La nuova
nota 13 ammette la rimborsabilità di tutti i farmaci ipolipemizzanti,
ma il commento evidenzia i diversi risultati ottenuti con alcuni principi
attivi in ricerche di lunga durata. Ciò significa che per la
prescrizione dei farmaci ipolipemizzanti i medici non hanno più
limitazioni di tipo regolatorio-amministrativo, ma possono scegliere
il principio attivo in base alle più aggiornate conoscenze scientifiche
disponibili. Come ottenere tutte le informazioni necessarie per scegliere
la terapia più appropriata? I medici ricevono usualmente spiegazioni
frammentarie, perché fornite dalle stesse industrie che commercializzano
i prodotti e, dovendo scegliere tra principi attivi con analogo effetto
su parametri ematochimici o appartenenti alla stessa classe terapeutica,
hanno spesso difficoltà a trovare i dati necessari per una valutazione
personale e documentata. Infatti è impensabile che un medico
abbia il tempo di leggere criticamente tutta la letteratura disponibile
su un determinato argomento.
Il BIF
in questo articolo intende mettere a confronto le prove di efficacia
ottenute dalle più importanti ricerche scientifiche per i fibrati
e le statine, affinché i medici possano disporre di dati che
consentano di prescrivere il trattamento ipolipemizzante scientificamente
più appropriato.
Lo scenario
Le trazioni
lipidiche vengono ridotte dalle seguenti classi di farmaci: le resine
a scambio ionico (colestiramina e colestipolo), i fibrati (bezafibrato,
fenofibrato, gemfibrozil, simfibrato) e le statine (atorvastatina, cerivastatina,
fluvastatina, pravastatina e simvastatina). Prima di prescrivere un
farmaco ipolipemizzante, il medico deve aver ben presente quattro questioni
concatenate.
In primo luogo questi farmaci non vanno prescritti con il mero obiettivo
di ridurre una o più frazioni lipidiche, ma in quanto questo
effetto è o può essere associato ad una riduzione del
rischio di eventi cardiovascolari. In secondo luogo va tenuto presente
che i farmaci ipolipemizzanti vanno assunti a lungo e in modo continuativo;
la riduzione della mortalità è stata osservata in ricerche
condotte per circa 5 anni e non ci sono prove che l'assunzione a cicli
di tali farmaci, con riduzione del colesterolo solo per alcuni mesi
all'anno, abbia gli stessi effetti sulla sopravvivenza. Una strategia
terapeutica di questo genere comporta solo costi elevati senza vantaggi
dimostrati per il paziente. Purtroppo, da indagini di farmacoutilizzazione,
risulta invece che i medici italiani tendono a prescrivere le statine
per un limitato numero di giorni all'anno per paziente (1). Anche in
una recente indagine condotta negli Stati Uniti risulta che le statine
sono usate in modo eccessivo nel 69% dei pazienti e, parallelamente,
sottoutilizzate nell'88% di coloro che, in base alle linee-guida, ne
potrebbero trarre vantaggio (2). In terzo luogo, data la necessità
di un trattamento prolungato, la scelta se iniziare la terapia ipolipemizzante
deve essere ben ponderata, basata sulla constatazione dell'insuccesso
dell'approccio dietetico e, soprattutto, condivisa dal paziente. In
quarto luogo, vanno definite le priorità, per indirizzare l'intervento
terapeutico a quei pazienti che ne trarranno maggiori benefici (3).
Tali pazienti non sono semplicemente coloro che hanno elevati valori
di colesterolo, ma quelli che hanno un rischio elevato di incorrere
in un evento coronarico. La prima priorità riguarda i pazienti
che hanno avuto un infarto miocardico, la seconda priorità quelli
che hanno episodi di angina pectoris o che sono stati sottoposti a interventi
di rivascolarizzazione miocardica (angioplastica coronarica o intervento
di by pass aortocoronarico) e infine coloro che non hanno segni
clinici di malattia cardiovascolare ma, data la contemporanea presenza
di altri fattori di rischio, hanno una probabilità elevata di
sviluppare un evento cardiovascolare nei 10 anni successivi.
BOX
|
Ulteriori
considerazioni sulla nota 13
In
seguito ad alcuni dubbi in merito alla prescrizione dei medicinali
a base di statine nell'ipercolesterolemia non corretta dalla sola
dieta -in soggetti a rischio elevato di un primo evento cardiovascolare
maggiore e in pazienti con cardiopatia ischemica- la CUF ribadisce
in modo esplicito quanto segue: "tutte le statine
sono ammesse alla rimborsabilità nel trattamento della
ipercolesterolemia, non considerata come tale, ma nel contesto
di un profilo di rischio cardiovascolare globale. Le carte di
rischio costituiscono uno strumento semplice, sia pure approssimativo,
di lavoro. Il medico sceglierà il principio attivo secondo
le caratteristiche cliniche del singolo paziente ed in base ai
dati che provengono dagli studi clinici controllati già
riportati nelle motivazioni della nota stessa. Il riferimento
alla scheda tecnica nella nota 13 non differenzia le varie statine
in ordine alla rimborsabilità, in quanto l'ipercolesterolemia
come componente di una valutazione globale del rischio è
ricompresa nelle schede tecniche di tutte le statine. Il commento
alla nota e i riferimenti ai risultati degli studi clinici forniscono
una chiave di lettura scientifica, culturale (e non regolatoria)
per meglio orientare le scelte sulla base dei dati disponibili."
|
Il confronto
tra le statine rispetto alla riduzione della colesterolemia
Non tutte
le statine hanno dimostrato di ridurre la mortalità. Tutte però
hanno dimostrato di essere in grado di ridurre varie frazione lipidiche
ematiche, in misura variabile in base al dosaggio impiegato. Poiché
le statine vengono commercializzate a dosaggi diversi (attualmente, in
Italia vengono commercializzate a carico del SSN ai seguenti dosaggi:
atorvastatina 10 e 20 mg; cerivastatina 0,2 mg e 0,4 mg; fluvastatina
40 mg e 80 mg in corso di registrazione; pravastatina 20 e 40 mg; simvastatina
20 e 40 mg) non è sempre chiaro quale sia l'equivalenza in termini
di riduzione delle frazioni lipidiche. I risultati ottenuti in ricerche
differenti non sono sempre confrontabili, in quanto i pazienti arruolati
avevano livelli iniziali di colesterolemia diversi ed erano sottoposti
a regimi dietetici differenti per qualità e durata (4-14). Possiamo
invece ricavare informazioni attendibili dalle ricerche di confronto diretto
tra diversi farmaci La più importante (per il numero di pazienti
coinvolti e il numero di farmaci e dosaggi saggiati) è senza dubbio
lo studio CURVES (15) in cui è stata valutata l'efficacia comparativa
di atorvastatina (10,20, 40 e 80 mg), simvastatina (10,20 e 40 mg), pravastatina
(10,20 e 40 mg), fluvastatina (20 e 40 mg) e lovastatina (20, 40 e 80
mg non in commercio in Italia). Si è trattato di un'indagine multicentrica,
randomizzata, in aperto, a gruppi paralleli di 8 settimane, nella quale
sono stati arruolati 534 pazienti ipercolesterolemici con LDL maggiore
di 160 mg/dl e trigliceridi maggiori di 400 mg/dl,La valutazione è
stata eseguita rispetto alle variazioni percentuali di colesterolo totale,
di trigliceridi e di LDL. I risultati riguardanti le statine commercializzate
in Italia sono elencati nella Tabella 1.
Tabella
1. Riduzione relativa della colesterolemia totale, della colesterolemia
LDL e della trigliceridemia con vari dosaggi di quattro statine

Kong et al.
(16) hanno eseguito una meta-analisi su 52 studi clinici controllati e
randomizzati con almeno 25 pazienti per trattamento, con lo scopo di stimare
l'efficacia di alcune dosi di 4 statine (fluvastatina, lovastatina, pravastatina
e simvastatina). I risultati delle 3 statine commercializzate in Italia
sono riportati nella Tabella 2.
Allora non era ancora commercializzata la cerivastatina. Recentemente
è stato pubblicata su Mayo Clinic Proceedings (17) una ricerca
di confronto tra 2 dosaggi di pravastatina (20 e 40 mg) e 2 dosaggi di
cerivastatina (0,3 e 0,4 mg) in 1.030 pazienti ipercolesterolemici. Alla
fine della ricerca la colesterolemia LDL risultò ridotta rispettivamente
del 27% e del 30% con 20 e 40 mg di pravastatina e del 30% e 34% con 0,3
e 0,4 mg di cerivastatina. Inoltre il 71% dei pazienti trattati con pravastatina
40 mg e il 74% di quelli trattati con cerivastatina 0,4 mg raggiunsero
valori di colesterolo accettabili secondo il National Cholesterol Educational
Program.
Tabella
2. Riduzione relativa della colesterolemia totale, della colesterolemia
LDL con fluvastatina, pravastatina e simvastatina a vari dosaggi
Da queste
ricerche si possono ricavare tre indicazioni:
1. |
la
riduzione della colesterolemia totale e della colesterolemia LDL
non è lineare ed è massima con la dose iniziale raccomandata,
per cui il vantaggio assoluto maggiore si ottiene con dosi basse
(18). Aumentando i dosaggi del farmaco non si riduce il colesterolo
in modo proporzionale alla dose: per esempio con 10 mg di atorvastatina
si riduce la colesterolemia LDL del 38%; con 20 mg si riduce del
46% e con 40 mg si riduce del 51% .Questo fenomeno è comune
a tutte le statine e la scarsa risposta a una statina predice usualmente
una scarsa risposta ad un'altra (19). La relazione dose-risposta
tratta dai dati dello studio CURVES è rappresentata dalla
Figura 1; |
2. |
la riduzione della trigliceridemia è proporzionale alla riduzione
della colesterolemia LDL. Ai dosaggi più elevati, tutte le
statine riducono i valori di trigliceridi in rapporto alla capacità
di ridurre le LDL (20); |
3. |
si può stabilire un'equivalenza approssimativa di dosaggi
nella riduzione delle LDL come segue:
atorvastatina
10 mg = cerivastatina 0,4 mg = fluvastatina 80 mg = pravastatina
40 mg = simvastatina 20 mg.
|
Figura 1. Studio CURVES: relazione dose-risposta di quattro statine
Il confronto
tra i farmaci ipolipemizzanti rispetto alla riduzione della mortalità
Disponiamo di tre
ricerche di lunga durata che riguardano i fibrati e 4 che riguardano le statine,
nelle quali è stata valutata l'efficacia dei farmaci rispetto alla mortalità
e ad end point cardiovascolari maggiori (Tabella 3). Sono state condotte due
ricerche con il gemfibrozil (21,22) e una con il bezafibrato (BIP) (23); il
gemfibrozil è stato studiato solo su uomini in una ricerca di prevenzione
primaria (HHS) (21) e una di prevenzione secondaria (VA-HIT) (22). Disponiamo
inoltre di una ricerca di prevenzione secondaria con la simvastatina (4S) (24),
due di prevenzione secondaria con la pravastatina (CARE, LIPID) (25,26) e una
di prevenzione primaria sempre con pravastatina (WOSCOPS) (27).
Tabella 3. Caratteristiche
delle principali ricerche con fibrati e statine
 |
IMA
= pregresso infarto miocardico acuto;
AS = angina pectoris stabile;
CI = cardiopatia ischemica;
nd = non disponibile;
* valore mediano |
I risultati
delle sette ricerche sono riportati nella Tabella 4. Per uniformare i
dati e per consentire un appropriato confronto tra le ricerche sono stati
presi in considerazione i risultati riguardanti la mortalità totale,
la mortalità cardiaca e l'incidenza di rivascolarizzazioni (angioplastica
coronarica e by pass aortocoronarico). Per ogni ricerca è stata
riportata (nella terza colonna) la percentuale di eventi nel gruppo di
pazienti trattato con placebo e nel gruppo trattato con il farmaco in
studio. Nella quarta e quinta colonna sono indicate rispettivamente la
riduzione relativa del rischio (RRR) e la riduzione assoluta del rischio
(ARR). Il primo valore indica in che percentuale si è ridotta l'incidenza
di eventi tra i pazienti trattati con il farmaco rispetto ai pazienti
trattati con placebo, La riduzione assoluta del rischio indica invece
quanti casi in meno si sono verificati trattando 100 soggetti con il farmaco
invece che con il placebo. Anche in questo caso un valore negativo significa
che si sono verificati meno eventi con il placebo. La sesta colonna riporta
il numero necessario da trattare (NNT) ovvero il numero di pazienti che
è necessario sottoporre al trattamento in studio per il periodo
di tempo in cui è stata condotta la ricerca per evitare un evento.
Nel caso in cui la riduzione assoluta del rischio abbia un valore negativo
(ovvero si siano verificati più casi tra i trattati che tra i controlli)
si usa il termine NNH (numher needed to harm) ovvero il numero di persone
trattando le quali si riscontra un evento in più rispetto al mancato
trattamento. Il significato di questi parametri è sempre riportato
sulla terza di copertina di ogni numero del BIF.
Tabella
4. Risultati delle principali ricerche con fibrati e statine
 |
*NNH
(Number Needed to Harm): numero di pazienti che devono sottoporsi
al trattamento perché si manifesti una reazione avversa. |
Dalla Tabella
4 si può notare una differenza sostanziale di efficacia tra fibrati
e statine. Innanzi tutto le statine hanno sempre dimostrato risultati
migliori rispetto al placebo (nessun valore positivo nella colonna RRR
e ARR). In particolare, per quanto riguarda la mortalità totale,
in una sola delle tre ricerche con i fibrati si è riscontrata una
riduzione rispetto al placebo; nel caso delle statine invece la riduzione
relativa del rischio di mortalità si è aggirata intorno
al 25%. Analogamente per la mortalità cardiaca, in una ricerca
con fibrati si è riscontrato un aumento di morti cardiache rispetto
al placebo, mentre per le statine la mortalità è sempre
stata minore tra i trattati. Infine, la riduzione relativa del rischio
di rivascolarizzazioni si è aggirata mediamente intorno al 5% per
i fibrati e tra il 17 e il 34% per le statine. Questi risultati si riflettono
ovviamente anche sui dati riguardanti la riduzione assoluta del rischio
e il numero di pazienti necessari da trattare, Laddove i fribrati sono
più efficaci del placebo, la riduzione assoluta degli eventi considerati
è inferiore al 2% (equivalente a un NNT superiore a 50 pazienti),
mentre per le statine in prevenzione secondaria si aggira tra il 2 e il
6% (con NNT tra 16 e 50). Nel caso della prevenzione primaria (studio
WOSCOPS) si può notare che la riduzione relativa degli eventi è
analoga a quella ottenuta negli atri 3 studi di prevenzione secondaria,
ma siccome l'incidenza di eventi in soggetti senza eventi cardiovascolari
è minore, sarà necessario trattare molti più pazienti
per evitare un evento (valori di NNT maggiori).
Quali
ipolipemizzanti scegliere?
I fibrati
sono in grado di ridurre soprattutto la trigliceridemia (del 25-50%),
di poco la colesterolemia LDL (del 10-15%) e di aumentare la colesterolemia
HDL (del 10-15%), ma non hanno mostrato di ridurre sistematicamente la
mortalità totale, la mortalità per eventi cardiaci e di
ridurre in modo sostanziale il numero di interventi di rivascolarizzazione.
Per tale motivo nella nota 13 è previsto che i fibrati siano rimborsabili
solo per le dislipidemie familiari (sono i farmaci di prima scelta nelle
ipertrigliceridemie familiari) e non per il trattamento dell'ipercolesterolemia
in soggetti a rischio elevato di un primo evento cardiovascolare maggiore
e in pazienti con cardiopatia ischemica.
Come risulta dalla Tabella 4 solo una statina (la pravastatina) ha fornito
la dimostrazione della riduzione degli eventi in prevenzione primaria
in soggetti ipercolesterolemici di sesso maschile e solo due (pravastatina
e simvastatina) in prevenzione secondaria in pazienti con pregresso infarto
miocardico o angina pectoris. Va quindi ribadito che solo per simvastatina
e pravastatina abbiamo la dimostrazione della riduzione della mortalità
totale e delle necessità di interventi di rivascolarizzazione.
Quali altre evidenze abbiamo per le altre statine, dal momento che non
è più eticamente possibile condurre una ricerca di lunga
durata di confronto con placebo e sarebbe necessario arruolare moltissimi
pazienti per verificare l'equivalenza di una nuova statina rispetto alla
pravastatina o alla simvastatina? È stato stimato che per dimostrare
la superiorità di una nuova statina rispetto a un'altra in termini
di mortalità si dovrebbero arruolare 15.000 pazienti da seguire
per 5 anni e, se si volesse dimostrarne l'equivalenza, lo studio dovrebbe
riguardare 20 -25 mila pazienti per 5 anni.
Fluvastatina, atorvastatina e cerivastatina
Per le altre
statine abbiamo risultati ottenuti con end point surrogati. Le ricerche
sulla fluvastatina hanno riguardato prevalentemente la valutazione della
riduzione delle placche coronariche ed è stato dimostrato, in ricerche
condotte in condizione di doppia cecità rispetto al placebo (Tabella
5), che la fluvastatina è in grado di ridurre la progressione della
placca in modo analogo alle altre statine. Rispetto alle altre statine,
con la fluvastatina sono state ottenute minori riduzioni dei livelli plasmatici
di tutti i parametri lipidici, ma un'azione sulla riduzione della placca
che si situa a livello delle riduzioni ottenute con le altre statine.
Tuttavia, non risultano ricerche di tipo comparativo diretto. Dal momento
che le riduzioni delle placche ateromasiche osservate in queste ricerche
sono minime e non tali da giustificare la minore incidenza di infarti
riscontrati negli studi di lunga durata, i ricercatori ritengono che le
statine riducano la mortalità non solo abbassando il tasso ematico
di colesterolo e non solo modificando le dimensioni delle placche (28).
Tabella 5.
Confronto tra ricerche in cui è stata valutata l'efficacia di una
statina nella riduzione delle placche coronariche

Per l'atorvastatina
è stata pubblicata una ricerca (AVERT) (34) riguardante il trattamento
con una dose elevata (80 mg) rispetto all'angioplastica coronarica in
pazienti asintomatici o con angina pectoris moderata, colesterolemia LDL
>115 mg/dl e malattia coronaria adatta ad angioplastica. Nell'arco
di 18 mesi è stata riscontrata un'incidenza di eventi ischemici
nel 13% dei pazienti trattati con atorvastatina e nel 21% di quelli trattati
con angioplastica. Recentemente sono stati resi noti i risultati di una
successiva ricerca (MIRACLE) in cui un trattamento con 80 mg di atorvastatina
rispetto al placebo ha ridotto l'incidenza di eventi coronarici dal 17,4
al 14,8% in pazienti con sindrome coronarica acuta.
Per quanto riguarda la cerivastatina abbiamo finora a disposizione solo
dati riguardanti le dislipidemie familiari e non dati su end point importanti
dal punto di vista clinico. È in corso una ricerca (Prevention
of reinfarction by early treatment of cerivastatin studv - PRICESS) in
cui verranno trattati per tre mesi 3.000 pazienti con infarto miocardico
recente con 0,4 mg di cerivastatina o con placebo e per i successivi 2
anni tutti con 0,4 o 0,8 mg. In un'altra ricerca (Lipids in diabetes study
- LDS) si sta verificando l'efficacia comparativa della cerivastatina
(0,4 mg) con il fenofibrato (200 mg) in alternativa o in associazione.
Nel frattempo si sta affacciando all'orizzonte terapeutico una nuova statina
(rosuvastatina) che, in base alle prime due ricerche di confronto con
l'atorvastatina, sembra ridurre in modo più consistente la colesterolemia
LDL
Conclusioni
Il trattamento
dietetico da solo ottiene una modesta riduzione dei livelli di colesterolo,
ma può essere efficace in soggetti motivati e collaboranti (35),
per cui deve essere sempre perseguito. I fibrati riducono prevalentemente
la concentrazione ematica di trigliceridi e aumentano la colesterolemia
HDL, ma in ricerche di lunga durata non si sono dimostrati in grado di
ridurre la mortalità totale e la mortalità cardiaca; essi,
inoltre, riducono in modo modesto l'incidenza di rivascolarizzazioni.
Tutte le statine a dosaggi equivalenti riducono la colesterolemia LDL,
ma solo per due di esse è stato dimostrato un effetto sulla mortalità
e sugli interventi di rivascolarizzazione. Non si dispone ancora di dati
che dimostrino se l'associazione tra fibrati e statine sia più
favorevole rispetto a un dosaggio elevato di statine nella prevenzione
di eventi cardiovascolari tenendo conto dell'aumentato rischio di miopatia.
Al momento attuale, nei soggetti a rischio elevato di un primo evento
cardiaco e nei pazienti con un precedente infarto o con angina, il farmaco
di scelta è una statina, privilegiando quelle di cui si hanno dati
consistenti di efficacia a lungo termine. Nel caso della prevenzione primaria
non abbiamo dati riguardanti l'effetto della pravastatina in soggetti
di sesso femminile e con più di 65 anni.
Costo della terapia ipolipemizzante con statine
Si è
ritenuto opportuno concludere questa breve revisione sui farmaci ipolipemizzanti
con una valutazione comparativa dei costi delle diverse statine.
Nella Figura 2 è riportato schematicamente il costo mensile della
terapia a base di statine, in funzione della riduzione dei livelli di
colesterolemia LDL ottenibile con i singoli principi attivi ai differenti
dosaggi. I farmaci sono contraddistinti dall'iniziale della loro denominazione
comune seguita dal dosaggio (in milligrammi). Per le posologie giornaliere,
si è fatto riferimento allo studio CURVES (15) ad eccezione della
cerivastatina, non inclusa nello studio, per la quale ci si riferisce
allo studio di Stein (36).
Come si osserva, per ciascuna esigenza di trattamento c'è un'ampia
variabilità di costi: 70-120.000, 70-160.000 e 110-170.000 lire
rispettivamente per i tre intervalli di riduzione di colesterolemia presi
in esame. È interessante notare che, in ogni gruppo, un farmaco
risulta assai più costoso degli altri e il principio attivo è
sempre differente: fluvastatina da 40 mg nel primo intervallo, pravastatina
da 40 mg nel secondo e simvastatina da 40 mg nel terzo. Nel caso in cui
più soluzioni terapeutiche risultino adeguate ad un singolo paziente
in base alle sue caratteristiche cliniche e ai dati degli studi pubblicati,
il costo della terapia può rappresentare l'elemento di scelta del
trattamento.
Figura
2. Costo mensile della terapia a base di statine a differenti dosaggi
in funzione della riduzione dei livelli di colesterolemia LDL ottenibile
 |
I diversi
farmaci sono identificati dalla prima lettera della molecola (A=atorvastatina,
C=cerivastatina, F=fluvastatina, P=pravastatina, S=simvastatina)
seguita dal dosaggio (in milligrammi); il costo è espresso
in lire.
|
Bibliografia
1. |
Larsen
J et al. Lack of adherence to lipid-lowering drug treatment. A comparison
of utilization patterns in defined populations in Funen, Denmark and
Bologna Italy. Br J Clin Pharmacol 2000;49:463-71. |
2. |
Abookire
SA. et al. Use and monitoring of "statin" lipid-lowering
drugs compared with guidelines. Arch Int Med 2001;161:53-8. |
3. |
Garber
AM. Using cost-effectiveness analysis to target cholesterol reduction.
Ann Intern Med 2000;132:833-5. |
4. |
Wolffenbuttel
BH et al. Efficacy and safety of a new cholesterol synthesis inhibitor,
atorvastatin, in comparison with simvastatin and pravastatin, in subjects
with hypercholeste-rolemia. Netherlands J Med 1998;52:131-7. |
5. |
Stein
EA et al. Comparison of statins in hypertriglyceridemia. Am J Cardiol
1998;81:66-9. |
6. |
Sasaki
S et al. Crossover trial of simvastatin versus pravastatin in patients
with primary hypercholesterolemia. J Cardiovasc Pharm 1997;30:142-7. |
7. |
Naoumova
RP et al. Plasma mevalonic acid, an index of cholesterol synthesis
in vivo, and responsiveness to HMG-CoA reductase inhibitors in familial
hypercholesterolaemia. Atherosclerosis 1996;119:203-13. |
8. |
Feillet
C et al. Comparative effects of simvastatin and pravastatin on cholesterol
synthesis in patients with primary hyper-cholesterolemia. Atherosclerosis
1995;118:251-8. |
9. |
Steinhagen-Thiessen
E. Comparative efficacy and tolerability of 5 and 10 mg simvastatin
and 10 mg pravastatin in moderate primary hypercholesterolemia. Simvastatin
Pravastatin European Study Group. Cardiology 1994;85:244-54. |
10. |
Lambrecht
LJ, Malini PL. Efficacy and tolerability of simvastatin 20 mg vs pravastatin
20 mg in patients with primary hypercholesterolemia. European Study
Group. Acta Cardiologica 1993;48:541-54. |
11. |
Lintott
CJ et al. Treating hypercholesterolaemia with HMG CoA reductase inhibitors:
a direct comparison of simvastatina and pravastatin. Austr NZ J Med
1993;23:381-6. |
12. |
Anonymous.
Comparison of the efficacy, safety and tolerability of simvastatin
and pravastatin for hypercholesterolemia. The Simvastatin Pravastatin
Study Group. Am J Cardiol 1993;71:1408-14. |
13. |
Anonymous.
A multicenter comparative trial of lovastatin and pravastatin in the
treatment of hypercholesterolemia. The Lovastatin Pravastatin Study
Group. Am J Cardiol 1993;71:810-5. |
14. |
Malini
PL et al. Simvastatin versus pravastatin: efficacy and tolerability
in patients with primary hypercholesterolemia. Clin Therapeut 1991;13:500-10. |
15. |
Jones
P et al. Comparative dose efficacy study of atorvastatina versus simvastatin,
pravastatin, lovastatin, and fluvastatin in patients with hypercholesterolemia
(the CURVES study). Am J Cardiol 1998;81:582-7. |
16. |
Kong
SX et al. Efficacy of 3-hydroxy-3-methylglutaryl coenzyme a reductase
inhibitors in the treatment of patients with hypercholesterolemia:
a meta-analysis of clinical trials. Clin Ther 1997;19:778-97. |
17. |
Dujovne
CA et al. Randomized comparison of the efficacy and safety of cerivastatin
and pravastatin in 1,030 hypercholesterolemic patients. The Cerivastatin
Study Group. Mayo Clinic Proceedings 2000;75:1124-32. |
18. |
Roberts
WC. The underused miracle drugs: the statin drugs are to atherosclerosis
what penicillin was to infectious disease. Am J Cardiol 1996;78:377-8. |
19. |
Blum
CB. Comparison of properties of four inhibitors of 3-hydroxy-3-methylglutaryl-coenzyme
A reductase. Am J Ca-diol 1994;73:3-11. |
20. |
Dart
A et al. A multicenter, double-blind, 1-year study comparing safety
of atorvastatin versus simvastatin in patients with hypercholesterolemia.
Am J Cardiol 1997;80:39-40. |
21. |
Frick
MH et al. Helsinki Heart Study: primary-prevention trial with gemfibrozil
in middle-aged men with dyslipidemia. Safety of treatment, changes
in risk factors, and incidence of coronary heart disease. New Engl
J Med 1987;317:1237-45. |
22. |
Rubins
HB et al. Gemfibrozil for the secondary prevention of coronary heart
disease in men with low levels of high-density lipoprotein cholesterol.
Veterans Affairs High-Density Lipoprotein Cholesterol Intervention
Trial Study Group. New England Journal of Medicine 1999;341:410-8. |
23. |
Anonymous.
Secondary prevention by raising HDL cholesterol and reducing triglycerides
in patients with coronary artery disease: the Bezafibrate Infarction
Prevention (BIP) study Circulation 2000; 102:21-7. |
24. |
Anonymous.
Randomised trial of cholesterol lowering in 4444 patients with coronary
heart disease: the Scandinavian Simvastatin Survival Study (4S). Lancet
1994;344:1383-9. |
25. |
Sacks
FM et al. The effect of pravastatin on coronary events after myocardial
infarction in patients with average cholesterol levels. Cholesterol
and Recurrent Events Trial investigators. New Engl J Med 1996;335:1001-9. |
26. |
Anonymous.
Prevention of cardiovascular events and death with pravastatin in
patients with coronary heart disease and a broad range of initial
cholesterol levels. The Long-Term Intervention with Pravastatin in
Ischaemic Disease (LIPID) Study Group. New Engl J Med 1998;339:1349-57. |
27. |
Shepherd
J. et al. Prevention of coronary heart disease with pravastatin in
men with hypercholesterolemia. West of Scot-land Coronary Prevention
Study Group. New Engl J Med 1995;333:1301-7. |
28. |
Maron
DJ et al. Current perspectives on statins. Circulation 2000;101:207-13. |
29. |
Jukewa
JW et al. Effects of lipid lowering by pravastatin on progression
and regression of coronary artery disease in sympomatic men with normal
to moderately evaluated serum cholesterol levels. Regression Growth
Evaluation Statin Study (REGRESS). Circulation 1995;91:2528-40. |
30. |
Pitt
B et al. Pravastatin limitation of atherosclerosis in the coronary
arteries (PLAC I): reduction in atherosclerosis progression and clinical
events. PLAC I investigation. J Am Coll Cardiol 1995;26:1133-9. |
31. |
Anonymous.
Effect of simvastatin on coronary atheroma: the Multicentre Anti-Atheroma
Study (MAAS). Lancet 1994;344:633-8. |
32. |
Bestehorn
HP et al. The effect of simvastatin on progression of coronary artery
disease. The Multicenter coronary Intervention Study (CIS). Eur Heart
J 1997;18:226-34. |
33. |
Herd
JA. Effects of fluvastatin on coronary atherosclerosis in patients
with mild to moderate cholesterol elevations (Lipoprotein and Coronary
Atherosclerosis Study [LCAS]). Am J Cardiol 1997;80:278-86. |
34. |
Pitt
B et al. Aggressive lipid-lowering therapy compared with angioplasty
in stable coronary artery disease. N Engl J Med 1999;341:70-6. |
35. |
Ramsay
LE et al. Dietary reduction of serum cholesterol concentration: time
to think again. BMJ 1991;303:953-7. |
36. |
Stein
E. Cerivastatin in primary hyperlipidemia: a multicenter analysis
of efficacy and safety. Am J Card 1998;82:40-6J. |
|