USE OF MULTIPLE BIOMARKERS TO IMPROVE THE PREDICTION OF DEATH FROM CARDIOVASCULAR
CAUSES Zethelius B, Berglund L, Sundström J, et al. N Engl J Med 2008; 358:2107-2116 MULTIPLE BIOMARKER PANELS FOR CARDIOVASCULAR RISK ASSESSMENT (editorial) De Lemos JA, Lloyd-Jones DM N Engl J Med 2008; 358:2172-2174 Un nuovo studio mostra che la stratificazione del rischio di morte per cause cardiovascolari può essere migliorata attraverso l'utilizzo contemporaneo di biomarker indicativi di disfunzioni cardiovascolari o renali in soggetti con e senza CVD. RIASSUNTO CONTESTO La valutazione del rischio cardiovascolare tramite l'uso dei fattori di rischio tradizionali (età, pressione sistolica, uso o non uso di farmaci antipertensivi, colesterolo HDL, presenza o assenza di diabete, abitudine al fumo e indice di massa corporea) non spiega in modo esauriente lo sviluppo di CVD nella comunità. Questi determinanti non riflettono direttamente il danno cardiaco e renale, nè lo stato infiammatorio, condizioni cliniche che si sono dimostrate in stretta relazione con l'aumento del rischio di CVD e di morte. Alcuni degli strumenti esistenti basati sui fattori tradizionali, come il Framingham Risk Score, funzionano bene a livello della popolazione, ma non raggiungono lo scopo quando applicati al singolo soggetto. A causa di queste limitazioni, c'è un continuo impulso verso il miglioramento dei metodi di determinazione del rischio CV. È stato ipotizzato che una valutazione combinata dei biomarker relativi a questi processi pato-fisiologici - un approccio multimarker - possa fornire informazioni prognostiche aggiuntive fondamentali per la stima del rischio. METODI Sono stati usati i dati dell'Uppsala Longitudinal Study of Adult Men (ULSAM), una coorte con base di comunità di uomini anziani, per indagare se una combinazione di biomarker indicativi di danno alle cellule miocardiche, disfunzione del ventricolo sinistro, insufficienza renale e infiammazione (troponina I, frazione plasmatica N-terminale del precursore del peptide natriuretico cerebrale, cistatina-C e proteina C-reattiva, rispettivamente) migliori la stratificazione del rischio di un soggetto rispetto ad una valutazione basata sui fattori di rischio tradizionali per le malattie cardiovascolari. RISULTATI Durante il follow-up (mediana 10,0 anni), sono morti 315 dei 1135 partecipanti allo studio (età media 71 anni al basale); 136 decessi erano conseguenze di malattie cardiovascolari. In modelli di rischi proporzionali di Cox, aggiustati per i fattori di rischio tradizionali, tutti i biomarker predicevano in modo significativo il rischio di morte per CVD. Il rischio di morte tra soggetti con elevati livelli di due qualsiasi dei biomarker aumentava di tre volte rispetto alla valutazione tradizionale. Il rischio era maggiore di sette volte con alte concentrazioni di tre biomarker e di oltre 16 volte se tutti e quattro i biomarker erano oltre i livelli di normalità. La statistica C (*) aumentava significativamente quando il quarto biomarker veniva incorporato nel modello con i fattori di rischio tradizionali, sia nella coorte complessiva (statistica C con biomarker vs. senza biomarker 0,766 vs. 0,664; p<0,001) che nel gruppo dei 661 partecipanti che non avevano CVD al basale (0,748 vs. 0,688, p=0,03). Il miglioramento nella valutazione del rischio restava consistente se stimato attraverso altre misure statistiche di discriminazione (#), calibrazione (°) e adattamento complessivo. CONCLUSIONI I dati suggeriscono che negli anziani con o senza CVD prevalenti l'utilizzo contemporaneo di diversi biomarker di disfunzioni cardiovascolari e renali migliora sostanzialmente la stratificazione del rischio di morte per cause CV oltre a quanto consentito dal modello basato esclusivamente sui fattori di rischio tradizionali. Statistica C nei modelli di regressione di Cox per la predizione della morte per CVD o per tutte le cause
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