INTERLEUKIN-18 IS STRONG PREDICTOR OF CARDIOVASCULAR DEATH
IN STABLE AND UNSTABLE ANGINA

Blankenberg Stefan; Tiret Laurence; Bickel Christoph; Peetz Dirk; Cambien Francois; Meyer Jurgen;
Circulation 2002; 105:143-149


RIASSUNTO

CONTESTO L'interleuchina-18 (IL-18) gioca un ruolo centrale nella regolazione della cascata delle citochine e in modelli animali accelera sia il processo aterosclerotico, sia la vulnerabilità della placca. Tuttavia mancano dati epidemiologici che valutino il ruolo dei livelli dell'IL-18 nell'aterosclerosi.
METODI In questo studio prospettico, condotto su 1229 pazienti con un danno coronarico documentato (CAD), sono state misurate le concentrazioni ematiche al basale di IL-18 e di altri marker dell'infiammazione. Durante il periodo del follow-up (mediana 3,9 anni), 95 pazienti sono deceduti per cause cardiovascolari.
RISULTATI Le concentrazioni seriche mediane di IL-18 sono risultate significativamente più alte tra i soggetti che avevano avuto un evento cardiovascolare fatale, piuttosto che tra gli individui che non avevano subito un tale danno (68,4 pg/mL vs 58,7 pg/mL; p<0.0001). Il rischio di un decesso cardiovascolare aumentava con l'aumento dei livelli di IL-18 (hazard risk ratio [HR] 1,46; IC 95%, 1,21-1,76; p<0.0001). Dopo aver aggiustato per i potenziali fattori di confondimento, inclusi le i marker dell'infiammazione IL-6, proteina C-reattiva (CRP) e fibrinogeno, questa correlazione rimaneva pressoché invariata, così i pazienti nel quartile più alto di IL-18 avevano un aumento dell'HR di 3,3 volte rispetto ai soggetti nel primo quartile (IC 95%, 1,3-8,4; p=0,01). Questa relazione è stata osservata sia in pazienti con angina stabile che in pazienti con angina instabile al basale.
CONCLUSIONI Il livello serico di IL-18 è stato identificato come un potente fattore indipendente, in grado di predire la morte per cause cardiovascolari in pazienti con CAD documentato, indipendentemente dallo stato clinico all'ammissione. Questo risultato supporta fortemente le recenti evidenze sperimentali di come l'infiammazione mediata dall'IL-18 porti ad una progressione della placca aterosclerotica e ad un aumento della sua vulnerabilità.

COMMENTO
I mediatori dell'infiammazione sono strettamente associati alla cascata degli eventi che portano alla nascita, allo sviluppo e a rottura della placca aterosclerotica. Queste osservazioni hanno indotto a considerare i numerosi marker dell'infiammazione come potenziali indicatori per predire il rischio cardiovascolare. L'IL-18, identificata inizialmente come un fattore che induce la sintesi di interferone gamma (IFN-gamma) nelle cellule di Kupffer e nei macrofagi, gioca un ruolo centrale nella cascata dell'infiammazione e nei processi di immunità sia innata che acquisita, soprattutto per la sua capacità di stimolare la sintesi di IFN-gamma nei linfociti T e T-killer. Si ritiene che questo meccanismo sia cruciale nella rottura della placca aterosclerotica. Inoltre l'IL-18 agisce in sinergia con l'IL-12 nel promuovere lo sviluppo di una risposta immunitaria T-helper.
Recentemente è stata osservato un aumento dell'espressione di IL-18 nelle placche aterosclerotiche, mediato localmente da rilascio di IFN-gamma. Inoltre i modelli animali confermano non solo il ruolo proaterogenico dell'IL-18 ma anche l'effetto benefico dell'inibizione di questa interleuchina sulla progressione e sulla composizione della placca.
Sebbene uno studio precedente abbia evidenziato livelli elevati di IL-18 in pazienti con infarto acuto del miocardio, non esistono dati su un impatto prognostico dell'IL-18 per eventi cardiovascolari futuri.
Gli autori di questo lavoro hanno cercato di capire se i livelli plasmatici di IL-18 al basale potevano essere predittivi per futuri eventi cardiovascolari fatali in pazienti con CAD. In particolare lo scopo è stato quello di studiare il potere predittivo dell'IL-18 confrontata con gli altri marker dell'infiammazione cronica. La prima osservazione riguarda l'aumento delle concentrazioni plasmatiche di IL-18 in quei soggetti che, durante il follow-up, hanno subito un evento cardiovascolare fatale, rispetto agli altri pazienti (68,4 vs 58,7 pg/mL, p<0,0001). Successivamente si è potuto constatare come ogni incremento al quintile dei valori basali di IL-18, corrisponda ad un aumento di 1,46 volte del rischio di morte cardiovascolare (95% IC 1,21-1,76; p<0,0001), sia nei pazienti con angina stabile che in quelli con angina instabile. Approfondendo lo studio nel sottogruppo dei pazienti con angina instabile, è stato osservato che le concentrazioni plasmatiche di CRP, di IL-6 e di fibrinogeno erano correlate con i livelli di troponina I. Ciò indica che, in presenza di una sindrome coronarica acuta, l'aumento dei valori di CRP potrebbe derivare anche da necrosi del miocardio. Invece i livelli di IL-18 non risultavano essere correlati con quelli della troponina I, suggerendo che l'aumento di questo marker non è la conseguenza a livello della lesione delle ridotte perfusione o riperfusione.
Poiché l'espressione del gene che codifica per l'IL-18 è stimolata sia dalle citochine proinfiammatorie che dai lipopolisaccaridi, le infezioni potrebbero essere considerate come "segnali" a distanza dell'IL-18, che rappresenterebbe così un potenziale legame tra precedenti infezioni ed eventi cardiovascolari futuri in pazienti con CAD. In conclusione possiamo affermare che questi risultati forniscono evidenze per una nuova strategia terapeutica per la stabilizzazione della placca attraverso l'inibizione della produzione o della attività dell'IL-18.