Andreas
Festa, Ralph Jr D'Agostino, Russell P. Tracy, Steven M. Haffner
Diabetes 2002; 51:1131-1137
RIASSUNTO
Livelli plasmatici elevati di proteine della fase acuta dell'infiammazione
sono stati già associati ad un danno cardiovascolare oltre che
alla sindrome di insulino-resistenza. Tuttavia l'infiammazione cronica
può essere vista anche come un fattore di rischio per lo sviluppo
di diabete di tipo 2.
Abbiamo studiato le concentrazione seriche di proteina C reattiva (PCR),
di fibrinogeno e dell'inibitore-1 dell'attivatore del plasminogeno (PAI-1)
in 1047 soggetti non diabetici, di età compresa tra i 54 e i 58
anni, cercando di correlare i dati ottenuti all'incidenza della comparsa
di diabete di tipo 2 nell'arco di 5 anni, nell'ambito dello studio IRAS
(Insulin Resistance Atherosclerosis Study).
Durante il follow-up 144 pazienti hanno sviluppato diabete di tipo 2;
in questi soggetti abbiamo riscontrato, nei confronti dei soggetti non
diabetici, livelli superiori di fibrinogeno (287,8 mg/dL vs 275,1; p=0,013),
di proteina C reattiva (2,4 mg/dL vs 1,67; p=0,0001) e di PAI-1 (24 ng/mL
vs 16; p=0,0001). La odd ratio (OR) per la comparsa di diabete è
significativamente maggiore in quei soggetti con aumentati livelli plasmatici
dei marker dell'infiammazione. A differenza di quanto accade con il PAI-1,
l'associazione PCR, fibrinogeno e incidenza di diabete, risulta notevolmente
attenuata dopo aggiustamento per l'indice di massa corporea o la sensibilità
all'insulina, facilmente verificabile con un semplice test intravenoso
di tolleranza al glucosio.
In un modello logistico di regressione che include età, sesso,
etnia, anamnesi clinica, fumo, attività fisica, sensibilità
all'insulina, indice di massa corporea e una storia familiare di diabete,
il PAI-1 resta comunque correlato in modo significativo all'incidenza
del diabete di tipo 2 (OR per l'aumento di 1 deviazione standard: 1,61;
IC 95% 1,20-2,16; p=0,002).
L'infiammazione cronica emerge come un nuovo fattore di rischio per lo
sviluppo del diabete di tipo 2; la concentrazione ematica di PAI-1 predice
il diabete di tipo 2 indipendentemente dall'insulino-resistenza e dagli
altri fattori di rischio già noti.
COMMENTO
Numerosi studi sperimentali ed epidemiologici hanno dimostrato l'esistenza
di una relazione tra elevati livelli ematici di proteine marker di infiammazione
subclinica cronica e danno cardiovascolare. Si è poi ipotizzato
che diabete di tipo 2 e danno cardiovascolare aterosclerotico possano
avere un'origine comune, che vede coinvolti i processi infiammatori. I
marker dell'infiammazione, quali una conta elevata delle cellule bianche,
livelli elevati di fibrinogeno o bassi livelli di albumina, e i marker
dell'emostasi, come il fattore VIII, sono stati correlati allo sviluppo
di diabete di tipo 2.
Gli autori in questo lavoro hanno studiato la relazione tra PCR, fibrinogeno,
PAI-1 e incidenza di diabete di tipo 2 nell'arco di 5 anni, nell'ambito
dello studio IRAS (studio epidemiologico, multicentrico, finalizzato alla
valutazione delle relazioni tra insulino-resistenza, fattori di rischio
cardiovascolare e malattia in diversi gruppi etnici ed in presenza di
differenti stadi di intolleranza al glucosio).
Nel corso dello studio 144 pazienti hanno sviluppato diabete di tipo 2;
in questi soggetti sono stati riscontrati livelli basali dei tre marker
di infiammazione valutati superiori rispetto ai soggetti che non hanno
sviluppato la malattia, con un aumento significativo delle probabilità
di comparsa di diabete.
Le relazioni tra proteina C reattiva, fibrinogeno e incidenza di diabete
però non sono più statisticamente significative nel momento
in cui si va ad eliminare il peso dei fattori di rischio per il diabete
di tipo 2, ovvero massa corporea, fumo, consumo di alcool, glicemia e
ipertensione. I livelli ematici di PAI-1 si dimostrano invece indipendenti
da questi fattori e ciò permette di considerare il PAI-1 come un
marker per il rischio di sviluppare diabete di tipo 2. Questa relazione
risulta inoltre più evidente nei soggetti con una tolleranza al
glucosio normale rispetto a quelli con una tolleranza alterata, legata
soprattutto alla sindrome di insulino-resistenza. Il PAI-1 sarebbe quindi
un marker potenziale per l'identificazione tra i soggetti con normale
tolleranza al glucosio, e quindi considerati generalmente a basso rischio,
di una popolazione con un alto di rischio di sviluppare diabete di tipo
2.
Il meccanismo che sta alla base della correlazione tra infiammazione cronica,
aumento della sintesi di PAI-1 e insorgenza di diabete è ancora
sconosciuto; si può ipotizzare che questa catena di eventi influenzi
la secrezione dell'insulina oppure l'insulino-resistenza o entrambe.
Ridurre i livelli di PAI-1 può rappresentare quindi una possibile
terapia finalizzata a diminuire il rischio sia cardiovascolare che di
diabete di tipo 2. In studi precedenti si era già osservato che
la metformina è in grado di ridurre la concentrazione plasmatica
di questa proteina. Inoltre due recenti trials hanno evidenziato la capacità
di un ACE-inibitore di agire non solo sui livelli di PAI-1 e sul danno
cardiovascolare, ma anche sull'incidenza di diabete di tipo 2. Questi
ultimi dati vanno certamente valutati con cautela, pur rappresentando
una conferma del ruolo prognostico del PAI-1 nella comparsa di diabete
di tipo 2.
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