ASPIRIN-ANGIOTENSIN-CONVERTING ENZYME INHIBITOR COADMINISTATION AND MORTALITY
IN PATIENTS WITH HEART FAILURE. A DOSE-RELATED ADVERSE EFFECT OF ASPIRIN

Guazzi M, Brambilla R, Rèina G, et al.
Arch Intern Med 2003; 163:1574-1579

RIASSUNTO
CONTESTO E' oggetto di discussione il fatto che in pazienti con insufficienza cardiaca cronica (CHF) l'aspirina possa contrastare i benefici clinici dei farmaci inibitori dell'enzima di conversione dell'angiotensina (ACE inibitori). Le due questioni principali rimaste irrisolte sono (1) se queste due classi di farmaci insieme possano influenzare la mortalità e (2) se questa eventuale interazione sia correlata alla dose di aspirina.
Gli autori del lavoro hanno valutato queste due ipotesi.
METODI Sono stati esaminati più di 4000 casi di ospedalizzazione con diagnosi primaria di dimissione di CHF, registrati tra gennaio 1990 e dicembre 1999. L'analisi finale è stata ridotta a 344 pazienti trattati con ACE inibitori e successivamente suddivisi in tre gruppi: il gruppo uno includeva i soggetti non trattati con aspirina (n=235), il gruppo due i soggetti che assumevano aspirina in dose <160 mg (n=45), il gruppo tre i soggetti che assumevano aspirina in dose >325 mg (n=64).
RISULTATI Durante il follow up medio di 37,6 mesi, si sono verificati 84 casi di morte nel gruppo uno (36%), 15 nel gruppo due (33%) e 35 nel gruppo tre (55%). All'analisi di Kaplan-Meier, la sopravvivenza è risultata simile nei primi due gruppi, mentre è apparsa peggiorata in modo significativo nel terzo gruppo (p=0.009). Dopo una correzione per i potenziali fattori confondenti (inclusi tipo di terapia, cause della malattia cardiaca, età, fumo e diabete mellito), l'analisi di regressione di Cox, multivariata e tempo-dipendente, ha evidenziato che la combinazione di una dose elevata di aspirina con un farmaco ACE inibitore risultava associata in modo indipendente al rischio di morte (hazard ratio 1.30; p=0.01), mentre non si osservava alcuna correlazione nel caso di un basso dosaggio di aspirina (hazard ratio 1.02; p=0.18).
CONCLUSIONI Questi risultati supportano l'ipotesi che in alcuni pazienti con insufficienza cardiaca cronica (CHF) trattati con ACE inibitori, un effetto dose-dipendente dell'aspirina possa avere un esito negativo sulla sopravvivenza del soggetto.

COMMENTO
Si è sempre pensato che l'inibizione della sintesi delle prostaglandine fosse il principale meccanismo con cui l'aspirina potesse contrastare gli effetti farmacologici dei composti inibitori dell'enzima di conversione dell'angiotensina (ACE inibitori), la cui azione terapeutica risulta, in parte, mediata proprio da questi eicosanoidi. Il potenziale clinico di questa azione dannosa risulta significativo soprattutto in quei pazienti affetti da una o più patologie cardiovascolari, quale ad esempio insufficenza cardiaca provocata da malattia ischemica. Le influenze della combinazione aspirina e ACE inibitore sui parametri emodinamici, sulla funzionalità renale e polmonare e sul rimodellamento ventricolare in soggetti con insufficienza cardiaca cronica (CHF), sono state esaminate in numerosi studi clinici, ma è rimasta irrisolta la questione riguardante gli effetti che questi agenti, insieme, possono avere sul tasso di mortalità.
In pazienti con malattia coronarica trattati con ACE inibitori, alcuni studi hanno documentato un effetto negativo dell'aspirina che però non è stato confermato dai risultati di altri lavori. Una differenza nella dose somministrata potrebbe essere una causa di tale discrepanza nei dati, anche se nella maggior parte degli studi il dosaggio di aspirina non è stato riportato.
Una domanda pertinente potrebbe essere se esiste la possibilità di raggirare i problemi clinici esistenti con un compromesso che si basa sull'utilizzo di aspirina a basso dosaggio che, come tale, inibisce preferenzialmente la sintesi del trombossano A2 piastrinico senza avere effetti apprezzabili sulla produzione di prostaglandine.
Sulla base di tali premesse, gli obiettivi principali di questo lavoro sono stati:
· stimare l'effetto e l'interazione dell'aspirina con gli ACE inibitori sulla mortalità tra pazienti con insufficienza cardiaca cronica di qualsiasi origine, nei quali il trattamento con entrambe i farmaci era stato considerato appropriato;
· valutare l'ipotesi che l'effetto dell'aspirina possa essere correlato alla dose somministrata.
Il campione di 344 pazienti, oggetto dello studio, è stato selezionato attraverso l'analisi di più di 4000 casi di ricovero con diagnosi primaria di insufficienza cardiaca cronica presso l'Istituto di Cardiologia dell'Università degli Studi di Milano, tra gennaio 1990 e dicembre 1999. Sono stati inclusi nello studio soltanto i soggetti (età massima 70 anni, con disfunzione cardiaca causata da insufficienza confermata, al momento del ricovero, dai sintomi, dai risultati radiografici e da una frazione di eiezione del ventricolo sinistro corrispondente al 35% o meno) trattati con un ACE inibitore (principalmente enalapril maleato, dose giornaliera media + DS di 17,5+5,5 mg), e captopril (dose giornaliera media + DS di 62,5+12,0 mg), associati o no ad aspirina.
Successivamente i pazienti sono stati suddivisi in tre gruppi, in base al singolo uso di un ACE inibitore (gruppo 1, n=235), oppure di un ACE inibitore in associazione con aspirina nella dose giornaliera di 160 mg o meno (gruppo 2, n=45), o di un ACE inibitore e aspirina alla dose di 325 mg/die o più (gruppo 3, n=64).
Dopo un follow up medio di 37,6 mesi, sono stati registrati 134 decessi (39%), di cui 84 (36%) nel primo gruppo, 15 (33%) nel secondo e 35 (55%) nel terzo gruppo. Confrontando i soggetti trattati con l'associazione ACE inibitore e aspirina a basso dosaggio, con quelli che hanno assunto solo ACE inibitore, non è emersa alcuna differenza significativa nel tasso di sopravvivenza; mentre la combinazione aspirina a dose elevata e ACE inibitore è risultata associata ad una diminuzione significativa della sopravvivenza (p=0,009), rispetto agli altri due possibili approcci terapeutici.
L'analisi di regressione di Cox, multivariata, proporzionale e tempo-dipendente, ha mostrato che la combinazione di un ACE inibitore con un alto dosaggio di aspirina risultava associata in modo indipendente al rischio di morte (hazard ratio 1,03; p=0,01). Al contrario, la somministrazione contemporanea di ACE inibitore ed aspirina a basso dosaggio non appariva correlata alla mortalità (hazard ratio 1,02; p=0,18). Un'interpretazione di questi risultati potrebbe essere data sulla base dei meccanismi d'azione dell'aspirina a basso e alto dosaggio.
L'utilizzo di questo farmaco in pazienti con insufficienza cardiaca cronica (CHF) è stato parecchio dibattuto; l'evidenza, in questi soggetti, di un aumento nella formazione dei trombi piastrinica, mediata dal fattore di Willebrand, e di altre alterazioni nella coagulazione, suggerisce che l'azione dell'aspirina possa essere di particolare beneficio, soprattutto in presenza di un allargamento ventricolare e di fibrillazione. D'altra parte, studi di fisiologia hanno dimostrato l'effettiva possibilità di un danno da prescrizione di inibitori della sintesi di prostaglandine, quale è l'aspirina, in pazienti affetti da CHF.
Un meccanismo più probabile è che l'aspirina inibisca gli effetti degli ACE inibitori mediati dagli eicosanoidi, come la regolazione del tono vascolare nella circolazione sistemica e in quella renale, la prevenzione dell'iponatriemia, la disfunzione ventricolare sinistra, il suo rimodellamento e la modulazione dell'attivazione neuroendocrina.
Si può presumere che aspirina e ACE inibitori interagiscano a vari livelli, con agonismi e antagonismi di intensità variabile, dipendenti dalle loro concentrazioni. I meccanismi implicati invece nell'aumento della sopravvivenza sono ancora sconosciuti.
Questo studio presenta i limiti classici degli studi di coorte, tra cui la sua natura retrospettiva e la mancanza di randomizzazione; i risultati sono comunque a favore di una correlazione dose-dipendente tra aspirina e ACE inibitori.