CARDIOVASCULAR
MORBIDITY AND MORTALITY IN THE LOSARTAN INTERVENTION FOR ENDPOINT REDUCTION
IN HYPERTENSION STUDY (LIFE): A RANDOMISED TRIAL AGAINST ATENOLOL
Björn Dahlöf, Richard B. Devereux, Sverre E Kjeldsen, Stevo
Julius, Gareth Beevers, Ulf de Faire, Frej Fyhrquist, Hans Ibsen, Krister
Kristiansson, Ole Lederballe-Pedersen, Lars H Lindholm, Markku S. Nieminen,
Per Omvik, Suzanne Oparil, Hans Wedel, for the LIFE study group
Lancet 2002; 359:995-1003
RIASSUNTO
CONTESTO La riduzione della pressione arteriosa (PA) ottenuta con
i beta-bloccanti e i diuretici è il miglio intervento ad oggi registrato
per la prevenzione della morbilità cardiovascolare (CV) e della
morte nei pazienti ipertesi. L'ipertrofia ventricolare sinistra (LVH)
è un potente indicatore indipendente di rischio di morte e morbilità
CV. Lo scopo del nostro lavoro è stato quello di stabilire se un
blocco selettivo dell'angiotensina II sia in grado di migliorare l'LHV,
oltre all'azione ipotensiva e, di conseguenza, di ridurre l'incidenza
di patologie CV e di morte.
METODI Abbiamo condotto uno studio di intervento, randomizzato,
in doppio cieco, a gruppi paralleli in 9193 soggetti di età compresa
tra i 55 e gli 80 anni con ipertensione essenziale (PA a riposo 160-200
/ 95-115 mm Hg) e LHV, accertata all'ECG. I soggetti sono stati assegnati
ad un trattamento antipertensivo giornaliero con losartan o con atenololo
per almeno 4 anni o fino a 1040 pazienti con un evento CV primario (morte,
infarto miocardico o ictus). E' stata utilizzata la regressione di Cox
per confrontare i due trattamenti.
RISULTATI La PA è risultata ridotta di 30,2/16, 6 (DS 18,5/10,1)
e di 29,1/16,8 mm Hg (DS 19,2/10,1) nei gruppi con losartan e atenololo,
rispettivamente. L'end point primario composito si è verificato
in 508 soggetti con losartan (23,8 per 1000 pazienti/anno) e in 588 con
atenololo (27,9 per 1000 pazienti/anno; rischio relativo 0,87, IC 95%
0,77-0,98, p=0,021). 204 pazienti con losartan e 234 con atenolo sono
morti per cause CV (0,89, 0,73-1,07, p=0,206); 232 e 309, rispettivamente,
hanno avuto un ictus fatale o non fatale (0,75, 0,63-0,69, p=0,001); l'infarto
miocardico (fatale e non) è occorso in 198 e 188 rispettivamente
(1,07, 0,88-1,31, p=0,491). Nuovi casi di diabete sono stati meno frequenti
nel gruppo con losartan.
CARDIOVASCULAR MORBIDITY AND MORTALITY IN PATIENTS
WITH DIABETES IN THE LOSARTAN INTERVENTION FOR ENDPOINT REDUCTION IN HYPERTENSION
STUDY (LIFE): A RANDOMISED TRIAL AGAINST ATENOLOL
Lars H Lindholm, Hans Ibsen, Björn Dahlöf, Richard B. Devereux,
Gareth Beevers, Ulf de Faire, Frej Fyhrquist, Stevo Julius, Sverre E Kjeldsen,
Krister Kristiansson, Ole Lederballe-Pedersen, Markku S. Nieminen, Per
Omvik, Suzanne Oparil, Hans Wedel, Peter Aurup, Jonathan Edelman, Steven
Snapinn, for the LIFE study group
Lancet 2002; 359:1004-1010
RIASSUNTO
CONTESTO Il farmaco antipertensivo più idoneo per ridurre
il rischio di malattia CV in pazienti ipertesi e diabetici non è
ancora noto. In un'analisi predeterminata, abbiamo confrontato gli effetti
di losartan e atenololo sulla morbidità e mortalità CV nei
pazienti diabetici.
METODI Come parte dello studio LIFE, in uno studio in doppio cieco,
randomizzato, a gruppi paralleli, abbiamo assegnato ad un sottogruppo
di 1195 pazienti con diabete, ipertensione e LVH accertata all'ECG al
trattamento con losartan o atenololo. L'età media dei pazienti
era di 67 anni (SD 7) e la PA media di 177/96 mm Hg (DS 14/10) dopo un
periodo di run-in con placebo. Il follow-up è durato almeno 4 anni
(media 4-7 anni [1,1]). Abbiamo usato la regressione di Cox considerando
come covariate il punteggio di rischio secondo Framingham al basale e
la LVH per confrontare gli effetti dei farmaci sull'end point primario
composito di morbidità e mortalità CV (morte CV, ictus o
infarto miocardico).
RISULTATI La PA media scendeva a 146/79 mm Hg (DS 17/11) nei pazienti
trattati con losartan e a 148/79 mm Hg (DS 19/11) in quelli in trattamento
con atenololo. L'end point primario si è verificato in 103 pazienti
assegnati a losartan (n=586) e in 139 assegnati ad atenololo (n=609) (rischio
relativo 0,76; IC 95%; 0,58-0,98; p=0,031); 38 pazienti nel gruppo losartan
e 61 nel gruppo atenololo sono deceduti per malattia CV (0,63; 0,42-0,95;
p=0,028). La mortalità per tutte le cause era di 63 e 104 pazienti
rispettivamente nel gruppo losartan e nel gruppo atenololo (0,61; 0,45-0,84;
p=0,002). Losartan si è dimostrato più efficace di atenololo
nel ridurre la morbidità e mortalità CV, così come
la mortalità per tutte le cause, nei pazienti con ipertensione,
diabete e LVH. Losartan sembra produrre benefici che vanno oltre la riduzione
della PA.
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COMMENTO
Nel "Commentary" di HR Brunner e H Gavras, di pubblicato
sullo stesso numero di Lancet a pag 990, gli Autori affermano che lo studio
LIFE ha portato evidenze cliniche molto rilevanti che supportano la convinzione
generale che l'angiotensina II sia un importante fattore di rischio per
le malattie cardiovascolari (CV).
Molti anni fa era infatti stato proposto che questo mediatore potesse
esercitare effetti negativi oltre al già noto danno meccanico prodotto
a livello vascolare dalla PA elevata. C'erano evidenze che l'angiotensina
inducesse necrosi miocardica e danni reno-parenchimali indipendentemente
dall'aumento pressorio. Erano anche disponibili dati epidemiologici che
dimostravano che pazienti ipertesi con basse concentrazioni di renina,
sebbene anziani, mostrassero una minore prevalenza di eventi cardiaci,
cerebrovascolare o complicazioni renali, rispetto a quei soggetti con
più alta attività della renina plasmatica. Da ultimo si
avevano evidenze che un antagonista dell'angiotensina II non solo normalizzava
la PA e migliorava la sintomatologia e la prognosi dell'insufficienza
cardiaca, ma aumentava anche l'efficienza di perfusione degli organi vitali.
L'idea che l'inibizione del sistema renina-angiotensina potesse portare
dei benefici oltre la riduzione pressoria fu accolta con scetticismo.
Solo negli anni '70 venne confermato l'efficacia di questi farmaci nella
riduzione della PA. Quando vennero studiate due nuove classi di farmaci
che interferivano sul sistema renina-angiotensina, gli inibitori dell'enzima
di conversione dell'angiotensina (ACE-inibitori) ed i bloccanti selettivi
dei recettori di tipo 1 dell'angiotensina II (ARBs), il loro potenziale
effetto benefico che andava oltre la riduzione della PA divenne un argomento
di intensi dibattiti. Mancavano comunque forti evidenze derivanti dai
trials randomizzati di largo respiro. Nel 1997 Il VI report del JNC stabilì
che non si aveva nessun vantaggio con i nuovi farmaci rispetto ai già
consolidati beta-bloccanti e tiazidici, per i quali era stata dimostrata
una ridotta incidenza di morbilità e mortalità se confrontati
con un placebo. Non era più possibile condurre studi di intervento
controllati con placebo e studi di comparazione farmaci nuovi vs farmaci
gold-standard richiedevano una numerosità di pazienti molto alta
e tempi lunghi di follow-up. Solo quando si iniziarono a considerare pazienti
ad alto rischio cardiovascolare fu possibile evidenziare differenze tra
i due tipi di farmaci. Fu dimostrato quindi che i beta-bloccanti fornivano
una protezione unica (rispetto a tutti gli altri antipertensivi) nella
prevenzione secondaria del dell'IMA e dell'insufficienza cardiaca. Successivamente,
si evidenziò che gli ACE-inibitori riducevano la morbilità
e mortalità CV meglio di altri farmaci nei pazienti con CHD, insufficienza
cardiaca, nefropatia diabetica e ictus. Recentemente nei pazienti con
diabete di tipo 2 e nefropatia gli ARBs si sono dimostrati protettivi
con effetti che vanno oltre l'attività ipotensiva.
Lo studio LIFE ha contribuito con ulteriori evidenze a confermare questo
concetto.
9222 pazienti con ipertensione primaria ed evidenze all'ECG di ipertrofia
ventricolare sinistra sono stati randomizzati al trattamento con uguali
dosi di losartan o atenololo (50-100 mg); a questa terapia è stato
aggiunto un diuretico o un altro farmaco antipertensivo in caso fosse
necessario un ulteriore intervento per normalizzare la PA. Nel trial principale
l'effetto ipotensivo è stato simile nei due gruppi, mentre l'incidenza
dell'end point primario costituito da mortalità CV, IMA ed ictus
era più bassa del 13% nel gruppo con losartan. Questa differenza
è da attribuirsi alla riduzione della frequenza di ictus del 25%
nel gruppo con losartan; l'incidenza di IMA e mortalità CV non
erano significativamente differenti nei due gruppi.
In una analisi separata, predefinita, condotta su 1195 soggetti ipertesi
con diabete di tipo 2 della stessa coorte, gli effetti protettivi di losartan
sono stati più marcati: 24% di riduzione del rischio dell'end point
primario rispetto ad atenololo. Inoltre, tra gli end point secondari,
la mortalità per tutte le cause è risultata ridotta del
39%, la mortalità CV del 37% e l'ospedalizzazione per insufficienza
cardiaca del 40% nel gruppo in losartan; l'incidenza di ictus ed IMA è
stata molto bassa, tale da non raggiungere la significatività statistica
e quindi da non permettere di trarre conclusioni. Rimane quindi da chiarire
come una differenza di 2 mm Hg all'end point tra i due gruppi possa spiegare
queste differenze rilevanti.
I gruppi dello studio LIFE risultano ben bilanciati al basale, anche per
quanto riguarda l'entità del rischio coronarico (valutata secondo
il punteggio di Framingham) a differenza di altri trials (vedi studio
HOPE). Da osservazioni preliminari si sono verificate più regressioni
di LVH nel gruppo in losartan, un fatto che potrebbe aver contribuito
al verificarsi dei benefici prima descritti di questo farmaco.
Un altro dato interessante riguarda l'insorgenza di nuovi casi di diabete
nei pazienti ipertesi, che è stata significativamente più
bassa nel gruppo con il sartano. Molti pazienti con ipertensione essenziale
hanno insulino-resistenza di diversa entità, che generalmente progredisce
con l'età e che spiega la maggiore incidenza di diabete rispetta
a quella osservata nella popolazione generale. Poiché non ci sono
spiegazioni valide del perché un blocco del recettore dell'angiotensina
alteri questo corso, i risultati suggeriscono che atenololo aggrava l'intolleranza
al glucosio. Inoltre, i beta-bloccanti diminuiscono la sensibilità
all'insulina e contribuiscono allo sviluppo della sindrome metabolica.
non bisogna tuttavia trascurare la possibilità che losartan riduca
per sé la progressione verso la malattia diabetica.
Un'ulteriore osservazione di rilevanza clinica è la minor incidenza
di eventi avversi nel gruppo in losartan rispetto a quelli registrati
nel gruppo in atenololo.
Per normalizzare la PA spesso è necessario assumere più
di un farmaco. La combinazione di un ARB con basse dosi di idroclorotiazide
non produce più effetti collaterali del placebo. Quindi una strategia
di intervento basata su questa combinazione fornisce una protezione CV
almeno equivalente ai beta-bloccanti, una migliore protezione contro l'ictus
con l'ulteriore vantaggio di una migliore tollerabilità.
Nel 2004 saranno disponibili i dati dello studio VALUE di efficacia comparata
tra valsartan (ARBs) e amlopidina (Ca-antagonista) nei pazienti ipertesi
ad alto rischio e si potranno verificare le ipotesi generate dai dati
del presente studio LIFE.
Questi risultati potranno essere estrapolati a pazienti ipertesi con un
profilo di rischio più basso o a altre molecole della stessa classe?
Non bisogna dimenticare che losartan è l'unico ad avere proprietà
uricosuriche, caratteristica desiderabile specialmente in quei pazienti
che richiedono l'associazione con un diuretico tiazidico. Effettivamente
al termine dello studio i pazienti trattati con losartan mostravano livelli
ematici di acido urico più bassi; è tuttavia difficile comprendere
come questa piccola differenza possa essere responsabile della protezione
dall'ictus. Quindi sembra appropriato ipotizzare che gli effetti osservati
nello studio LIFE possano essere ottenuti con qualsiasi ARB.
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