MALATTIA MENTALE GRAVE E RISCHIO DI CVD



SEVERE MENTAL ILLNESS AND RISK OF CARDIOVASCULAR DISEASE
Newcomer JW, Hennekens CH
JAMA 2007; 298:1794-1796


Le persone con malattie mentali gravi perdono 25 anni in termini di aspettativa di vita in confronto alla popolazione in generale e ciò è principalmente dovuto ad un aumento del rischio di patologie cardiovascolari.

Le malattie cardiovascolari (CVD), incluse patologie coronariche (CHD), ictus e vasculopatie periferiche, costituiscono la principale causa di morte negli Stati Uniti e in molti Paesi sviluppati del mondo occidentale. Nel 2004, le CVD erano considerate responsabili di 871.517 delle 2.398.000 morti totali negli Stati Uniti (36,6%), o di un decesso ogni 2,8.
Durante le decadi precedenti la mortalità per CVD è notevolmente diminuita e i decessi per cause cardiovascolari sono passati dal 50% a circa il 36% delle morti totali. Per contro, pazienti con malattie mentali gravi, come schizofrenia, disordini bipolari e depressione che insieme interessano dal 5 al 10% della popolazione statunitense, comportano la perdita di 25 o più anni sull'aspettativa di vita, con la maggior parte delle morti premature in eccesso dovute a CVD e non a suicidio.
Nella popolazione americana in generale, la pricipale causa evitabile di tutte le morti premature è stata l'abitudine al fumo. Il tasso di fumatori è sceso da più del 50% negli anni cinquanta a circa il 25% attualmente. Tuttavia, tra i pazienti con malattia mentale diagnosticabile, il 50-80% sono fumatori e consumano il 34-44% di tutte le sigarette negli Stati Uniti.
Nell'ultimo decennio, gran parte della riduzione osservata nella mortalità per CVD è stata dovuta a miglioramenti nel trattamento di eventi acuti e nella prevenzione secondaria a lungo termine. Ad esempio, la riduzione del tasso di casi fatali di infarto miocardico acuto (IMA) sono da attribuirsi all'aumento dell'utilizzo di aspirina, trombolitici, beta-bloccanti e ACE-inibitori. L'uso a lungo termine di aspirina, beta-bloccanti, ACE-inibitori e statine in conseguenza dell'evento, così come le modificazioni terapeutiche dello stile di vita, hanno contribuito alla riduzione della mortalità. Al contrario, i soggetti con patologia mentale grave che hanno un IMA hanno significativamente meno probabilità di ricevere una terapia farmacologica appropriata rispetto al resto della popolazione. Questi pazienti inoltre hanno significativamente meno probabilità di essere sottoposti a cateterizzazione cardiaca e di ricevere interventi di angioplastica di emergenza o di bypass coronarico. In uno studio di più di 88.000 pazienti Medicare ospedalizzati per IMA, la mortalità nel periodo di follow-up aumentava del 19% in presenza di un qualunque disturbo mentale e del 34% in soggetti con schizofrenia, e questo incremento era correlato ad una ridotta qualità delle cure.
Per quanto rigurda la prevenzione di CVD, individui con malattie mentali gravi hanno una prevalenza superiore di circa 1,5-2 volte di diabete, dislipidemia, ipertensione e obesità rispetto alla popolazione generale. L'alta prevalenza di fattori di rischio CV modificabili può essere in parte spiegata dalla sottodiagnosi e dal trattamento non adeguato e in parte da contributi correlati alla malattia mentale, inclusi gli effetti dei farmaci usati per la terapia, alcuni dei quali hanno conseguenze sfavorevoli su diversi fattori di rischio CV metabolici.
Tra i circa 1500 pazienti trattati cronicamente per schizofrenia partecipanti al Antipsychotic Trials of Intervention Effectiveness (CATIE) Study, l'88% dei soggetti con dislipidemia non era in terapia ipolipemizzante, il 30% dei diabetici non riceveva alcun ipoglicemizzante e il 62% degli ipertesi non veniva trattato con antipertensivi. In generale, lo screening di iperglicemia e di dislipidemia viene raramente effettuato negli individui con malattie mentali gravi, anche in caso di trattamento con farmaci come gli antipsicotici.
La sindrome metabolica è una condizione diffusa nella popolazione statunitense, specie in presenza di obesità, ed è riscontrabile in più del 25% degli adulti e nel 50-60% dei soggetti con indice di massa corporea superiore a 30 Kg/m2. Questi individui hanno un rischio a 10 anni di primo evento coronarico pari a circa il 16-18%. Nella valutazione al basale dei pazienti schizofrenici dello studio CATIE, la prevalenza di sindrome metabolica era approssimativamente il doppio che nel resto della popolazione con la stessa età.
Tutte queste considerazioni contribuiscono a spiegare la marcata riduzione dell'aspettativa di vita nei pazienti con malattia mentale grave, nei quali la maggior parte dell'eccesso di morti premature è dovuto a patologie cardiovascolari.