SELEZIONE DELLA LETTERATURA



USO DI ANTIDEPRESSIVI, DEPRESSIONE E SOPRAVVIVENZA NEI PAZIENTI CON INSUFFICIENZA CARDIACA
Contrariamente a quanto riportato in recenti studi che indicano un aumento della mortalità con gli antidepressivi, questa nuova indagine mostra che ciò non è vero, almeno per quanto riguarda gli inibitori selettivi della ricaptazione di serotonina. Un ampio studio di coorte prospettico in 1005 pazienti di almeno 18 anni con insufficienza cardiaca ha mostrato che la depressione, non i farmaci antidepressivi, era associata ad un aumento del rischio di morte del 33%. Le analisi effettuate con i dati sulla depressione e sull'uso di farmaci, raccolti tramite questionario, hanno mostrato inizialmente un'associazione tra uso di antidepressivi e mortalità, che però scompariva dopo aggiustamento per diversi fattori di rischio, inclusa la depressione.
[ANTIDEPRESSANT USE, DEPRESSION, AND SURVIVAL IN PATIENTS WITH HEART FAILURE. Arch Intern Med 2008; 168:2232-2237]

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TRIGLICERIDI NON A DIGIUNO E RISCHIO DI ICTUS ISCHEMICO NELLA POPOLAZIONE GENERALE
Un nuovo studio osservazionale ha riscontrato un'associazione tra alti livelli di trigliceridi non a digiuno ed un aumento del rischio di ictus ischemico. L'uso di questo parametro in un'ampia popolazione ha permesso di rilevare una correlazione lineare non nota in precedenza.
Lo studio ha utilizzato i dati di 13.956 uomini e donne arruolati nel Copenhagen City Heart Study, di cui 9637 sono stati inoltre coinvolti in uno studio trasversale. I ricercatori hanno analizzato i livelli al basale di trigliceridi non a digiuno, altri fattori di rischio ed esami al follow-up e l'incidenza di ictus ischemico. Tra i partecipanti allo studio prospettico è stata osservata una maggior incidenza di ictus ischemico al crescere dei livelli di trigliceridi non a digiuno (p per il trend <0,001). Il rischio assoluto di ictus ischemico a 10 anni variava da 2,6% negli uomini con meno di 55 anni e trigliceridi non a digiuno <89 mg/dL a 16,7% in soggetti con livelli >443 mg/dL. I valori corrispondenti per le donne erano 1,9% e 12,2%. Inoltre, nello studio trasversale è stato osservato che i trigliceridi non a digiuno erano più alti in uomini e donne con un ictus ischemico pregresso.
[NONFASTING TRIGLYCERIDES AND RISK OF ISCHEMIC STROKE IN THE GENERAL POPULATION. JAMA 2008; 300:2142-52]
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INSUFFICIENZA CARDIACA AL BASALE, VARIAZIONI IN 5 ANNI E MORTALITÀ
Nel primo studio ad aver valutato la capacità prognostica della variazione di frequenza cardiaca (HR) negli anni, i ricercatori hanno rilevato una relazione tra questa variabile e la mortalità. In una coorte di uomini sani, l'HR al basale e le differenze a 5 anni erano predittori di mortalità, indipendentemente dai tradizionali fattori di rischio cardiovascolare. Coloro che mostravano un aumento superiore ai 3 battiti per minuto in questo periodo avevano un rischio di morte superiore del 20% rispetto a soggetti con HR invariata. Lo studio ha seguito 5139 uomini asintomatici tra 42 e 53 anni di età e ne ha misurato i valori di HR. Le analisi, dopo aggiustamento per fattori confondenti, hanno mostrato che la riduzione di HR nei 5 anni era associata ad un minor rischio di morte (RR 0,86; IC al 95% 0,74-1,00; p=0,05), mentre l'aumento di HR comportava una mortalità più elevata (RR 1,19; 1.04-1,37; p<0,012).
[RELATION OF HEART RATE AT REST AND LONG-TERM (>20 YEARS) DEATH RATE IN INITIALLY HEALTHY MIDDLE-AGED MEN. Am J Cardiol, pubblicato on line il 10 novembre 2008]
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INSUFFICIENZA CARDIACA E RISCHIO DI FRATTURE
Uno studio basato sui dati ospedalieri di più di 16.000 soggetti suggerisce che i pazienti con nuova diagnosi di insufficienza cardiaca (HF) hanno un rischio quattro volte più alto di fratture gravi nell'anno successivo rispetto a pazienti con altri disordini cardiovascolari. L'analisi era basata sugli accessi al pronto soccorso di 2041 pazienti con più di 65 anni e nuova diagnosi di HF e di 14.253 soggetti con altre CVD. Sono stati esclusi gli individui con osteoporosi o disturbi che potevano influenzare il rischio di fratture o di cadute. I tassi di ospedalizzazione per frattura ortopedica nell'anno successivo all'accesso al pronto soccorso erano 4,6% per i pazienti con HF e 1% per quelli senza HF. I tassi di ospedalizzazione per frattura dell'anca erano 1,3% e 0,1%, rispettivamente. Dopo aggiustamento per età, sesso e farmaci potenzialmente influenzanti la densità minerale ossea, i pazienti con HF avevano un rischio di frattura 4 volte superiore e di frattura all'anca 6 volte superiore.
[HEART FAILURE IS A RISK FACTOR FOR ORTHOPEDIC FRACTURE. A POPULATION-BASED ANALYSIS OF 16 294 PATIENTS. Circulation, pubblicato on line il 20 ottobre 2008]
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SINDROME METABOLICA, INFIAMMAZIONE E INSUFFICIENZA CARDIACA INCIDENTE NEGLI ANZIANI
La sindrome metabolica (SM) e alcuni marker di infiammazione forniscono informazioni aggiuntive sul rischio di insufficienza cardiaca congestizia (CHF) in una coorte di soggetti anziani. Questo studio, condotto su 4017 uomini e donne di almeno 65 anni, senza CHF o diabete al basale, ha valutato l'associazione tra SM ed alti livelli di marker infiammatori con il rischio di CHF in età avanzata. Inoltre, ha studiato la capacità predittiva di una definizione di sindrome metabolica che incorporasse la proteina C-reattiva (PCR) e l'interleuchina 6 (IL-6). I risultati mostravano che SM e marker infiammatori erano indipendentemente associati al rischio di CHF (HR 1,32;IC al 95% 1,16-1,51 per SM; 1,53; 1,34-1,75 per PCR; 1,37; 1,19-1,55 per IL-6). Le definizioni di SM con PCR e IL-6 riclassificavano rispettivamente il 18% e il 13% dei partecipanti con SM. I soggetti con SM definita anche dai due marker infiammatori avevano un rischio di CHF maggiore del 60% rispetto ai partecipanti senza SM.
[METABOLIC SYNDROME, INFLAMMATION, AND THE INCIDENT HEART FAILURE IN THE ELDERLY: THE CARDIOVASCULAR HEALTH STUDY. Circulation: Heart Failure 2008; 1:242-248]
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ADERENZA ALLA DIETA MEDITERRANEA E STATO DI SALUTE
La dieta mediterranea è un modello dietetico ben noto per i suoi effetti benefici nella prevenzione primaria e secondaria di molte patologie croniche. Questa review sistematica e metanalisi di tutti gli studi prospettici disponibili ha raccolto i dati di 12 indagini, complessivamente 1.574.299 pazienti, ed ha valutato l'associazione tra l'aderenza alla dieta mediterranea e alcuni outcome avversi. Dai risultati emerge che un aumento nell'aderenza corrisponde ad una riduzione significativa del rischio di morte (RR aggregato 0,91; IC al 95% 0,89-0,94), di morte cardiovascolare (0,91; 0,87-0,95), di morte per cancro (0,94; 0,92-0,96) e di incidenza di Parkinson o Alzheimer (0,87; 0,80-0,96). Questi risultati sembrano essere clinicamente rilevanti in termini di salute pubblica, specie per quanto riguarda la riduzione del rischio di morte prematura nella popolazione generale.

[ADHERENCE TO MEDITERRANEAN DIET AND HEALTH STATUS: META-ANALYSIS. BMJ 2008; 337:a1344]
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