gli afro-americani,
appartenenti alle classi socio-economiche inferiori, e gli anziani sono
colpiti indiscriminatamente.
Mentre la prevalenza di ipertensione è aumentata approssimativamente
del 10% durante gli ultimi dieci anni, la coscienza e la gestione appropriata
dell'ipertensione fra i pazienti ipertesi sono ancora insufficienti -
il 31% non era consapevole della malattia, solamente il 66% aveva ricevuto
consigli per modificare lo stile di vita o assumere farmaci per controllare
l'ipertensione, e solo il 31% aveva una ipertensione controllata.
Nonostante siano diversi i fattori che potrebbero aver contribuito all'incremento,
l'aumento dell'obesità sembra essere quello più rilevante,
anche se, curiosamente, i pazienti ipertesi sovrappeso od obesi hanno
più consapevolezza riguardo gestione, trattamento e controllo dell'ipertensione
rispetto ai pazienti normopeso.
Gli autori concludono affermando che le nuove linee guida JNC 7 dovrebbero
contribuire ad intensificare gli sforzi dell'autorità pubblica,
dei medici e delle strutture sanitarie pubbliche per la prevenzione e
il controllo dell'ipertensione.
Le
donne beneficerebbero maggiormente dell'eliminazione di pre- ed ipertensione
In questo lavoro [2] gli autori hanno comparato i fattori di rischio tra
pazienti basandosi su gruppi di pressione arteriosa, sempre utilizzando
i dati del NHANES 1999-2000.
Essi hanno scoperto che la prevalenza di pre-ipertensione era più
alta negli uomini (39%) che nelle donne (23,1%). Inoltre, gli afro-americani
di età compresa fra 20 e 39 anni avevano una prevalenza di pre-ipertensione
più alta (37,4%) rispetto ai bianchi (32,2%) e agli americani-messicani
(30,9%), ma questa prevalenza diminuiva con l'avanzare dell'età
per il sopraggiungere di una prevalenza più alta di ipertensione.
Gli autori hanno evidenziato anche che i pazienti con pre-ipertensione
avevano maggiori probabilità di avere almeno uno degli altri fattori
di rischio per malattia cardiaca e ictus rispetto ai pazienti normotesi.
La prevalenza più alta di fattori di rischio nei soggetti pre-ipertesi
vs i normotesi suggerisce l'esigenza continua di una precoce diagnosi
clinica, di interventi preventivi nei confronti della pre-ipertensione,
di sforzi da parte della sanità pubblica per una prevenzione a
livello globale.
Nell'ultimo
lavoro [3] gli autori hanno utilizzato un modello di simulazione applicato
al NHANES III per valutare gli effetti di pre-ipertensione e ipertensione
residua fra adulti americani di età compresa tra 25 e 74 anni.
Essi hanno scoperto che pre-ipertensione ed ipertensione residua insieme
erano responsabili di quasi il 14% dei decessi, del 10% delle prestazioni
sanitarie domiciliari e del 4,7% dei ricoveri ospedalieri. Le donne di
età compresa fra 65 e 74 anni otterrebbero i maggiori vantaggi
dall'eliminazione di pre- ipertensione e ipertensione residua.
Questi risultati confermano le conseguenze rilevanti della pre-ipertensione
sulla sanità pubblica. Se il numero di soggetti ipertesi fosse
ridotto, si otterrebbe una diminuzione significativa delle ospedalizzazioni,
delle cure sanitarie domiciliari e dei decessi prematuri.
In
un editoriale [4] che accompagna gli articoli si legge che il messaggio
contenuto in questi risultati non è nuovo. Gli attuali stili di
vita avversi costituiscono un aspetto considerevole della società
contemporanea sconosciuto agli uomini durante la maggior parte delle centinaia
di migliaia di anni in cui la specie umana si è evoluta. L'evidenza
che profili di rischio cardiovascolare sfavorevoli e risultanti morbidità
e mortalità siano conseguenze epidemiche inevitabili di questi
stili di vita avversi è indiscutibile. Tuttavia, poiché
tutti questi cambiamenti nello stile di vita umano sono relativamente
recenti, è possibile invertire la tendenza. Gli autori però
avvertono che preoccuparsi di un singolo fattore di rischio può
oscurare la questione fondamentale: la politica nazionale sulla prevenzione
delle malattie cardiovascolari deve focalizzarsi sulla prevenzione e il
controllo di tutti i fattori di rischio contemporaneamente, e su approcci
a stili di vita adeguati dal concepimento, infanzia, adolescenza e giovinezza
per ridurre il rischio di malattie cardiovascolari nella popolazione a
livelli endemici, rispetto agli attuali epidemici.
|