|
I
trial ACCORD ed ADVANCE, sull'efficacia cardiovascolare di terapie ipoglicemizzanti
intensive, hanno fornito risultati non attesi, che depongono a favore di
un target glicemico di emoglobina glicata non inferiore a 7%. Gli eventi
CV non sono stati ridotti, è aumentata la mortalità totale,
mentre si è avuto un beneficio sugli eventi microvascolari e sull'insorgenza
di nefropatia.
EFFECTS OF INTENSIVE GLUCOSE LOWERING IN TYPE 2 DIABETES
Action to Control Cardiovascular Risk in Diabetes Study Group, Gerstein
HC, Miller ME, Byington RP, et al.
Collaborators (1174)
N Engl J Med 2008; 358:2545-59
RIASSUNTO
CONTESTO Studi epidemiologici hanno mostrato una correlazione tra
livelli di emoglobina glicata ed eventi CV in pazienti con diabete di
tipo 2. Gli autori hanno studiato se una terapia intensiva mirata a portare
questi livelli a valori normali potesse ridurre gli eventi CV in pazienti
con diabete di tipo 2 con malattia CV stabilita o fattori di rischio CV
addizionali.
METODI In questo trial randomizzato, 10.251 pazienti (età
media 62,2 anni) con livelli mediani di emoglobina glicata (HbA1c) di
8,1% sono stati assegnati al trattamento intensivo (mirato a raggiungere
un target di HbA1c inferiore a 6,0%) o alla terapia standard (livelli
target di HbA1c compresi tra 7,0% e 7,9%). Di questi pazienti, il 38 erano
donne e il 35% aveva avuto un precedente evento CV.
L'end point primario era un composito di infarto miocardico non fatale,
ictus non fatale, o morte per cause CV. La rilevazione di una più
alta mortalità nel gruppo in terapia intensiva ha portato all'interruzione
della stessa dopo un periodo medio di follow-up di 3,5 anni.
RISULTATI Ad 1 anno, sono stati raggiunti livelli mediani stabili
di HbA1c nei gruppi in terapia intensiva e standard, rispettivamente di
6,4% e 7,5%. Durante il follow-up l'end point primario si è verificato
in 352 pazienti nel gruppo in terapia intensiva, in 371 nel gruppo in
terapia standard (hazard ratio 0,90; IC 95% 0,78-1,04; p=0,16). 257 soggetti
nel primo gruppo sono morti, rispetto ai 203 nel secondo gruppo (hazard
ratio 1,22; 1.01-1,46; p=0,04). L'ipoglicemia con necessità di
assistenza ed un aumento di peso superiore ai 10 kg sono stati più
frequenti nel gruppo in terapia intensiva (p<0,001).
CONCLUSIONI Rispetto alla terapia standard, un trattamento intensivo
mirato al raggiungimento di livelli normali di HbA1c per 3,5 anni ha aumentato
la mortalità a fronte di una riduzione non significativa degli
eventi CV maggiori. Questi risultati identificano un pericolo precedentemente
non noto derivante dalla riduzione intensiva del glucosio in pazienti
ad alto rischio con diabete di tipo 2.

INTENSIVE
BLOOD GLUCOSE CONTROL AND VASCULAR OUTCOMES IN PATIENTS WITH TYPE 2 DIABETES
ADVANCE Collaborative Group, Patel A, MacMahon S, Chalmers J, et al.
Collaborators (1307)
N Engl J Med 2008; 358:2560-72
RIASSUNTO
CONTESTO Nei pazienti con diabete di tipo 2 l'effetto di un controllo
intensivo del glucosio sugli outcome vascolari non è ancora del
tutto chiaro.
METODI 11.440 pazienti con diabete di tipo 2 sono stati assegnati,
in modo randomizzato, ad un trattamento standard per il controllo della
glicemia ed ad uno intensivo, definito come uso di glicazide (a rilascio
modificato) più altri farmaci, in base alla necessità, per
raggiungere il target di emoglobina glicata (HbA1c) <=6,5%. Gli end
point primari erano composite di eventi CV maggiori (morte per cause CV,
infarto miocardico non fatale, o ictus non fatale) ed eventi microvascolari
maggiori (nefropatia o retinopatia di nuova insorgenza o peggiorate),
determinati sia insieme che separatamente.
RISULTATI Dopo un follow-up mediano di 5 anni, i livelli medi di
HbA1c erano più bassi nel gruppo con controllo intensivo (6,5%)
che in quello con controllo standard (7,3%). Nel primo gruppo l'incidenza
di eventi maggiori combinati macro e micro-vascolari era ridotta (18,1%
vs 20,0% con il controllo standard; HR [hazard ratio] 0,90; IC al 95%
0,82-0,98; p=0,01), così come quella degli eventi maggiori microvascolari
(9,4% vs. 10,9%; HR 0,86; 0,77-0,97; p=0,01), primariamente per la riduzione
dell'incidenza di nefropatia (4,1% vs. 5,2%; HR 0,79; 0,66-0,93; p=0,006),
con nessun effetto significativo sulla retinopatia (p=0,50).
Non sono stati osservati effetti significativi del tipo di controllo glicemico
sugli eventi maggiori macrovascolari (HR per il controllo intensivo 0,94;
0,84-1,06; p=0,32) o per la morte per tutte le cause (HR con il controllo
intensivo 0,93; 0,83-1,06; p=0,28).
L'ipoglicemia severa, sebbene non comune, era più frequente nel
gruppo con controllo intensivo (2,7% vs. 1,5% nel gruppo con controllo
standard; HR 1,86; 1,42-2,40; p<0,001).
CONCLUSIONI Una strategia di controllo intensivo del glucosio,
che coinvolge l'uso di glicazide e altri farmaci, in relazione alla distanza
dal target glicemico (HbA1c>=6,5%) ha portato ad una riduzione relativa
del 10% nell'end point combinato di eventi macro- e micro-vascolari maggiori,
primariamente come conseguenza di una riduzione del 21% nella nefropatia.
Glucose Control at Baseline and during Follow-up,
According to Glucose-Control Strategy.
Data are shown for mean glycated hemoglobin (Panel A) and mean fasting
blood glucose (Panel B). The average difference between the intensive-control
group and the standard-control group for the follow-up period was 0.67
percentage point (95% confidence interval [CI], 0.64 to 0.70) for glycated
hemoglobin and 1.22 mmol per liter (21.9 mg per deciliter) (95% CI, 1.15
to 1.28 [20.8 to 23.0]) for fasting blood glucose.
Cumulative Incidences of Events, According to Glucose-Control
Strategy.
The hazard ratios for intensive glucose control as compared with standard
glucose control were as follows: for combined major macrovascular or microvascular
events, 0.90 (95% confidence interval [CI], 0.82 to 0.98) (Panel A); for
major macrovascular events, 0.94 (95% CI, 0.84 to 1.06) (Panel B); for
major microvascular events, 0.86 (95% CI, 0.77 to 0.97) (Panel C); and
for death from any cause, 0.93 (95% CI, 0.83 to 1.06) (Panel D). The vertical
dashed lines indicate the 24-month and 48-month study visits, at which
additional data on microvascular events were collected, specifically the
ratio of urinary albumin to creatinine and results of a retinal examination.
For events relating to these data, the event time was recorded as the
date of the visit. The curves were truncated at month 66, by which time
99% of the events had occurred. The effects of treatment (hazard ratios
and P values) were estimated from unadjusted Cox proportional-hazard models
that used all the available data.
Relative Effects of Glucose-Control Strategy on All
Prespecified Primary and Secondary Outcomes.
COMMENTO AI DUE LAVORI
Il diabete è associato ad una durata di vita più breve,
principalmente una conseguenza della malattia cardiovascolare (CVD). Sebbene
il diabete aumenti significativamente il rischio di eventi CV, l'incremento
relativo negli eventi per ciascun aumento percentuale di emoglobina glicata
(HbA1c) è modesto. Le complicazioni microvascolari del diabete
rimangono le cause principali di cecità ed insufficienza renale
nel mondo e sono molto più strettamente associate all'iperglicemia
che alle complicazioni macrovascolari.
Sebbene ci sia un legame tra iperglicemia e rischio CV, si hanno poche
evidenze che la riduzione del glucosio sia associata ad una diminuzione
del rischio. I pazienti con diabete di tipo 2, i cui livelli di HbA1c
erano stati ridotti da 8% a 7% nel United Kingdom Prospective Diabetes
Study (UKPDS), non mostravano una riduzione degli eventi CV,
sebbene un sottogruppo di pazienti trattati con metformina avesse un rischio
CV più basso.
Due trial, pubblicati su NEJM di giugno 2008, l'ACCORD trial (Action
to Control Cardiovascular Risk in Diabetes) e l'ADVANCE trial
(Action in Diabetes and Vascular Disease: Preterax and Diamicron Modified
Release Controlled Evaluation) hanno cercato di determinare l'effetto
della riduzione del glucosio a valori quasi normali sul rischio CV. Sebbene
entrambi confrontino un trattamento ipoglicemizzante intensivo con uno
standard nel diabete di tipo 2, mostrano differenze sostanziali (vedi
tabella). La maggior parte dei pazienti riceve farmaci di diverse classi,
con o senza insulina. Tuttavia, nell'ACCORD non ci sono restrizioni nei
principi attivi utilizzati per raggiungere il target terapeutico, mentre
nell'ADVANCE tutti i pazienti nel gruppo intensivo ricevono all'inizio
una sulfanilurea a rilascio modificato, la glicazide. Il trattamento con
tiazolidinedioni era poco frequente nel trial ADVANCE (<20% dei partecipanti),
mentre rosiglitazone era usato dal 90% dei soggetti nel gruppo intensivo
e dal 58% nel gruppo standard nel trial ACCORD. Entrambi i trial hanno
utilizzato un disegno fattoriale per verificare interventi terapeutici
differenti e addizionali nei pazienti in studio: nell'ACCORD è
stata testata la terapia antipertensiva intensiva vs quella standard e
fenofibrato vs placebo; nell'ADVANCE i pazienti hanno anche ricevuto una
combinazione di perindopril e indapamide vs placebo.
Nessuno dei due studi ha enfatizzato modificazioni alimentari o dello
stile di vita.

La
forza dei due studi è data dall'alta numerosità ed entrambi
descrivono al basale una popolazione tipica di diabetici.
Il messaggio più convincente di entrambi gli studi è che
il controllo glicemico a valori vicino alla norma per un periodo mediano
di 3,5-5 anni non riduce gli eventi CV in quel lasso di tempo. Tuttavia,
l'ADVANCE riconferma la predetta riduzione di microalbuminuria e nefropatia
di nuova diagnosi. Nell'altro trial uno stesso controllo glicemico (raggiunto
con terapie combinate di tiazolidinedioni, sulfaniluree, metformina ed
insulina) è associato ad un aumento significativo dei rischio di
morte per tutte le cause e per cause CV, ovvero l'end point per prevenire
il quale il trial era stato disegnato.
I risultati dei due studi hanno implicazioni nella nostra comprensione
della patogenesi e reversibilità dell'aterosclerosi in pazienti
con diabete di tipo 2. Il contributo della riduzione della glicemia alla
diminuzione di eventi macrovascolari sembra essere minimo, almeno nei
primi anni degli studi. Sebbene un miglioramento del profilo glicemico
possa chiaramente proteggere dalle complicazioni microvascolari, l'assenza
di una riduzione degli eventi macrovascolari implica un effetto additivo
di fattori di rischio non glicemici che spesso accompagnano il diabete,
quali ipertensione, iperlipemia e ipercoagulabilità.
Questi risultati dovrebbero essere interpretati nel contesto della cura
globale dei pazienti con diabete. C'è una chiara evidenza che aspirina,
statine e il controllo pressorio siano ognuno associati a sostanziali
riduzioni del rischio CV nei pazienti con diabete; questi benefici sono
maggiori se i target sono raggiunti insieme. Le terapie associate sono
basate sulle evidenze, ampiamente sponsorizzate e costo-efficaci, ma può
risultare oneroso in termini di costi e di risorse umane implementarle
ulteriormente. Prima di definire nuovi target, vale la pena di riflettere
sul fatto che i target correntemente stabiliti per iperglicemia, ipertensione
e iperlipidemia sono raggiunti da pochi pazienti (<10%).
Il target più appropriato per l'HbA1c dovrebbe rimanere il 7%,
sebbene possa essere utile raggiungere livelli più bassi quando
l'obiettivo è la prevenzione primaria di CVD. Quando i valori devono
scendere sotto questo livello i clinici dovranno bilanciare il beneficio
incrementale di una riduzione negli eventi microvascolari con l'incidenza
aumentata di eventi avversi.
Dluhy
RG, McMahon GT. Intensive Glycemic Control in the ACCORD and ADVANCE Trials.
NEJM 2008; 358:2630-2633 EDITORIALE
Cefalu WT. Glycemic Targets and Cardiovascular Disease. NEJM 2008;358:2633-2635.
EDITORIALE
Krumholz HM, Lee TH. Redefining Quality - Implications of Recent Clinical
Trials. NEJM 2008; 358:2537-2539 COMMENTO
|