Vasan
RS, Larson MG, Leip EP, Evans LC, O?Donnell CJ, Kannel WB, Levy D
N Eng J Med 2001; 345:1337-9
RIASSUNTO
CONTESTO Le informazioni riguardanti il rischio di malattie cardiovascolari
in persone con pressione sanguigna normale-alta (sistolica 130-139 mm
Hg - diastolica 85-89 mm Hg o entrambi).
METODI E' stata studiata l'associazione tra categorie di pressione
al basale e incidenza di malattie cardiovascolari durante il follow-up
di 12 anni tra 6859 pazienti allo studio Framingham, che erano inizialmente
privi di ipertensione e di eventi CV pregressi.
RISULTATI Un aumento graduale nel numero di eventi CV è
stato notato nei pazienti che appartenevano alla categoria più
alta della pressione. L'incidenza cumulativa più alta di CV in
10 anni di soggetti di età compresa fra 35 e 64 anni che avevano
una pressione normale era del 4% (IC 95%; 2-5%) per le donne e dell'8%
(IC 95%; 6-10%) negli uomini; nei soggetti più anziani (65-90
anni) i valori erano rispettivamente del 25% (IC 95%; 17-34%) e del
18% (IC 95%; 12-23%). Confrontata con la pressione ottimale, livelli
di pressione normale-alti erano associati ad una probabilità
di incorrere in malattie CV, aggiustata per i fattori di rischio, del
2,5 (IC 95%; 1,6-4,1) nelle donne e 1,6 (IC 95%; 1,1-2,2) negli uomini.
CONCLUSIONI Una pressione normale-alta è associata ad
un aumentato rischio di incorrere in eventi CV. Questi risultati enfatizzano
la necessità di verificare se un trattamento ipotensivo possa
ridurre il rischio.
COMMENTO
Molti
studi epidemiologici hanno dimostrato che la pressione sistolica e diastolica
hanno un'associazione positiva, forte, continua ed eziologicamente significativa
con l'insorgenza di eventi cardiovascolari (CV), sia nei maschi che
nelle femmine, nei soggetti giovani, di media età e negli anziani,
e nei differenti gruppi razziali ed etnici e all'interno e tra paesi
diversi.
Sebbene questa correlazione sia una funzione continua, la classificazione
degli adulti in base alla pressione arteriosa fornisce uno schema di
riferimento per differenziare i livelli di rischio in funzione delle
diverse categorie di valore pressori e per definire la soglia di intervento
e gli obiettivi terapeutici.
In accordo con le linee-guida della WHO-ISH, i soggetti con pressione
arteriosa compresa tra 130 e 139 (sistolica) e 85-89 (diastolica) mm
Hg sono categorizzati come aventi una pressione normale-alta. Poche
informazioni riguardanti i livelli di rischio assoluto e relativo per
malattie cardiovascolari in queste persone sono disponibili, soprattutto
per quanto riguarda gli eventi non fatali, e lo studio in questione
affronta specificamente questo problema.
Gli autori hanno determinato la frequenza di eventi CV (eventi maggiori,
fatali e non) in soggetti appartenenti alle tre categorie di non ipertensione:
ottimale (<120/80 mm Hg), normale (120-129/80-84 mm Hg), normale-alta
(130-139/85/89 mm Hg). Essi hanno prodotto risultati riguardanti il
rischio CV associato alla pressione normale-alta, separatamente per
soggetti di sesso maschile o femminile e di media età o anziani.
Sia la categoria pressoria che i fattori di rischio CV sono stati utilizzati
come variabili tempo-dipendenti all'analisi multivariata.
Sia gli uomini che le donne che al basale avevano una pressione classificata
come normale-alta hanno mostrato un'incidenza maggiore di malattie CV
rispetto ai pazienti con pressione arteriosa ottimale. Questa correlazione
era consistente anche ripartendo i pazienti per fasce di età
e dopo aggiustamento per i principali fattori di rischio. Era anche
osservabile un gradiente continuo di aumento del rischio attraverso
le tre categorie, con un trend statisticamente significativo. Negli
uomini di età >65 anni, il rischio assoluto era >20%, definito
da più linee-guida internazionali quale valore soglia per l'intervento
terapeutico sui fattori di rischio, in questo caso l'ipertensione. Nelle
donne il rischio si avvicinava a questo valore.
Assumendo che l'abbassamento dei livelli pressori possa ridurre il rischio
assoluto CV a 5 anni del 25% nelle persone anziane con pressione normale-alta
(un'assunzione basata sull'efficacia dei farmaci antipertensivi riscontrata
nei trial clinici in pazienti ipertesi), gli autori hanno stimato in
questo studio che, per evitare un evento cardiovascolare maggiore, bisognerebbe
ridurre la pressione arteriosa per 5 anni a 28 uomini e 41 donne. Queste
stime sono speculative, perché non ci sono evidenze che l'abbassamento
della pressione riduca il rischio anche in questa categoria di soggetti.
Sarebbe necessario condurre un trial clinico per determinare se il trattamento
farmacologico della pressione ritenuta normale-alta sia di beneficio
in termini di eventi evitati.
Un'altra evidenza importante che emerge da questo studio è la
dimostrazione che la presenza di pressione normale-alta rappresenta
un marker di elevato rischio CV, anche se non è chiaro se l'aumentato
rischio sia attribuibile solo al livello pressorio. Infatti livelli
normali-alti sono associati ad un aumentato spessore della carotide
intima-media, una morfologia cardiaca alterata ed a disfunzione ventricolare
diastolica, che possono essere precursori di eventi CV, come pure spesso
si ritrovano concomitantemente presenti altri fattori di rischio che
hanno un effetto additivo con la pressione normale-alta.
Questo studio ha delle limitazioni dovute al fatto che è stato
condotto su soggetti prevalentemente di razza bianca, per cui i risultati
non possono essere generalizzabili; inoltre i dati ottenuti non sono
stati aggiustati per i livelli di attività fisica e per la colesterolemia
HDL, non disponibili per tutti soggetti al basale.
Nell'editoriale relativo a questa pubblicazione, Panza JA ha sottolineato
che questi nuovi risultati apportano ulteriore credito alla teoria che
la pressione normale-alta dovrebbe essere categorizzata differentemente
dalla pressione normale o ottimale e costituiscono un progresso importante
nella nostra comprensione dell'importanza del problema. Egli descrive
a fondo la disfunzione endoteliale e afferma che potrebbe spiegare l'aumentato
rischio di CVD nei soggetti studiati. Rimane però irrisolta una
importante questione: i clinici dovranno modificare la dose-soglia della
pressione arteriosa per l'uso dei farmaci antipertensivi? Se si accetta
il concetto che la pressione normale-alta debba essere trattata, la
domanda allora diventa se è più opportuno usare farmaci
o interventi non farmacologici, quali ad es. un comportamento alimentare
equilibrato, la perdita di peso e lo svolgimento di attività
fisica, sulla base del rapporto costo/beneficio/sicurezza d'uso dei
farmaci antipertensivi.
Questa domanda richiede un'attenta valutazione che non può essere
fornita da studi osservazionali di popolazione, ma può solo derivare
da trial di intervento.
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