EFFECTS
OF STATINS ON NONLIPID SERUM MARKERS ASSOCIATED WITH CARDIOVASCULAR DISEASE: A
SYSTEMATIC REVIEW Balk EM, Lau J, Goudas LC, Jordan HS, Kupelnick B, Kim LU,
Karas RH Annals of Intern Med 2003; 139:670-682
RIASSUNTO CONTESTO
Le statine riducono gli eventi cardiovascolari di un'entità tale che non
può essere spiegata soltanto con una loro azione sui lipidi plasmatici. OBIETTIVO
Valutare gli effetti delle statine su marker serici non lipidici correlandoli
con i livelli plasmatici dei lipidi circolanti e gli esiti cardiovascolari. METODI
Inizialmente è stata fatta una ricerca su MedLine, limitata al periodo
1980-2003, e ai soli articoli in lingua inglese. Successivamente sono stati selezionati
gli studi che avevano arruolato almeno 10 soggetti di cui erano noti tutti i dati
riguardanti l'effetto delle statine sugli eventi patologici di interesse, mentre
invece sono stati esclusi i lavori condotti con cerivastatina, con combinazioni
di farmaci e in pazienti trapiantati. I dati riguardanti il disegno dello studio,
le dimensioni del campione, la terapia farmacologica e gli eventi sono stati estrapolati
sulla base di criteri prestabiliti. RISULTATI Dalla meta-analisi condotta
è emerso che tutte le statine sono efficaci nel ridurre le concentrazioni
plasmatiche di proteina C-reattiva (PCR) e che l'effetto non è dose-dipendente.
Gli studi non dimostrano una correlazione tra azione sui livelli di PCR e lipidi
circolanti o eventi cardiovascolari. Le statine non modificano le concentrazioni
plasmatiche di fibrinogeno; dati, seppure limitati, suggeriscono una modesta azione
sull'ossidazione dei lipidi, sull'attivatore del plasminogeno tissutale o sull'inibitore
dell'attivatore del plasminogeno. Le informazioni sull'aggregazione piastrinica
risultano incomplete. CONCLUSIONI Tra i marker serici non lipidici esaminati,
soltanto i valori di PCR sono stati modificati in modo significativo dal trattamento
con statine. Questi risultati suggeriscono che gli effetti antinfiammatori mediati
dalle statine possono contribuire alla loro capacità di ridurre il rischio
di eventi cardiovascolari. Tuttavia i dati disponibili sono insufficienti per
poter supportare la raccomandazione di valutare i marker serici non lipidici,
nella scelta della terapia con statine, per ogni singolo paziente. COMMENTO Negli
ultimi dieci anni gli inibitori dell'Idrossi-Metil-Glutaril CoA (HMG-CoA) reduttasi
(comunemente detti statine) hanno avuto il sopravvento come una delle classi di
farmaci più efficaci nel ridurre il rischio di malattia cardiovascolare
(CVD). Numerosi studi, ampi, randomizzati e controllati hanno dimostrato che le
statine abbassano in modo statisticamente significativo il rischio di CVD sia
in prevenzione primaria che secondaria. La maggior parte dei lavori si è
concentrata sull'efficacia di questi farmaci nel ridurre gli elevati livelli di
colesterolo LDL circolante. Più recentemente, tuttavia, è cresciuto
l'interesse dei ricercatori verso l'ipotesi secondo cui alcuni dei benefici clinici
delle statine siano da attribuire ai loro effetti detti "pleiotropici"
che non risultano direttamente correlati all'azione ipolipemizzante. Un supporto
a questa ipotesi viene da diverse ricerche. Primo, studi in vitro hanno chiaramente
dimostrato l'azione lipidi-indipendente delle statine su sistemi che risultano
potenzialmente rilevanti nella patogenesi dell'aterosclerosi. La lista degli effetti
non lipidici delle statine si allunga ed include fenomeni come la diminuzione
dell'espressione o dell'attività di elementi infiammatori, l'aumento della
funzione endoteliale e la diminuzione dell'espressione delle metalloproteinasi
di matrice. Secondo, recenti dati clinici suggeriscono che le statine possono
ridurre il rischio di CVD anche in soggetti con bassi livelli di colesterolo LDL.
Terzo, i ricercatori riconoscono sempre più l'importanza dei fattori non
lipidici nella patogenesi dell'aterosclerosi, inclusi i modulatori della trombosi,
della trombolisi e dell'infiammazione. Gli autori di questo lavoro hanno realizzato
una recensione sistematica della letteratura che considera gli effetti delle statine
sui livelli serici di sette marker non lipidici associati al rischio di malattia
cardiovascolare (CVD), concentrandosi su tre domande: (1) le statine, intese come
classe di farmaci, hanno un effetto sui marker serici non lipidici , e, se così,
ci sono differenze negli effetti delle varie statine su ciascuno di questi markers?
(2) esiste una correlazione tra azione delle statine sui lipidi plasmatici circolanti
ed effetti sui marker non lipidici? (3) le alterazioni indotte dalle statine sui
marker serici non lipidici predicono cambiamenti negli eventi cardiovascolari? I
ricercatori hanno condotto su MedLine, una ricerca sistematica di pubblicazioni
in lingua inglese relative al periodo 1980-2002 riguardanti le statine, che ha
generato un numero finale di 104 lavori che hanno come oggetto di ricerca 5 differenti
statine (atorvastatina, fluvastatina, pravastatina, simvastatina, lovastatina).
Sono stati esclusi gli studi che coinvolgevano pazienti trapiantati, gli studi
sulla cerivastatina, su una terapia combinata di statine e su altri farmaci ipolipemizzanti,
gli studi che includevano meno di 10 pazienti trattati con statine e quelli in
cui non era stata considerata la variazione nell'incidenza degli eventi. Successivamente
sono stati scelti 7 marker serici da una lista approssimativa di 90 possibili
marker di CVD, in base alla loro potenziale rilevanza clinica: proteina C-reattiva
(PCR), fibrinogeno, omocisteina, colesterolo LDL, attivatore del plasminogeno
tessutale, inibitore dell'attivatore del plasminogeno e aggregazione piastrinica. Dai
numerosi studi randomizzati analizzati è emersa l'importanza della terapia
con statine per ridurre il rischio di malattia cardiovascolare (CVD). Si è
osservato anche come molti pazienti con eventi cardiovascolari non presentino
livelli elevati di colesterolo LDL. Ciò suggerisce che le attuali strategie
di prevenzione di CVD basate sulle statine necessitano di future revisioni per
poter meglio identificare i pazienti a rischio di CVD, selezionare quelli che
traggono o non traggono benefici dal trattamento con statine e guidare il grado
di aggressività dell'intervento. Nell'ambito dei marker esaminati, dati
consistenti supportano un effetto statisticamente significativo delle 5 statine
considerate solo sui livelli di PCR. In particolare alcuni dati dimostrano che
le statine hanno un effetto positivo nei soggetti con elevati livelli di questo
marker. Interessante notare come individui con basso colesterolo LDL ma alti livelli
di PCR abbiano un beneficio dal trattamento con questi farmaci, in particolare
con lovastatina, beneficio che però non si ripresenta nei soggetti con
alti livelli sia di colesterolo LDL che di PCR. Questi risultati hanno implicazioni
importanti di nella pratica clinica; la più importante è quella
di individuare pazienti a rischio di CVD che potrebbero trarre beneficio da un
trattamento con statine che, altrimenti, non verrebbe prescritto sulla base dei
loro profili lipidici. E' tuttavia prematuro, anche nel caso della PCR, raccomandare
la valutazione della sua concentrazione plasmatica per monitorare la risposta
di un singolo paziente alla terapia con statine o per titolare il dosaggio del
farmaco. |