Fonte:
ANSA. 10 marzo 2005
Si
chiama sindrome metabolica, colpisce circa un anziano su due nei Paesi del benessere
ed è ritenuta la nuova epidemia silenziosa del terzo millennio. La sindrome
metabolica (MetS) è caratterizzata da un alto tasso glicemico, da valori
moderati di ipertensione, da una bassa percentuale di colesterolo 'buono' (HDL)
e da obesità. E secondo quanto riporta uno studio del Consiglio Nazionale
delle Ricerche (Cnr) presentato oggi a Roma, la MetS aumenta di ben 10 volte il
rischio di sviluppare diabete anche in tarda età e triplica il rischio
di morte per cause cardiovascolari nella popolazione anziana maschile. L'Italian
Longitudinal Study on Aging è stato condotto da Stefania Maggi, ricercatrice
dell'Istituto di neuroscienze del Cnr di Padova (Sezione Invecchiamento), e presentato
oggi nel corso della terza conferenza della Società Italiana per la prevenzione
cardiovascolare. Dalla ricerca emerge che a essere colpito dalla sindrome metabolica
e' il 31% degli uomini e il 59% delle donne, nell'età compresa tra i 65
e gli 84 anni. Il dato si basa su un campione di 5.632 individui seguiti per 4
anni in 8 Comuni italiani. Nei diabetici la MetS colpisce ancora di più:
il 65% degli uomini e il 59% delle donne. Queste ultime sono percentualmente più
colpite da obesità viscerale (72% contro 29,5% degli uomini) e hanno valori
più bassi di colesterolo 'buono' (56,5% contro 22,8%). Tuttavia la MetS
triplica la mortalità per malattia cardiovascolare solo negli uomini (l'aumenta
esattamente di 3,35 volte). "La spiegazione potrebbe consistere nel fatto
che gli effetti della MetS si vedono più negli uomini perchè uniti
ad altri fattori di rischio - spiega la Maggi - come il fumo, che in questa fascia
d'età è prevalente negli uomini". Ma lo studio ha messo in
luce soprattutto che la sindrome metabolica in 4 anni aumenta, in entrambi i sessi,
di ben 10 volte il rischio di sviluppare diabete di tipo II in età matura.
Le combinazioni più frequenti in uomini non diabetici sono obesità
addominale, trigliceridi elevati e ipertensione, presenti nel 21% degli individui,
mentre in uomini diabetici la stessa combinazione, più l'iperglicemia,
e' presente nel 18% dei casi. Fra le donne non diabetiche la combinazione più
frequente è obesità addominale, colesterolo HDL basso e ipertensione,
condizione presente nel 32%, mentre fra le donne diabetiche la combinazione più
frequente è quella che comprende tutte cinque le componenti, presente nel
36%. "L'alta prevalenza di sindrome metabolica nella popolazione anziana
italiana - sottolinea la ricercatrice padovana - rappresenta un problema socio-sanitario
che merita grande attenzione". Soprattutto in considerazione del fatto che,
se oggi colpisce un numero elevato di anziani, lo stile di vita dei più
giovani non fa prevedere una inversione di tendenza negli anni futuri. Al contrario
diabete e obesità saranno i killer più spietati dei prossimi decenni.
"Infatti anche in Italia già nei bambini si riscontrano frequentemente
diabete di tipo II e obesità, legati a scelte alimentari sbagliate e sedentarietà,
una malattia che prima si sviluppava solo dopo i 40 anni. Da qui - conclude la
Maggi - la necessità di individuare e trattare questa malattia per il rischio
di disabilità da malattie invalidanti come quelle cardiovascolari, e prevenire
la perdita di autosufficienza nell'anziano, permettendo un risparmio anche in
termini di spesa sanitaria pubblica e un miglioramento della qualità di
vita della popolazione". La sindrome metabolica fu descritta per la prima
volta nel 1965 da Gaetano Crepaldi, responsabile della Sezione Invecchiamento
del Cnr a Padova, che ha anche diretto questa ricerca. |