METABOLIC SYNDROME AND MORTALITY IN OLDER ADULTS. THE CARDIOVASCULAR
HEALTH STUDY Mozaffarian D, Kamineni A, Prineas RJ, et al. Arch Intern Med 2008; 168:969-978 Un nuovo studio ha trovato che il concetto di sindrome metabolica, considerato complessivamente, non è utile nella predizione del rischio di mortalità cardiovascolare negli uomini anziani e di mezza età. RIASSUNTO CONTESTO In popolazioni prevalentemente di mezza età, la presenza di sindrome metabolica (SM) predice esiti negativi, come la mortalità totale. Tuttavia, l'utilità predittiva di SM è controversa e la capacità di indicare il rischio di morte negli anziani, il gruppo di popolazione a maggior crescita ma anche a più alto rischio, non è ben definita. METODI E' stata valutata la relazione di SM (come definita daNational Cholesterol Education Program Expert Panel on Detection, Evaluation, and Treatment of High Blood Cholesterol in Adults [Adult Treatment Panel III (ATPIII)], International Diabetes Foundation [IDF], e World Health Organization [WHO]) e dei suoi determinanti con la mortalità tra il 1989 e il 2004 in 4258 adulti americani di almeno 65 anni e senza CVD prevalenti nel Cardiovascular Health Study, una coorte prospettica multicentrica con base di popolazione. È stata indagata la mortalità totale, CV e non-CV. Sono stati usati modelli di rischi proporzionali di Cox per stimare l'hazard ratio (rischio relativo [RR]) per la mortalità predetto dalla SM. RISULTATI Al basale (età media 73 anni), il 31% degli uomini e il 38% delle donne avevano la sindrome metabolica (ATPIII). Durante 15 anni di follow-up, si sono verificate 2116 morti. Dopo aggiustamento per covariate (sesso, età, ciascuno degli altri determinanti e altri fattori di rischio demografici o relativi allo stile di vita), rispetto a individui senza SM, i soggetti con SM mostravano una mortalità più alta del 22% (RR 1,22; IC al 95% 1,11-1,34). Il rischio più alto con SM era ristretto a persone con elevata glicemia a digiuno (elevated fasting glucose level, EFG, definita come glicemia >=110 mg/dL [>=6,1 mmol/L] o terapia antidiabetica) (RR 1,41; 1,27-1,57) o con ipertensione (RR 1,26; 1,15-1,39); i soggetti con SM senza EFG (RR 0,97; 0,85-1,11) o senza ipertensione (RR 0,92; 0,71-1,19) non mostravano un rischio più alto. Valutando singolarmente i determinanti di SM, si è osservato che solo ipertensione e EFG predicevano l'aumento della mortalità; persone con sia ipertensione che EFG avevano una mortalità più alta dell'82% (RR 1,82; 1,58-109). Una proporzione sostanzialmente più alta di decessi erano attribuibili all'EFG e all'ipertensione (frazione di rischio attribuibile alla popolazione, population attributable risk fraction [PAR%], 22,2%) che alla SM (PAR% 6,3%). I risultati erano simili usando le definizioni WHO o IDF, valutando diversi cut off per ciascun determinante e analizzando la mortalità per CVD. Mortalità secondo i determinanti di sindrome metabolica
CONCLUSIONE Nei soggetti anziani la SM non predice l'aumento della mortalità in assenza di ipertensione o alterato metabolismo glucidico; inoltre questi due fattori presenti contemporaneamente predicono un rischio più alto e sono responsabili di un'ampia proporzione di morti. Questi risultati suggeriscono la limitata utilità di SM per predire la mortalità totale o cardiovascolare negli anziani, rispetto alla sola valutazione della glicemia a digiuno e dell'ipertensione.
Rischio relativo di morte secondo i singoli determinanti di sindrome
metabolica tra 4258 anziani.
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