ARRESTO CARDIACO INDOTTO DA METILFENIDAMATO



CARDIAC ARREST WITH PULSELESS ELECTRICAL ACTIVITY ASSOCIATED WITH METHYLPHENIDATE IN AN ADOLESCENT WITH A NORMAL BASELINE ECHOCARDIOGRAM
Daly MW, Custer G, McLeay PD
Pharmacotherapy 2008; 28:1408-12


RIASSUNTO
Evidenze recenti su una possibile tossicità cardiaca associata ai farmaci usati per trattare i disordini da deficit di attenzione/iperattività (ADHD) hanno sollevato immediatamente discussioni circa la sicurezza di questi prodotti.
Viene qui descritto il caso di un diciassettenne con un normale ecocardiogramma basale, che è stato trattato con metilfenidato per ADHD per 18 mesi ed ha sperimentato un arresto cardiaco.
In terapia d'urgenza il ragazzo veniva sottoposto a defibrillazione e trattamento in bolo con farmaci fino al recupero della funzionalità cardiaca. Complessivamente però il paziente era stato senza battiti per 22 minuti e rimaneva in stato comatoso. Esami neurologici successivi rivelarono una encefalopatia diffusa dovuta a danno cerebrale indotto dall'anossia.
Mentre la funzionalità del ventricolo sinistro migliorava lentamente non si osservava un recupero significativo del movimento, per cui il paziente venne dimesso al giorno 33 per la riabilitazione.
Il soggetto aveva iniziato il trattamento con metilfenidato alla dose appropriata di 18 mg/die, titolata in 3 mesi a 36 mg/die, fino all'insorgenza dell'evento. Il farmaco venne sospeso al ricovero e non somministrato più nei successivi 2 anni. Il paziente non mostrò più problemi cardiaci sebbene i deficit mentali rimasero gravi.
L'uso dell'algoritmo di Naranjo indicò una probabile relazione di causalità tra farmaco e evento avverso cardiaco.
Secondo gli autori questo sarebbe il primo caso di arresto cardiaco in un soggetto sano.
I clinici dovrebbero quindi effettuare un attento monitoraggio delle funzioni cardiache prima di prescrivere uno stimolante per l'ADHD.
I rischi ed i benefici di questi farmaci dovrebbero essere determinati dai medici, dai familiari e dai pazienti stessi.