HIGH
FASTING GLUCOSE LEVELS AS A PREDICTOR OF WORSE CLINICAL OUTCOME IN PATIENTS WITH
CORONARY ARTERY DISEASE: RESULTS FROM THE BEZAFIBRATE INFARCTION PREVENION (BIP)
STUDY Arcavi L, Behar S, Caspi A, et al. Am Heart J 2004; 147:239-245
RIASSUNTO CONTESTO
Un livello elevato di glucosio a digiuno può rappresentare un marker per
complicanze micro e macrovascolari. Gli autori hanno valutato l'importanza clinica
di un livello di glucosio a digiuno elevato (>110 mg/dL), rilevato al
basale o durante il periodo di follow-up dello studio Bezafibrate Infarction
Prevention (BIP). METODI Lo studio BIP era uno studio di prevenzione
secondaria, prospettico, in doppio cieco che confrontava bezafibrato (400 mg/die)
con placebo. 3122 soggetti sono stati randomizzati ai due trattamenti; tutti i
pazienti avevano malattia cardiaca coronarica documentata, un'età compresa
tra 45 e 74 anni, livelli di colesterolo totale fra 180 e 250 mg/dL, colesterolo
LDL <180 mg/dL, colesterolo HDL <45 mg/dL, trigliceridi <300
mg/dL e glucosio a digiuno <160 mg/dL. RISULTATI Gli end points
primari dello studio BIP erano infarto miocardico fatale e non fatale o morte
improvvisa. Gli end points secondari comprendevano ospedalizzazione per angina
instabile, angioplastica coronarica precutanea transluminale e impianto di bypass
aorto-coronarico. Al basale, 330 pazienti (11%) avevano diabete mellito e 239
pazienti (9%) avevano un livello di glucosio ematico a digiuno alterato (IFG).
Durante un periodo di 6,2 anni di follow-up, 186 pazienti (6%) hanno sviluppato
diabete mellito, 366 (12%) IFG, mentre il 62% dei pazienti aveva mantenuto livelli
di glucosio a digiuno normali (NFG). I pazienti con diabete mellito e IFG al basale
o sviluppati durante il follow-up avevano una percentuale significativamente più
alta di end points secondari rispetto ai pazienti con NFG (p<0,0001). Il trattamento
con bezafibrato riduceva gli end points secondari solamente nei pazienti con NFG
(p=0,04). CONCLUSIONI Diabete mellito e IFG erano frequenti nello studio
BIP ed erano predittivi di un evento clinico peggiore che non si attenuava in
seguito a trattamento con bezafibrato. COMMENTO I
dati ricavati da studi epidemiologici hanno mostrato che le complicanze microvascolari
del diabete mellito (DM) aumentano con livelli di glucosio a digiuno più
bassi rispetto al valore soglia di glucosio precedentemente utilizzato per la
definizione di DM. Sulla base di questi dati, nel 1997 l'American Diabetes Association
(ADA) ha rivisto i criteri per la definizione di DM ponendo il cut-off ad un livello
plasmatico di glucosio >125 mg/dL in due prelievi successivi. E' stata introdotta
una nuova categoria di livelli alterati di glucosio ematico a digiuno, corrispondenti
a livelli di glucosio fra 110 e 125 mg/dL. Tre coorti europee su larga scala
(Whitehall Study, Paris Prospective Study e Helsinki Policemen Study)
hanno osservato per 20 anni soggetti senza DM ed evidenziato che una leggera iperglicemia
costituiva un fattore di rischio per la mortalità per tutte le cause e
cardiovascolare. I pazienti con iperglicemia leggera sono anche a rischio
aumentato di conversione a diabete mellito di tipo 2 e questo "stato pre-diabetico"
è spesso accompagnato da un profilo aterogenico di fattori di rischio cardiovascolare.
L'obiettivo di questo studio era quello di valutare l'importanza clinica di
un livello elevato di glucosio a digiuno (>110 mg/dL), determinato sia
al basale che durante 6,2 anni di follow-up. Lo studio BIP era uno studio di prevenzione
secondaria, prospettico, in doppio cieco, che confrontava bezafibrato (400 mg/die)
con placebo in pazienti con coronaropatia clinicamente accertata, condotto in
18 reparti di cardiologia in Israele. Questo studio di popolazione comprendeva
principalmente uomini di età media; i pazienti che al basale avevano diabete
mellito (BDM) e livello di glucosio ematico a digiuno alterato (BIFG) erano leggermente
più anziani rispetto ai soggetti dei gruppi che, durante il periodo di
follow-up, hanno sviluppato diabete (DDM) e hanno mantenuto livelli di glucosio
a digiuno nella norma (NFG) (p=0,010). I pazienti con DM o IFG al basale (BDM
e BIFG) e i pazienti nei quali le anomalie si sono sviluppate durante il follow-up
(DDM e DIFG), avevano un indice di massa corporea e livelli di pressione sistolica
e diastolica più elevati rispetto ai pazienti con NFG (p<0,0001). Nei
pazienti con DM e IFG erano più frequenti angina pectoris e insufficienza
cardiaca congestizia rispetto ai pazienti nel gruppo NFG (p=0,012 e p=0,007, rispettivamente).
In relazione alla terapia farmacologica, erano più numerosi i pazienti
con BDM, BIFG e DIFG che ricevevano beta-bloccanti rispetto ai pazienti nei gruppi
DDM e NFG (p=0,007), e meno numerosi i pazienti con DM e IFG che ricevevano aspirina
(p=0,011). Non si osservavano differenze significative con l'uso degli inibitori
dell'enzima di conversione dell'angiotensina e dei diuretici. I pazienti con BDM
ricevevano rispettivamente i seguenti trattamenti: 67% sulfunilurea, 3% metformina,
16% terapia ipoglicemizzante orale combinata, e il 14% seguiva solamente una dieta
alimentare. I pazienti nei gruppi BDM, BIFG, DDM e DIFG avevano livelli di
glucosio a digiuno, trigliceridi e colesterolo LDL più alti rispetto ai
pazienti nel gruppo NFG (p<0,0001). I livelli di acido urico erano più
elevati nei pazienti con IFG e DDM (p<0,0001). In questi pazienti non si erano
osservate differenze significative nei livelli di colesterolo LDL e fibrinogeno. Nei
pazienti in cui si sono sviluppati gli end points secondari, il livello medio
di glucosio al basale era di 102,2+18 mg/dL, mentre nei pazienti che non
hanno sviluppato gli end point secondari lo stesso livello era di 99,9+17
mg/dL (p=0,002). La terapia con bezafibrato non ha avuto effetti importanti
sugli end points primari in nessuno dei sottogruppi (p=0,464). Tuttavia, questa
terapia ha prodotto un effetto significativo nella riduzione degli end points
secondari nel sottogruppo di pazienti con NFG (22,8% vs 26,8%, p=0,04). Nei pazienti
con IFG e DM, il trattamento con bezafibrato non ha prodotto effetti terapeutici
favorevoli (32,2% vs 27% e 32,7% vs 34,4%, rispettivamente; p =non significativo).
Un'analisi separata sull'efficacia del bezafibrato sugli end points primari o
secondari nei pazienti con livelli di trigliceridi >200 mg/dL in ciascuno
dei tre sottogruppi non ha evidenziato differenze significative tra essi (p=0,230
e 0,903, rispettivamente). I dati presentati in questo studio dimostrano che
i pazienti con malattia coronarica hanno una prevalenza significativamente elevata
di livelli di glucosio a digiuno alterati che corrispondono ai nuovi criteri con
cui l'ADA classifica IFG o DM. Il risultato che mette in evidenza quanto il DM
sia più comune nei pazienti con malattia cardiaca ischemica (IHD) rispetto
alla popolazione generale è consistente con altri studi. Negli studi dove
la diagnosi di DM era fatta sulle basi di storie cliniche o criteri diagnostici
precedenti, la prevalenza era anche superiore rispetto alla prevalenza di DM nella
popolazione generale, ma inferiore rispetto a questo studio. Tuttavia, negli studi
su pazienti con malattia arteriosa coronarica determinata con angiografia, valutando
i risultati dei test di tolleranza al glucosio orale, la prevalenza di DM e di
tolleranza al glucosio alterata riguardava un terzo e due terzi dei pazienti rispettivamente. Lo
studio BIP era uno studio di intervento con l'obiettivo di determinare l'effetto
del bezafibrato nei pazienti con malattia cardiaca. I risultati dello studio,
che sono stati pubblicati in anticipo, hanno mostrato che il trattamento era associato
ad un trend non significativo di riduzione degli end point primari e secondari
nell'intero gruppo di studio e una riduzione significativa degli end points primari
un sottogruppo con livelli di trigliceridi basali >200 mg/dL. In questo
studio, la terapia con bezafibrato aveva un effetto positivo significativo sugli
end points secondari solamente nei pazienti normoglicemici. Benchè questo
risultato si basi su un'analisi post-hoc, la mancanza di benefici nei pazienti
con DM o IFG è singolare. Il ruolo dei fibrati nel trattamento dei pazienti
con DM non ha ancora ottenuto pareri favorevoli a causa dei dati disponibili limitati. In
conclusione, un terzo dei pazienti dello studio BIP aveva livelli di glucosio
a digiuno alterati, al basale o sviluppati durante il follow-up. Sia DM che IFG
si sono dimostrati markers significativi per eventi clinici peggiori, sebbene
all'analisi multivariata solamente BDM rimaneva un predittore significativo. L'evento
sfavorevole nei pazienti con DM e IFG non si attenuava con la terapia con bezafibrato.
I pazienti con livelli di glucosio a digiuno elevati costituiscono un gruppo ad
alto rischio che ha bisogno di approcci più aggressivi. Su questi pazienti
è necessario condurre ulteriori studi a larga scala per valutare interventi
farmacologici e non (ad esempio cambiamenti dello stile di vita). |