Classe
A, limitatamente alle seguenti indicazioni:
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Dislipidemie familiari |
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Principi
attivi: Atorvastatina, Cerivastatina, Fluvastatina, Pravastatina,
Simvastatina, Bezafibrato, Fenofibrato, Gemfibrozil, Simfibrato. |
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-
Ipercolesterolemia non corretta dalla sola dieta: |
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·
in soggetti a rischio elevato di un primo evento cardiovascolare
maggiore; |
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·
in pazienti con cardiopatia ischemica. |
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Principi
attivi (secondo le indicazioni autorizzate - vedi scheda
tecnica): Atorvastatina, Cerivastatina, Fluvastatina, Pravastatina,
Simvastatina. |
Motivazioni
e criteri applicativi
La cardiopatia ischemica è una patologia multifattoriale e pertanto
la prevenzione primaria e secondaria non può limitarsi al trattamento
dell'ipercolesterolemia, né deve essere intrapresa sulla base
di un valore soglia decisionale, valido per tutti gli individui, a prescindere
dalla storia clinica e dalla presenza di altri fattori di rischio coronarico.
Infatti i fattori di rischio hanno un ruolo combinato nell'aumentare
le probabilità che un individuo ha di incorrere in un evento
cardiovascolare. Le principali linee guida internazionali si sono ormai
uniformate a questo concetto, proponendo che il giudizio sul trattamento
dell'ipercolesterolemia sia conseguente a una valutazione complessiva
del paziente a rischio di cardiopatia ischemica. Alcune propongono una
valutazione del numero di fattori di rischio coesistenti (metodo semplice,
di facile comprensione e applicazione, ma poco accurato perché
non distingue diversi livelli di gravità di uno stesso fattore
di rischio) e altre propongono di stimare il rischio sulla base delle
gravità di alcuni fattori di rischio, utilizzando apposite tavole
per il calcolo del rischio coronarico tenendo conto di varie classi
di età, vari livelli di pressione arteriosa, di colesterolemia,
l'abitudine al fumo e la presenza di diabete mellito.
Per quanto riguarda la rimborsabilità dei farmaci ipolipemizzanti,
è necessario distinguere tre livelli di trattamento:
a) dislipidemie familiari;
b) ipercolesterolemia non corretta dalla sola dieta:
-
in soggetti a rischio elevato di un primo evento cardiovascolare
maggiore;
-
pazienti con cardiopatia ischemica
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- Dislipidemie
familiari
Le dislipidemie familiari sono malattie su base genetica a carattere
autosomico (recessivo, dominante o co-dominante a seconda della malattia)
caratterizzate da elevati livelli di alcune frazioni lipidiche del sangue
e da una grave e precoce insorgenza di malattia coronarica. Le dislipidemie
sono state finora distinte secondo la classificazione di Frederickson,
basata sull'individuazione delle frazioni lipoproteiche aumentate. Più
recentemente è stata proposta una classificazione basata sull'eziologia
molecolare e sulla patofisiologia delle alterazioni lipoproteiche (chilomicronemia,
disbetalipoproteinemia, iperlipemia combinata, ipertrigliceridemia,
carenza della lipasi epatica, ipercolesterolemia, difetto di ApoB100).
La rarità di alcune di queste forme, la complessità della
classificazione e dell'inquadramento genetico e l'elevato rischio di
eventi cardiovascolari precoci suggeriscono di fare riferimento a centri
specializzati a cui indirizzare i pazienti a cui viene formulata un'ipotesi
diagnostica di dislipidemia familiare. Per i pazienti con diagnosi accertata
di dislipidemia familiare tutti i farmaci ipolipemizzanti sono in fascia
A.
- Ipercolesterolemia
non corretta dalla sola dieta
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·
in soggetti a rischio elevato di un primo evento cardiovascolare
maggiore |
Vengono considerati
a rischio elevato i soggetti senza un pregresso episodio di cardiopatia
ischemica che, in base alla combinazione di 6 fattori (età, sesso,
diabete, fumo, valori di pressione arteriosa e di colesterolemia) abbiano
un rischio maggiore del 20% di sviluppare un evento cardiovascolare nei
successivi 10 anni. Tale rischio può essere stimato utilizzando
la carta del rischio coronarico elaborata da alcune società scientifiche
europee [1].
Sulla base delle linee guida prodotte dalle società scientifiche
europee i soggetti con rischio:
-
<20% e colesterolemia totale <190 mg/dL devono ricevere
consigli dietetici e sulle abitudini di vita ed essere ricontrollati
dopo 5 anni;
-
³20%, colesterolemia totale
<190 mg/dL e colesterolemia LDL <115 mg/dL devono ricevere
consigli sulle abitudini di vita ed essere sottoposti a controlli
annuali;
-
³20%, colesterolemia totale
³190 mg/dL e/o colesterolemia
LDL ³115 mg/dL devono ricevere
consigli sulle abitudini di vita e iniziare un trattamento farmacologico.
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Solo per due
molecole (lovastatina non in commercio in Italia e pravastatina) è
stato dimostrato che la riduzione dell'ipercolesterolemia è associata
alla riduzione dell'incidenza di eventi coronarici. Nello studio WOSCOPS
[2] 6.595 uomini di età compresa tra 45 e 65 anni e colesterolemia
media 272±22 mg/dL e colesterolemia LDL
media 192±17 mg/dL per quasi 5 anni sono
stati trattati con 40 mg di pravastatina o placebo. Alla fine della ricerca
è stata dimostrata una riduzione della mortalità dal 4,1
al 3,2% (p=0,051; riduzione assoluta del rischio [RAR]=0,9%; numero necessario
da trattare [NNT]=111) dell'incidenza di infarto miocardico fatale e non
fatale dal 7,9 al 5,5% (p<0,001; RAR=2,4%; NNT=42) e di interventi
di rivascolarizzazione miocardica dal 2,5 all'1,7% (p=0,009; RAR=0,8%;
NNT=125).
·
in pazienti con cardiopatia ischemica
I pazienti con cardiopatia ischemica vengono considerati ipercolesterolemici
quando, dopo adeguato intervento dietetico, abbiano:
- colesterolemia LDL >100 mg/dL se a elevato rischio di infarto
- colesterolemia LDL >130 mg/dL se a basso rischio di infarto
Nel caso di pazienti che abbiano già avuto un infarto miocardico,
la gravità del rischio di un secondo evento viene definita dalla
presenza di più fattori, quali l'età avanzata, la presenza
di disfunzione ventricolare sinistra (frazione di eiezione inferiore
al 40%), la presenza di ischemia (angina post-infartuale o ischemia
alla prova da sforzo), di aritmie ventricolari (battiti ectopici ventricolari
>10/ora oppure aritmie ventricolari ripetitive o sostenute) o la
presenza di fattori di rischio pre-esistenti (fumo, ipertensione arteriosa,
diabete mellito, ipercolesterolemia totale, bassi valori di colesterolo
HDL, claudicatio intermittens) e può essere stimata utilizzando
la carta del rischio post-infartuale elaborata sulla base dei dati di
mortalità ricavati su oltre 10.000 pazienti italiani sopravvissuti
ad un infarto miocardico [3]. Nel caso in cui il laboratorio non fornisca
il valore della colesterolemia LDL, se la trigliceridemia è inferiore
a 400 mg/dL, per calcolare la colesterolemia LDL, si può adottare
la formula di Friedewald:
Colesterolemia
LDL = colesterolemia totale - colesterolemia HDL - (trigliceridemia
/ 5)
Solo per
due molecole (pravastatina e simvastatina) è stato dimostrato
che la riduzione dell'ipercolesterolemia è associata alla riduzione
dell'incidenza di eventi coronarici. Nello studio 4S [4] 4.444 pazienti
con cardiopatia coronarica e colesterolemia tra 210 e 310 mg/dL sono
stati trattati con simvastatina (il 63% con 20 mg e il 37% con 40 mg).
Alla fine della ricerca è stata dimostrata una riduzione della
mortalità dall'11,5 all'8,2% (p=0,0003; RAR=3,5%; NNT=29), e
di interventi di rivascolarizzazione miocardica dal 17,2 all'11,3% (p=0,0001;
RAR=5,9%; NNT=17). Nello studio CARE [5] 4.159 pazienti con colesterolemia
<240 mg/dL sono stati trattati con 40 mg di pravastatina o placebo.
Alla fine della ricerca è stata dimostrata una riduzione della
mortalità cardiaca dal 5,7 al 4,6% (p=0,10; RAR=1,1; NNT=91)
e una riduzione degli eventi di rivascolarizzazione dal 18,8 al 14,1%
(p<0,001; RAR=4,7%; NNT=21). Infine nello studio LIPID [6] 9.014
pazienti con colesterolemia tra 155 e 271 mg/dL sono stati trattati
per 6,1 anni con 40 mg di pravastatina o placebo. Alla fine della ricerca
è stata dimostrata una riduzione della mortalità totale
dal 14,1 all'11,0% (p<0,001; RAR=3,1; NNT=32) e una riduzione degli
interventi di rivascolarizzazione dal 15,7 al 13,0% (p<0,001; RAR=2,7%;
NNT=37).
I fibrati non sono inclusi tra i farmaci rimborsabili per i pazienti
con ipercolesterolemia in quanto i risultati delle ricerche sono contraddittori.
In una prima ricerca di prevenzione primaria con gemfibrozil [7] era
stata riscontrata una riduzione degli eventi cardiovascolari, ma un
lieve aumento della mortalità. Successivamente [8], con lo stesso
principio attivo è stata dimostrata, in pazienti di sesso maschile
con precedente infarto miocardico, una riduzione di eventi cardiovascolari,
ma non della mortalità totale. Più recentemente, con il
bezafibrato [9] è stata riscontrata una riduzione della trigliceridemia
e un aumento della colesterolemia HDL, senza alcuna riduzione della
mortalità e degli eventi cardiovascolari. In nessuna linea guida
viene fatto riferimento all'uso dei fibrati, né vi sono finora
dati sufficienti per giustificare un trattamento farmacologico prescritto
per ridurre la trigliceridemia o per aumentare i bassi valori di colesterolemia
HDL, se non in caso di diagnosi di ipertrigliceridemia familiare, di
dislipidemia mista o di diabete mellito.
Bibliografia
1. |
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of coronary heart disease in clinical practice. Recommendations
of the second Joint Task Force of European and other Societies on
coronary prevention. Eur Heart J 1998; 19:1434-503. |
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Scandinavian Simvastatin Survival Study Group Randomised trial of
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The Scandinavian Simvastatin Survival Study Lancet 1994; 344:1383. |
5. |
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6. |
The
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Frick
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cholesterol. Veterans Affairs high-density lipoiprotein cholesterol
intervention trial study group. N Engl J Med 1999; 341:410. |
9. |
The
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and reduction triglycerides in patients with coronary artery disease.
The bezafibrate infarction prevention (BIP) study. Circulation 2000;
102:21. |
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