Carmine
Zoccali, Stefanie M Bode-Böger, Francesca Mallamaci, Frank Antonio
Benedetto, Giovanni Tripepi, Lorenzo Salvatore Malatino, Alessandro
Cataliotti, Ignazio Bellanuova, Isabella Fermo, Jürgen C Frölich,
Rainer H Böger
Lancet 2001; 358:2113-17
RIASSUNTO
RAZIONALE La concentrazione nel plasma di dimetilarginina asimmetrica
(ADMA), un inibitore della monossido d'azoto-sintasi, che è stata
collegata a disfunzioni dell'endotelio e ad aterosclerosi nella popolazione,
è aumentata nei pazienti con malattia renale allo stadio finale
e potrebbe contribuire all'alto rischio cardiovascolare nei pazienti
con insufficienza renale cronica. Abbiamo valutato la relazione tra
fattori di rischio cardiovascolare e concentrazione plasmatica di ADMA
in una coorte di pazienti emodializzati (n=225) e valutato il potere
predittivo dell'ADMA per la mortalità e gli esiti cardiovascolari.
METODI I pazienti erano sottoposti a dialisi standard tre volte
alla settimana. Sono stati accuratamente registrati gli eventi cardiovascolari
durante un follow-up medio di 33,4 mesi (SD 14,6); questi eventi sono
stati riesaminati da un gruppo di medici. Sono state identificate le
correlazioni dell'ADMA plasmatica tramite analisi univariate e multivariate.
RISULTATI All'analisi univariata, la concentrazione di ADMA nel
plasma era direttamente collegata ai livelli plasmatici di fibrinogeno
e L-arginina, alla durata della dialisi e alla concentrazione serica
di colesterolo, ed era inversamente collegata alla concentrazione plasmatica
di albumina. All'analisi multivariata, solamente le concentrazioni di
fibrinogeno plasmatico (p=0,0001) e albumina serica (p=0,04) sono risultate
indipendentemente collegate alla concentrazione di ADMA nel plasma (r
multiplo =0,44, p=0,0001). 83 pazienti sono deceduti, 53 (64%) dei quali
per cause cardiovascolari. Dall'analisi di Cox, l'ADMA nel plasma è
stata classificata come il secondo fattore predittivo di mortalità
totale (hazard ratio 1,26, 95% IC 1,11-1,41, p=0,0001) e di eventi cardiovascolari
(1,17, 1,04-1,33, p=0,008).
CONCLUSIONI Nei pazienti in emodialisi, l'ADMA nel plasma è
un forte e indipendente predittore della mortalità totale e egli
eventi cardiovascolari. Questi risultati supportano l'ipotesi che l'accumulo
di ADMA sia un importante fattore di rischio per la malattia cardiovascolare
nell'insufficienza renale cronica.
COMMENTO
Negli
ultimi 10 anni è emerso il ruolo del monossido d'azoto, quale
mediatore cellulare attivo in molti sistemi, tra cui il sistema nervoso
centrale e il sistema cardiovascolare. E' sintetizzato a partire dall'aminoacido
L-arginina per azione della monossido d'azoto-sintasi, una famiglia
di enzimi con isoforme inducibili, endoteliali e neuronali. Esso promuove
la vasodilazione e previene l'adesione cellulare a livello endoteliale,
inibisce l'aggregazione piastrinica e ritarda lo sviluppo dell'aterosclererosi
in modelli sperimentali.
Nel 2001 sono stati pubblicati su Lancet due studi in cui si era osservato
che alti livelli di dimetilarginina asimmetrica (ADMA), bloccante della
sintesi di monossido d'azoto, erano predittivi di eventi cardiovascolari
in pazienti emodializzati e in uomini di media età con normale
funzionalità renale e storia pregressa di malattia cardiocoronarica
(CHD). Rimane da chiarire se l'ADMA eserciti questo ruolo anche in pazienti
con altre patologie, quali ipercolesterolemia e ipertensione.
In uno studio prospettico, Zoccali e coll hanno incluso 255 soggetti
sottoposti a dialisi da almeno 6 mesi, per insufficienza renale allo
stadio finale senza evidenze di malattia vascolare. Dopo una media di
33 mesi i ricercatori hanno osservato che la concentrazione di ADMA
nel plasma era il secondo predittore più importante, dopo l'età,
di eventi cardiovascolari e di mortalità totale.
Nello studio finlandese caso-controllo condotto dal Dott. Laaksonen
che aveva selezionato i suoi soggetti dallo "Kuopio Ischemic Heart
Disease Risk Factor Study", è emerso che l'ADME è
un fattore predittivo di eventi coronarici acuti (ACE) in uomini di
media età. In questo studio erano stati inclusi 71 pazienti (casi)
che avevano avuto un evento acuto nel 1997. Ciascun caso aveva 2 controlli
bilanciati per età, data e mese di visita, storia per eventi
cardiovascolari e municipalità. Per evitare che il fumo potesse
essere un fattore di confondimento, nell'analisi statistica sono stati
valutati solo i non fumatori. È emerso che i soggetti nel quartile
più alto della concentrazione di ADMA (>0,62 µmol/L)
mostravano un aumento di 4 volte del rischio di ACE. Negli uomini con
storia di CHD l'aumento del rischio era di 22 volte superiore.
In un commento editoriale il Dott. Vallance discute in merito alla possibile
rilevanza clinica della correlazione tra livelli plasmatici elevati
di ADMA e malattia cardiovascolare. Oltre ad offrire un ulteriore mezzo
per stratificare il rischio, le disfunzioni cardiovascolari mediate
dall'ADMA, potrebbero costituire nuovi approcci terapeutici. Sono infatti
necessari nuovi interventi mirati a correggere la disfunzione endoteliale.
Poiché l'ADMA blocca la NO-sintasi a livello della conversione
della L-arginina, se questa è la principale fonte di effetti
avversi, somministrando ai soggetti un eccesso di L-arginina si dovrebbero
invertire gli effetti dell'ADMA. Il Dott. Vallance sostiene che L-arginina
esercita altri ruoli nel nostro organismo, oltre ad essere substrato
della No-sintasi, ma gli studi odierni forniscono un razionale per valutare
se l'aggiunta a lungo termine nella dieta di arginina influenzi il rischio
cardiovascolare in soggetti con insufficienza renale. Poiché
la funzionalità renale non era danneggiata nei soggetti del Finnish
Study, il Dott. Vallance focalizza l'attenzione sull'enzima che metabolizza
l'ADMA, la dimetilarginina-dimetilamino-idrolasi (DDAH), come possibile
meccanismo per ristabilire la concentrazione della ADMA.
Sarebbe interessante quindi esaminare se l'ADMA sia un fattore predittivo
anche per l'incidenza di eventi in altre malattie cardiovascolari nelle
quali vi è un accumulo di questa molecola, e se una disfunzione
dell'ADDH produca cambiamenti metabolici avversi nelle singole cellule
e tessuti equivalenti all'insufficienza renale.
Rimane inoltre aperta la questione se trattare in modo aggressivo con
statine o con supplementazione di arginina i soggetti con alti livelli
di ADMA.
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