RIASSUNTO
In pazienti che hanno subito un intervento coronarico percutaneo (PCI)
e in quelli con sindrome coronarica acuta (ACS) aspirina e clopidogrel
rappresentano la terapia antiaggregante di prima linea per la riduzione
degli eventi cardiovascolari. Nonostante il clopidogrel sia generalmente
ben tollerato (i più comuni effetti avversi sono rash, dispepsia,
vomito e diarrea e sanguinamento) possono anche verificarsi rare, ma serie
complicazioni.
Si descrive qui il caso di una donna di 78 anni che ha iniziato una terapia
con aspirina più clopidogrel dopo PCI con impianto di stent coronarici
a rilascio di farmaci.
Tre settimane dopo l'inizio della terapia antiaggregante insorgeva un
danno al fegato di origine epatocellulare e colestatica. Sospeso clopidogrel,
il profilo epatico cominciava a migliorare. Le successive analisi diagnostiche
includevano screening per epatite, mononucleosi infettiva e malattie reumatologiche,
come anche ultrasuonografia, risonanza magnetica e colangiopancreaticografia
retrograda endoscopica. Tutti risultati erano normali.
Al quinto giorno di ospedalizzazione, a causa del rischio di trombosi
secondaria all'azione degli stents, veniva reintrodotto clopidogrel. I
livelli di enzimi epatici della paziente tornavano ad aumentare. In assenza
di ostruzione biliare o altra ovvia causa di danno epatico il sospetto
dei clinici cadeva su un possibile ittero colestatico e danno epatocellulare
farmaco-indotto.
Clopidogrel veniva così nuovamente sospeso. I livelli di funzionalità
renale della paziente miglioravano gradualmente tre giorni dopo, mostrando
un marcato miglioramento al momento della visita di follow-up dopo due
settimane dalla dimissione.
La scala Maria e Victorino per la diagnosi della epatotossicità
farmaco-indotta indicava un punteggio di 14, consistente con una probabile
relazione di causalità fra clopidogrel e il danno epatico osservato
nella paziente.
Nonostante non siano raccomandate analisi di routine della funzionalità
epatica in pazienti che ricevono clopidogrel, per formulare una diagnosi
di rara complicazione farmaco-indotta come quella qui discussa è
necessario avere un alto indice di sospetto clinico, una evidenza di rechallenge
e l'esclusione di altre possibili cause.
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