L'EMEA AUTORIZZA UN NUOVO FARMACO CONTRO IL DIABETE DI TIPO 2



Fonte: EMEA. 30 luglio 2008


L'EMEA ha approvato la commercializzazione di Janumet, che associa sitagliptin e metformina, nel trattamento del diabete di tipo 2. In Italia sarà venduto a partire dal 2009.

Janumet è stato approvato in aggiunta alla dieta e all'esercizio fisico, per migliorare il controllo della glicemia nei pazienti adulti con diabete di tipo 2 che non sono adeguatamente controllati con metformina o con sitagliptin da soli.
Janumet non dovrebbe essere impiegato nei pazienti con diabete di tipo 1 o nel trattamento della chetoacidosi diabetica.
Janumet non dovrebbe essere somministrato nei pazienti con malattia epatica. Prima di iniziare il trattamento con Janumet dovrebbe essere eseguito un test di funzionalità renale, ed il farmaco dovrebbe essere somministrato solo ai pazienti con normale funzione renale.
I pazienti trattati con Janumet, che presentano alterazioni dei test di laboratorio o manifestano segni clinici, dovrebbero essere prontamente esaminati per l'individuazione di chetoacidosi o acidosi lattica. L'incidenza di acidosi lattica nei pazienti trattati con metformina è bassa (circa 0,03 casi per 1000 pazienti -anno, con 0,015 casi fatali ogni 1000 pazienti-anno. Il 50% dei casi di acidosi lattica è ad esito fatale.

Sitagliptin è un farmaco anti-iperglicemico di una nuova classe (inibitori delle dipeptidil peptidasi-4); agisce inibendo la degradazione delle incretine (glucagon-like peptide-1 (GLP-1) e glucose-dependent insulinotropic polypeptide (GIP), ed aumentando i livelli di GLP-1 aumenta la secrezione di insulina da parte delle beta-cellule pancreatiche in risposta al glucosio. Sitagliptin inoltre sopprime la secrezione di glucagone, inappropriatamente elevata nel diabete tipo 2, che contribuisce al mantenimento dell'iperglicemia. Peraltro, sitagliptin non sopprime la risposta del glucagone all'ipoglicemia, fattore protettivo in condizioni di bassi livelli glicemici.
Infine sitagliptin produce un rallentamento delle svuotamento gastrico e dell'afflusso di carboidrati in circolo nella fase postprandiale.
Attraverso questi meccanismi, il farmaco si è dimostrato utile nel favorire il compenso metabolico in soggetti con diabete tipo 2 in fallimento con metformina o glitazoni, con risultati non inferiori a quelli ottenibili con le sulfoniluree sull'end-point surrogato dell'Hb glicata. Tra gli altri fattori positivi, si segnala una diminuzione della glicemia post-prandiale ed un effetto neutro sul peso (cui può contribuire un ritardo dello svuotamento gastrico). Infine, il trattamento non necessita di aggiustamenti posologici e comporta un rischio di ipoglicemia inferiore a quanto riportato con l'associazione di insulino-sensibilizzanti e sulfoniluree. (Fonte: AIFA)

Nonostante vi siano ancora incertezze riguardo il meccanismo d'azione, alcuni aspetti associati all'uso di metformina nel paziente diabetico sono evidenti: metformina non stimola la secrezione di insulina, non induce ipoglicemia quando usata in monoterapia e non fa ingrassare. Tutto ciò è utile nel tipico paziente diabetico di tipo 2, obeso e con insulino-resistenza. I meccanismi proposti per spiegare l'effetto ipoglicemizzante di metformina sono essenzialmente due: inibizione della produzione epatica di glucosio, e stimolazione della captazione periferica (muscolare) del glucosio. La massima efficacia farmacologica di metformina in genere si ottiene per dosaggi di 2000 mg/die. La riduzione dei livelli plasmatici di glucosio a digiuno nei pazienti diabetici in trattamento con metformina è simile a quella riscontrabile durante trattamento con sulfoniluree. Il decremento della glicemia è tanto più marcato quanto più elevati sono i livelli glicemici di partenza. La metformina è più idonea al trattamento dei pazienti diabetici obesi e iperinsulinici, anche se la potenza dell'effetto ipoglicemizzante resta simile nei pazienti obesi e non obesi.

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