L'APO-B, MA NON LA DIMENSIONE DELLE PARTICELLE LDL, FORNISCE UN VALORE PREDITTIVO NELLA VALUTAZIONE DEL RISCHIO DI CHD



APOLIPOPROTEIN-B, LOW-DENSITY LIPOPROTEIN CHOLESTEROL, AND THE LONG-TERM RISK OF CORONARY HEART DISEASE IN MEN
St-Pierre AC, Cantin B, Dagenais GR, et al.
Am J Cardiol 2006; 97:997-1001



Si è valutato se i livelli di apolipoproteina-B (apo-B) nel plasma aggiungono ulteriori informazioni sul rischio di malattia coronarica (CHD) dopo aver tenuto in considerazione le concentrazioni del colesterolo LDL e di altri fattori di rischio tradizionali. Tra i 2072 uomini senza CHD, arruolati nell'ambito delQuebec Cardiovascular Study, dopo un follow-up di 13 anni sono stati registrati 230 primi eventi CHD (morte per CHD o infarto miocardico non fatale). Livelli aumentati di apo-B (1° terzile vs 3°) erano associati ad un rischio significativamente aumentato di CHD, dopo aggiustamento per altri fattori di rischio non lipidici e lipidici, oltre i livelli di colesterolo LDL (rischio relativo 1,89; IC 95% 1,31-2,73). Concentrazioni elevate nel plasma di colesterolo LDL (1 vs 3 tertile) erano anch'esse associate ad un rischio aumentato di CHD, indipendentemente dagli altri fattori di rischio lipidici e non (2,02; 1,44-2,84). Tuttavia, i livelli di apo-B modulavano in maniera significativa il rischio di CHD associato alle concentrazioni aumentate di colesterolo LDL (>=4,3 mmol/L). Per esempio, negli uomini con livelli alti di colesterolo LDL, quelli con livelli di apo-B <128 mg/dL non presentavano un rischio aumentato di CHD (1,53; 0,89 - 2,62). Al contrario, alti livelli di apo-B e di colesterolo LDL erano associati ad un aumento significativo di due volte del rischio di CHD (p<0,001). L'analisi delle curve ROC indicava inoltre che i livelli nel plasma di apo-B miglioravano la capacità di discriminare i casi incidenti di CHD nei pazienti con alti livelli di colesterolo LDL in confronto ad un modello basato sui livelli di LDL (p=0,04).
In conclusione, i livelli di plasma apo-B hanno modulato il rischio di CHD associato alla colesterolemia LDL nell'arco di 13 anni di follow-up.


DOES LOW-DENSITY LIPOPROTEIN SIZE ADD TO ATHEROGENIC PARTICLE NUMBER IN PREDICTING THE RISK OF FATAL MYOCARDIAL INFARCTION
Jungner I, Sniderman AD, Furberg C, et al.
Am J Cardiol 2006; 97:943-946


Il rischio di malattia coronarica correlato alle lipoproteine è determinato principalmente dall'equilibrio tra le particelle lipoproteiche aterogene, quali ad es. la lipoproteina che contiene l'apoB, e le particelle antiaterogene, quali le lipoproteine ad alta densità che contengono l'apo-A-I. Tuttavia, è chiara l'evidenza che nei pazienti con predominanza di particelle LDL piccole e dense si verificano più eventi clinici avversi rispetto a quelli con LDL più grandi e meno dense.
Lo studio AMORIS ha esaminato prospetticamente l'importanza relativa dei lipidi lipoproteici vs le apolipoproteine sul rischio di infarto fatale miocardico in una ampia coorte svedese. L'analisi aggiornata include 69029 uomini e 57167 donne che sono state seguite per un periodo medio di 10,3 anni. L'obiettivo dello studio era di determinare se la dimensione delle LDL, espressa dal rapporto colesterolo LDL/apo-B, aggiungeva un potere predittivo significativo all'apoB o al rapporto apoB/apoA-I. Sebbene l'apoA-I si sia sommata significativamente al potere predittivo dell'apoB, l'analisi multivariata continua e categorica ha dimostrato che altrettanto non si verificava per la dimensione delle LDL. Il fattore di rischio singolo più forte correlato alle lipoproteine era quindi il rapporto apoB/apoA-I.
In conclusione, questi risultati confermano ulteriormente l'importanza di determinare i livelli di apoB e apoA-I nella pratica clinica.