CONCEPTUAL
FOUNDATIONS OF THE UCSD STATIN STUDY. A Randomized Controlled Trial Assessing
the Impact of Statins on Cognition, Behavior and Biochemistry
Golomb BA, Criqui MH, White H, Dimsdale JE
Arch Intern Med 2004; 164:153-162
RIASSUNTO
CONTESTO Le statine sono tra i farmaci per ridurre il colesterolo
più prescritti negli Stati Uniti. I loro benefici cardiaci sono
ben documentati. Tuttavia esiste una controversia sui possibili effetti
benefici o dannosi delle statine o della riduzione del colesterolo sulle
capacità cognitive e sul comportamento del soggetto in terapia
(incluse reazioni aggressive o violente).
METODI E' stato preso in considerazione tutto quanto presente in
letteratura riguardante la correlazione tra colesterolo o statine e siti
d'azione non cardiaci, incluso il legame tra statine (o colesterolo) e
capacità cognitive, aggressività e serotonina.
RISULTATI Sono emerse evidenze che permettono di ipotizzare sia
effetti positivi che negativi delle statine o di un basso livello di colesterolo.
Una parte sostanziale della letteratura correla bassi livelli di colesterolo
ad un comportamento aggressivo; studi randomizzati sulle statine non supportano
però tale correlazione, anche se in realtà nessuno di questi
è stato disegnato per tale scopo. Un numero limitato di report
suggerisce una associazione tra riduzione dei livelli di colesterolo e
valori ridotti di serotonina.
CONCLUSIONI Sono necessari dati di trials randomizzati e controllati
per poter chiarire l'impatto delle statine sull'aspetto cognitivo, comportamentale
e sui livelli di serotonina dei soggetti in terapia, come anche sui rischi
e impatto sulla qualità della vita di un'azione di questi farmaci
su siti non cardiaci.
COMMENTO
Gli inibitori dell'idrossi-metil-glutaril CoA reduttasi (statine) sono
farmaci ampiamente prescritti e con benefici a livello cardiaco innegabili.
Tuttavia ci sono delle questioni che riguardano possibili effetti non
cardiaci delle statine, tra cui quelli a livello del sistema nervoso centrale
(SNC) che potrebbero avere gravi conseguenze sullo stile di vita dei pazienti
in trattamento.
In questo lavoro gli autori hanno condotto un'analisi dei dati estrapolati
da diversi studi con l'obiettivo di verificare se le statine possano portare,
a lungo termine, ad una riduzione della funzionalità cognitiva,
ad un aumento dell'irritabilità e se tutto ciò sia mediato
da una diminuzione dei livelli di serotonina a livello centrale.
Da un lato sono emersi alcuni meccanismi in grado di spiegare un'azione
positiva delle statine sulle capacità cognitive dei soggetti: (1)
una prima osservazione riguarda il ruolo del colesterolo nella produzione
di beta-amiloide nel morbo di Alzheimer, la cui inibizione mediata dalle
statine potrebbe essere vista come un meccanismo di protezione contro
questa patologia; (2) le statine proteggono dall'ictus non fatale mediante
riduzioni della pressione sanguigna, effetti antitrombotici, aumento dell'ossido
nitrico endoteliale con aumento della perfusione cerebrale; un aspetto
da non dimenticare è che l'ictus o ischemia cerebrovascolare è
la causa principale di perdita cognitiva negli anziani. Attraverso questi
meccanismi le statine potrebbero esplicare un'azione protettiva a carico
del SNC.
Alcuni studi hanno proposto invece effetti dannosi delle statine a carico
delle capacità cognitive, partendo da alcune osservazioni di base:
(1) il colesterolo è fondamentale per le funzioni vitali del cervello,
in particolare quello prodotto dalle cellule gliali che sembra essere
fondamentale per la formazione delle sinapsi che contribuiscono alla memoria
e alla cognizione di una persona; (2) il colesterolo è coinvolto
direttamente nella funzione mitocondriale e nella respirazione cellulare
e indirettamente attraverso il suo effetto sul coenzima Q10 (CoQ10). Un
basso livello di colesterolo risulta associato ad un basso livello di
CoQ10 e le statine producono una riduzione dose-dipendente della concentrazione
di CoQ10. Bassi livelli di CoQ10 sono stati correlati ad encefalomiopatie.
Studi di piccole dimensioni (<25 soggetti per gruppo) e di breve durata
(4-6 settimane) non hanno evidenziato effetti cognitivi, mentre da un
ampio trial randomizzato (192 gruppi) e della durata di 6 mesi è
emerso che lovastatina (20 mg/die) rispetto al placebo riduceva la performance
dei pazienti nei test di attenzione (p=0,03) e nella velocità psicomotoria
(p=0,03).
Inoltre numerosi studi sia osservazionali che sperimentali, hanno correlato
l'uso delle statine negli uomini e negli animali ad una più bassa
pressione sanguigna sia diastolica che sistolica. Nel caso di soggetti
ipertesi questo meccanismo potrebbe tradursi in un effetto protettivo
della capacità cognitiva (riducendo il rischio di ictus attraverso
il miglioramento del controllo pressorio), mentre una più bassa
pressione diastolica, al contrario, predispone ad un accelerazione del
declino cognitivo e dello sviluppo di depressione nei soggetti anziani,
fino ad arrivare alla morte. Questo meccanismo potrebbe, se verificato,
essere responsabile di tale neurodegenerazione, indipendentemente dalla
capacità del farmaco di passare o meno la barriera ematoencefalica
ed arrivare a livello del SNC.
In molti studi condotti sugli uomini e sui primati è stata osservata
una specifica correlazione tra bassi livelli di colesterolo e ridotta
attività della serotonina; in particolare due analisi osservazionali
hanno evidenziato una associazione positiva tra le concentrazioni di colesterolo
e di serotonina periferica (p=0,059). Gli animali con basso valore di
serotonina risultano più aggressivi; negli uomini si osserva un
aumento oltre che dell'aggressività, anche dei casi di suicidio,
omicidio e di episodi di incendio doloso.
L'impiego di statine è ormai in continuo aumento e in questo contesto
diventa di fondamentale importanza riuscire a comprendere l'intero range
degli effetti di questi farmaci, sia quelli sul cuore che quelli non cardiaci,
siano essi benefici o dannosi. Solo così si potrà poi stabilire
chi, durante il trattamento, dovrà essere monitorato con particolare
attenzione.
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