Oggi in Italia
1 cittadino su 10 sceglie di acquistare il farmaco generico. Un risultato
incoraggiante, se si considera che dieci anni fa, quando questi medicinali
erano appena stati introdotti nel nostro Paese e li utilizzava solo 1
paziente su 100.
Oggi solo per il 13% dei principi attivi in commercio esiste il generico
corrispondente, come alternativa per il paziente. Eppure, in dieci anni,
si è passati da 17 milioni di confezioni di generici vendute ai
189,47 milioni del 2009.
Questi sono solo alcuni dei dati che emergono dal nuovo volume "Farmaco
Generico, un cammino lungo dieci anni. I protagonisti si raccontano",
che ripercorre la storia dei medicinali unbranded dal loro ingresso ufficiale
in Italia, con la legge 405 nel 2001, fino ai giorni nostri. Realizzata
con il patrocinio di Assogenerici e il contributo incondizionato di Teva-ratiopharm,
la pubblicazione è stata presentata a Milano, durante un convegno
cui hanno partecipato rappresentanti dell'Antitrust, dell'industria, della
comunità scientifica e delle Associazioni consumatori.
Una storia, quella del farmaco generico nel Bel Paese, spesso contrastata
e difficile, contrassegnata da uno sviluppo lento ma costante. Siamo però
ancora lontani dalla media di utilizzo europea, secondo cui 5 pazienti
su 10 si curano con questi medicinali.
"I farmaci generici hanno avuto un percorso molto faticoso in Italia,
per la presenza di leggi che hanno allungato il periodo della brevettabilità
per molti medicinali", ha esordito Silvio Garattini, Direttore dell'Istituto
di Ricerche Farmacologiche Mario Negri. "Inoltre il nome di 'farmaco
generico' pone dubbi e difficoltà. Infine, gli interessi delle
industrie che producono farmaci con brevetto cercano di screditare i medicinali
generici, come se fossero farmaci di serie B. In realtà, è
dimostrato che i prodotti generici sono comparabili ai prodotti di marca".
Gli sforzi per creare una cultura del generico sono stati molti, a partire
dal cambio di nome in "equivalenti" - voluto dalla legge Storace
del 2005, per accreditare meglio questa categoria di farmaci - fino alle
campagne di informazione ministeriali del 2001 e quella dell'AIFA del
2007, alla quale hanno partecipato anche le Associazioni a difesa del
paziente.
"La situazione è sicuramente cambiata rispetto a dieci anni
fa - ha spiegato Giorgio Foresti, Presidente e Amministratore Delegato
di Teva Italia nonché Presidente di Assogenerici - e oggi in alcune
importanti aree terapeutiche, come quella cardiovascolare, i farmaci betabloccanti
generici toccano quota 20% a volumi. Se consideriamo la classe degli inibitori
di pompa, tra cui il lansoprazolo, arriviamo al 30%. I cittadini hanno
ormai preso coscienza che si tratta di medicinali di qualità elevata
e, in più, convenienti: credo che gli italiani siano ormai culturalmente
preparati al generico; in un certo senso, sono ora più 'pronti'
dei loro stessi medici. È una realtà con la quale i prescrittori
dovrebbero confrontarsi al più presto".
La conferma arriva dal 44esimo Rapporto Censis, che attesta come oltre
la metà degli italiani (il 53,3%) abbia intensificato nel 2009
il ricorso ai farmaci fuori brevetto, ormai consapevole del risparmio
che queste opzioni terapeutiche sono in grado di offrire.
E qual è l'atteggiamento dei medici di base nei confronti di questi
prodotti? Nel primo semestre 2010, il 15,3% dei medicinali su prescrizione
rimborsati dal SSN (classe A) è stato unbranded, con punte del
18,7% in Emilia, per arrivare al 22,4% nella Provincia Autonoma di Trento.
Emerge ancora un notevole divario tra Nord e Sud Italia, dove troviamo
Regioni meno virtuose come la Calabria (10%), o la Campania (11%).
La situazione, comunque, dovrebbe migliorare ulteriormente, nei prossimi
due anni: entro il 2013, scadranno i brevetti di numerosi altri farmaci
etici, consentendo così l'introduzione di nuovi medicinali equivalenti
sul mercato.
"Per il medico - ha spiegato Claudio Cricelli, Presidente della Società
Italiana di Medicina Generale - non esistono farmaci vecchi e nuovi, ma
solo farmaci efficaci. La scadenza brevettuale, se riguarda farmaci noti
ed efficaci, conferisce uno straordinario valore aggiunto a prodotti medicinali
di comprovata efficacia. La diminuzione di prezzo moltiplica infatti il
valore dei farmaci equivalenti. Possiamo permetterci di curare le stesse
condizioni cliniche ad un prezzo di gran lunga inferiore. Si liberano
risorse per l'innovazione terapeutica, si consente al sistema di sostenere
il carico della cronicità e della popolazione anziana. Se è
consentito un parallelo, possiamo continuare a godere della lettura dei
classici, che sono per definizione intramontabili, in edizione economica
con una piccola spesa".
"È necessario - ha continuato Foresti - promuovere ancora
l'utilizzo del generico, perché il risparmio che si prospetta nei
prossimi anni per il SSN, ma anche per il cittadino, è notevole.
Dobbiamo sviluppare una vera cultura del farmaco equivalente, educando
e informando i consumatori, i medici e i farmacisti. La sfida va affrontata
con una visione sinergica e un'assunzione di responsabilità da
parte di tutti. Anche le aziende del comparto ritengo debbano dare il
proprio contributo. Con l'acquisizione di ratiopharm, Teva è diventata
leader del settore e ora è chiamata ancor più a contribuire
alla diffusione di una corretta informazione sul tema, per garantire ai
cittadini l'accesso alle cure essenziali, nel rispetto dei tetti stabiliti
per la spesa farmaceutica. E' con questo obiettivo che abbiamo voluto
offrire il nostro supporto alla realizzazione del libro presentato oggi".
"L'introduzione del farmaco equivalente in Italia - ha dichiarato
Andrea Mandelli, Presidente della Federazione degli Ordini dei Farmacisti
Italiani - ha rappresentato un momento di innovazione e di riallineamento
al resto d'Europa, di cui il farmacista è stato senz'altro un protagonista,
a cominciare dall'opera quotidiana di educazione del paziente. Evidentemente,
il settore non ha ancora espresso le potenzialità dimostrate negli
altri Paesi avanzati. Per raggiungere questo obiettivo, occorre una politica
del farmaco capace di incentivare le scelte virtuose, ma anche di destinare
i frutti della razionalizzazione della spesa a favore della ricerca e
dell'innovazione interne al comparto del farmaco. Un Paese avanzato ha
bisogno degli equivalenti per fronteggiare l'aumento della spesa, determinato
in primo luogo dall'invecchiamento della popolazione, ma anche di promuovere
e sostenere la ricerca di nuovi farmaci, capaci di rispondere alla crescente
domanda di salute".
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