Autori: |
The
HOPE study investigators
Contatto: Dr Salim Yusuf, Canadian Cardiovascular Project Office,
Hamiltin General Hospital, 237 Barton St E, Hamilton, Ontario ON,
L8L 2X2, Canada.
hope@ccc.mcmaster.ca |
Bibliografia: |
Can
J Cardiol 1996; 12:127-137
New Eng J Med 2000; 342:145-153
Lancet 2000; 355: 253-259 |
Disegno: |
Studio
randomizzato, controllato verso placebo, fattoriale 2x2 e multicentrico. |
Trattamenti: |
Ramipril
(2,5 mg per 1 settimana, 5 mg per 3 settimane, poi 10 mg + Vitamina
E) o Vitamina E (400 U/die) o Placebo + Vitamina E, o Placebo.
Follow-up di 4-6 anni |
Scopo: |
Verificare
l'efficacia di due trattamenti, Ramipril (ACE-inibitore) e Vitamina
E (antiossidante naturale), nella prevenzione dell'infarto miocardico,
dell'ictus e della morte CV, correlate ad ischemia e aterosclerosi. |
Campione: |
Età:
>55 anni
Sesso: maschi e femmine
Criteri di inclusione: pazienti ad alto rischio per eventi
cardiovascolari (IMA e ictus), con nota patologia coronarica pregressa
o vasculopatia periferica o ictus e pazienti con diabete e almeno
un fattore di rischio coronarico
Criteri di esclusione: nota frazione di eiezione bassa (<40%),
scompenso cardiaco, ipertensione non controllata, nefropatia, IMA
o ictus entro le 4 settimane dall'inizio dello studio. |
End
points: |
Primari:
un composito di mortalità cardiovascolare, ictus e IMA
Secondari: mortalità per tutte le cause, IMA non fatale,
morte cardiaca, ictus. |
(New
England Journal of Medicine, 2000; 342:145-153)
Riassunto
Introduzione Gli inibitori dell'enzima di conversione dell'angiotensina
migliorano la guarigione di pazienti con disfunzione ventricolare sinistra,
sia che abbiano o no scompenso cardiaco. E' stato valutato il ruolo di
un ACE-inibitore, il ramipril, in pazienti ad alto rischio per eventi
cardiovascolari, ma che non avevano disfunzione ventricolare sinistra
o scompenso cardiaco.
Metodi Sono stati arruolati 297 pazienti, avviati ai trattamenti,
come descritto sopra, e seguiti per una media di 5 anni.
Risultati A causa del disegno fattoriale, tutte le analisi sono
state stratificate per la randomizzazione con vitamina E o placebo. 651
pazienti assegnati al trattamento con ramipril (14%) hanno raggiunto l'end
point primario, se comparati agli 826 pazienti in placebo (17,8%) (RR
0,78; IC 95% 0,7-0,86; p<0,001). Il trattamento con ramipril ha ridotto
il tasso di morte per cause cardiovascolari (6,1% vs 8,1% con placebo;
RR 0,74; p<0,001), di IMA (9,9% vs 12,3%; RR 0,8; p<0,001), di ictus
(3,4% vs 4,9%; RR 0,68; p<0,001), di morte per tutte le cause (10,4%
vs 12,2%; RR 0,84; p=0,005), di procedure di rivascolarizzazione (16,0%
vs 18,3%; RR 0,85; p=0,002), di arresto cardiaco (0,8% vs 1,3%; RR 0,63;
p=0,03), di scompenso cardiaco (9% vs 11,5%; RR 0,77; p<0,001) o di
complicanze correlate al diabete (6,4% vs 7,6%; RR 0,84; p=0,03). La pressione
arteriosa è risultata ridotta dal trattamento con l'ACE inibitore
di 3/2 mm Hg.
Conclusione Il ramipril riduce significativamente il tasso di mortalità
per tutte le cause, di IMA e di ictus in un ampio gruppo di pazienti ad
alto rischio cardiovascolare, di cui non è noto se abbiano scompenso
cardiaco o una frazione di eiezione bassa. Il risultato è simile
a quello ottenuto con altre misure di profilassi secondaria: b-bloccanti,
aspirina, statine. In più si osserva una riduzione del numero di
rivascolarizzazioni, scompensi, complicanze da diabete e nuovi casi di
diabete.
Commento
Lo Studio HOPE è stato interrotto prima del termine previsto, in
quanto un'analisi ad interim aveva evidenziato una riduzione statisticamente
significativa di tutti gli eventi considerati, in particolare di quelli
cardiovascolari, nel braccio di trattamento con ramipril, sia in assenza
che in presenza di vitamina E.
È di particolare interesse il fatto che un numero piuttosto ampio
tra i pazienti arruolati presentava una storia di malattia coronarica
(circa l'80%), che circa il 26% dei pazienti fossero donne e che circa
il 38% dei soggetti fossero affetti da diabete.
Il dato più rilevante di questo studio è il beneficio per
una serie di pazienti con vari fattori di rischio conseguente l'inibizione
dell'enzima di conversione dell'angiotensina. Si tratta di una osservazione
importante in quanto completa in modo chiaro quanto emerso da studi precedenti
in cui si era valutata l'efficacia del trattamento con altri ACE-inibitori
in pazienti che avevano frazione di eiezione bassa, scompenso cardiaco
o che avevano avuto un infarto del miocardio.
Il risultato che si ottiene con l'inibizione di questo enzima è
paragonabile a quanto osservato in prevenzione secondaria con altre classi
di farmaci, quali ad esempio i b-bloccanti, l'aspirina o le statine in
pazienti con caratteristiche simili a quelle descritte nel presente studio.
Un altro punto importante è che il beneficio in termini di riduzione
degli eventi si manifesta malgrado i pazienti arruolati siano già
in terapia con altri farmaci: circa il 66% erano trattati con aspirina,
il 40% con b-bloccanti, il 28% con farmaci ipolipemizzanti ed il 47% con
bloccanti dei canali del calcio, ad indicare quindi un effetto additivo
importante dell'ACE-inibitore rispetto alle altre terapie già presenti.
Al momento non è disponibile una sottoanalisi per gruppi che valuti
se il beneficio additivo del ramipril è più o meno grande
in funzione della specifica molecola in corso di assunzione.
Un altro punto di discussione nasce dall'osservazione che gli effetti
del ramipril sugli end points primari (25-30% di riduzione degli eventi
cardiovascolari) si accompagnano ad una riduzione marginale della pressione
arteriosa e potrebbero essere quindi riconducibili ad una specifica azione
degli ACE-inibitori a livello di cuore e vasi. Per esempio è noto
che gli ACE-inibitori possono interferire con l'attività dell'angiotensina
2 sulla vasocostrizione, la proliferazione della muscolatura liscia e
la rottura delle placche, possono portare al miglioramento della funzione
endoteliale, e ridurre l'ipertrofia ventricolare sinistra, ecc.
Infine è di notevole interesse la marcata riduzione dell'incidenza
delle complicanze correlate al diabete e dei nuovi casi di diabete. Questi
effetti possono essere in parte dovuti ad un miglioramento della sensibilità
periferica all'insulina, ad effetti anti-infiammatori e ad un migliorato
flusso sanguigno al pancreas e sono in buon accordo con dati emersi da
altri studi che utilizzano per esempio il captopril o pravastatina. Si
potrebbe ipotizzare che, una riduzione dei livelli dei principali fattori
di rischio (pressione arteriosa e/o colesterolemia) si associ ad una ridotta
progressione verso la malattia diabetica conclamata. Se confermata, questa
osservazione avrebbe una notevole rilevanza clinica, in quanto potrebbe
essere di supporto nella terapia della popolazione ad alto rischio di
sviluppare diabete. Un trattamento adeguato dei fattori di rischio concomitanti
potrebbe infatti ridurre l'incidenza a medio-breve termine di sviluppare
diabete nei pazienti predisposti, riducendo gli anni da diabetico nella
vita di questi soggetti.
(Lancet 2000; 355: 253-259)
Riassunto
Introduzione Il diabete mellito è un forte fattore di rischio
per le malattie cardiovascolari e renali. Si è voluto valutare
se il ramipril, un inibitore dell'enzima che converte l'angiotensina (ACE)
possa ridurre questi rischi in pazienti con diabete.
Metodi 3577 soggetti inclusi nello studio HOPE, di età ³55
anni, che avevano un evento cardiovascolare pregresso o almeno uno degli
altri fattori di rischio cardiovascolari importanti, senza proteinuria
clinica, scompenso cardiaco, o bassa frazione di eiezione e che non assumevano
già ACE-inibitori furono randomizzati al trattamento con ramipril
(10 mg/die) o placebo e vitamina E o placebo, secondo un disegno sperimentale
2x2 fattoriale. L'end-point primario combinato dello studio HOPE era infarto
miocardio, ictus o morte cardiaca. La nefropatia franca era il principale
end-point di questo sottostudio.
Risultati Lo studio è stato interrotto 6 mesi prima (dopo
4,5 anni di follow-up) per un consistente effetto benefico del farmaco
rispetto al placebo. Il rampril ha ridotto il rischio di end-point primario
combinato del 25% (95% IC 1236, p=0,0004), in particolare di infarto miocardico
del 22% (636), di ictus del 33% (1050), di morte cardiovascolare del 37%
(2151), di mortalità totale del 24% (837), di rivascolarizzazione
del 17% (230) e di nefropatia del 24% (340, p=0,027). Dopo aggiustamento
per la riduzione della pressione arteriosa sistolica (2,4 mm Hg) e della
pressione arteriosa diastolica (1,0 mm Hg) il ramipril continua a ridurre
il rischio degli eventi indicati dall'end-point primario del 25% (1236,
p=0,0004)
Commenti Il ramipril è risultato efficace nel ridurre gli
eventi cardiovascolari e la nefropatica franca nei soggetti diabetici.
Il beneficio cardiovascolare è maggiore di quello attribuibile
alla diminuzione osservata di pressione arteriosa. Questo trattamento
rappresenta un effetto protettivo del sistema vascolare e renale per pazienti
diabetici.
Commento
Lo studio MICROHOPE è un sottostudio dello studio HOPE legato specificamente
ai soggetti diabetici inclusi nello studio, privi di eventi cardiovascolari
e che avessero un altro fattore di rischio senza presentare però
proteinuria clinicamente evidente o un basso valore di frazione di eiezione.
Nel loro insieme i dati sono del tutto concordanti con quelli dello studio
generale, con riduzioni leggermente superiori per quanto riguarda gli
eventi. In particolare si nota una forte riduzione dell'evento primario,
rappresentato dagli eventi cardiovascolari (25%), dell'ictus (33%) e delle
morti cardiovascolari (37%). Inoltre la mortalità totale viene
ridotta in modo significativo di circa il 24%. Si conferma che il trattamento
con ACE-inibitori, malgrado produca una riduzione meno marcata della pressione
sistolica e diastolica rispetto ad altri antipertensivi, comporti benefici
in termini di riduzione degli eventi del tutto comparabile a studi nei
quali la riduzione della pressione osservata era molto più elevata,
a sostegno quindi di un effetto extra-pressorio di questi farmaci; questa
attività è probabilmente mediata dagli altri effetti che
l'angiotensina 2 può avere. 15 sono i soggetti da trattare per
prevenire un evento, sia esso un infarto, un ictus o una morte cardiovascolare,
un numero tale da giustificare ampiamente questa terapia in pazienti con
caratteristiche cliniche comparabili a quelle dei soggetti arruolati.
Inoltre i dati relativi agli eventi microvascolari sono del tutto analoghi
a quanto osservato in precedenza in seguito a terapia con ACE-inibitori
in soggetti con diabete di tipo 1 o 2.
Si può quindi concludere che una dose di ramipril, non necessariamente
titolata in funzione della efficacia sui livelli pressori, e che non ottiene
dunque un effetto ipotensivo marcato, produce buoni risultati in termini
di prevenzione delle malattie cardiovascolari.
|