SILDENAFIL
INHIBITS BETA-ADRENERGIC-STIMULATED CARDIAC CONTRACTILITY IN HUMANS
Borlaug BA, Melenovsky V, Marhin T, et al.
Circulation 2005; 112:2642-9
Sildenafil inibisce l'attività della fosfodiesterasi-5 (PDE5A)
che porta ad un innalzamento dei livelli di cGMP intracellulare e all'induzione
della vasodilatazione. Questo effetto ne ha suggerito l'utilizzo nel trattamento
della disfunzione erettile. Sebbene la sua influenza sulla funzionalità
cardiaca a riposo è sempre sembrata minima, studi recenti sugli
animali suggeriscono che sildenafil possa avere potenti effetti sul cuore
sottoposto a stimolazione beta-adrenergica o da sovraccarico pressorio.
Obiettivo del presente studio era valutare se sildenafil fosse in grado
di smorzare lo stimolo da dobutamina sulla funzione cardiaca negli esseri
umani.
Lo studio, randomizzato, in doppio-cieco, controllato, ha riguardato 35
volontari sani che sono stati assegnati in modo casuale a ricevere sildenafil
(100 mg; n=19) o placebo (n=16).
L'inibizione dell'enzima PDE5A da parte del sildenafil ha prodotto uno
smussamento delle risposte sistoliche alla stimolazione beta-adrenergica
e non ha alterato significativamente le modificazioni diastoliche indotte
da dobutamina.
Questi risultati indicano che l'intera classe di inibitori della PDE5A
potrebbe avere un potenziale utilizzo farmacologico per il trattamento
cronico dell'insufficienza cardiaca (HF). In particolare potrebbero essere
usati in quei pazienti che presentano i sintomi dell'HF, ma hanno ancora
preservata la funzionalità sistolica. Questi soggetti rappresentano
il 40% circa dei malati di HF e non sono disponibili terapie specifiche.
Nell'editoriale che accompagnava la pubblicazione si diceva che un ruolo
della PDE5A nella funzionalità dei cardiomiociti ha cominciato
a delinearsi negli studi preclinici. Questo lavoro modifica il pensiero
corrente riguardo gli inibitori dell'enzima; esso mostra che negli esseri
umani la PDE5A diventa più importante quando il cuore è
sottoposto a stress. Tuttavia la sperimentazione è stata condotta
su trentenni sani e il risultato ottenuto deve essere verificato in persone
anziane con morbilità, quali diabete e malattie vascolari.
Chiaramente il vero obiettivo sarebbe che questa classe di farmaci possa
essere efficace cronicamente sulle malattie associate all'alta pressione
arteriosa e al rimodellamento del cuore. Potrebbero far regredire una
esistente ipertrofia?
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