OTOTOXIC
MEDICATION
Pray WS, Pray JJ
US Pharmacist 2005; 30
Una
funzionalità ottimale dell'orecchio è essenziale sia per
l'udito che per il senso dell'equilibrio. La perdita dell'udito compromette
l'interazione del paziente con gli altri individui e con l'ambiente esterno;
la perdita dell'equilibrio invece rende difficili se non impossibili alcune
attività quotidiane come camminare o guidare un veicolo.
L'incidenza dei fenomeni di ototossicità è a tutt'oggi sconosciuta,
anche se si sa che circa 130 farmaci diversi sono in grado di indurla.
Vi sono tre zone anatomiche principali dove i farmaci ototossici possono
esercitare il loro effetto: la coclea, che se colpita può portare
ad una perdita dell'udito mono o bilaterale e a tinniti; il vestibolo;
con conseguenti disturbi dell'equilibrio (i pazienti denunciano capogiri
spesso aggravati dal movimento e associati a nausea) e la stria vascolare,
epitelio che ha la funzione di produrre l'endolinfa della coclea. Una
produzione eccessiva di endolinfa causa la sindrome di Menière.
Gli antibiotici amminogicosidici (es kanamicina, neomicina, amikacina,
etc) esercitano la loro tossicità sia sulla coclea che sulla stria
vascolare poiché generano radicali nell'orecchio interno. Questo
meccanismo è alla base anche dell'ototossicità indotta dall'antitumorale
cisplatino. Gli amminoglicosidi sono particolarmente tossici quando vengono
instillati direttamente nell'orecchio. Infatti, le gocce auricolari hanno
il vantaggio di una rapida somministrazione, una buona compliance e un
costo relativamente basso. Se però il prodotto viene utilizzato
per un'otite esterna, è possibile che riesca a penetrare nell'orecchio
interno per la presenza di una lesione del timpano e indurre ototossicità.
I diuretici dell'ansa (furosemide, acido etacrinico, bumetanide)
interferiscono con il gradiente del potassio nella stria vascolare e con
il potenziale della struttura endococleare. Questi farmaci inducono tinniti
e perdita d'udito in modo dose-dipendente. L'otossicità da furosemide
è solitamente reversibile, ma in rare circostanze (per es. in pazienti
con insufficienza renale) può diventare permanente.
I salicilati agiscono sulla coclea; ad alte dosi, possono causare
tinnito e perdita dell'udito, che può verificarsi anche in seguito
ad applicazioni topiche di sostanze antiirritative
contenenti metil salicilato.
La chinina è un farmaco che potenzialmente può indurre
tinnito, perdita dell'udito (a volte irreversibile) e vertigini. I pazienti
che assumono dai 200 ai 300 mg oltre un certo periodo sono esposti ad
un rischio aumentato del 20% di perdere l'udito.
Gli effetti dei medicinali ototossici sono additivi. È importante
tenerne sotto controllo i livelli plasmatici ed effettuare, quando necessario,
un aggiustamento del dosaggio.
Nella maggior parte dei casi vengono escreti per via renale e la disfunzione
renale è un fattore di rischio per l'ototossicità. Altri
fattori di rischio per l'ototossicità da amminoglicosidi sono terapie
superiori alle due settimane, l'essere un bambino o un anziano, un'anamnesi
familiare di ototossicità e livelli plasmatici di farmaco in grado
di indurre effetti collaterali inferiori ai livelli terapeutici.
I pazienti con un'insufficienza di magnesio sembrano avere una suscettibilità
maggiore all'ototossicità e alla perdita di udito indotta dal rumore.
I farmaci ototossici andrebbero somministrati in gravidanza solo con estrema
cautela e andrebbero evitati nei pazienti con una storia di perdita d'udito,
vertigini, sindrome di Menière o tinnito.
Prima di cominciare un trattamento con questi agenti terapeutici andrebbe
effettuata una misurazione al basale dei livelli di udito. Queste precauzioni
sono molto importanti perché il paziente non avverte la sintomatologia
fino a che la disfunzione uditiva non compromette la capacità di
parlare. Sfortunatamente, i test audiometrici standard non possiedono
la sensibilità per identificare perdite d'udito di minore entità.
|