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ROSUVASTATIN
TO PREVENT VASCULAR EVENTS IN MEN AND WOMEN WITH ELEVATED C-REACTIVE PROTEIN
Ridker PM, Danielson E, Fonseca FA, et al.
N Engl J Med 2008; pubblicato on line il 9 novembre 2008
EXPANDING
THE ORBIT OF PRIMARY PREVENTION-MOVING BEYOND JUPITER
- EDITORIALE
Hlatky M
New Engl J Med 2008; pubblicato
on line il 9 novembre 2008
Lo studio JUPITER (Justification for the Use of Statins in Primary
Prevention: An Intervention Trial Evaluating Rosuvastatin) ha aperto l'American
Heart Association (AHA) 2008 Scientific Sessions presentando nuovi dati
che dimostrerebbero un dimezzamento del rischio di morbilità e mortalità
CV in pazienti apparentemente sani trattati con statine.
RIASSUNTO
CONTESTO L'aumento dei livelli della Proteina C-Reattiva (PCR), un
biomarker infiammatorio, predice gli eventi cardiovascolari. Dal momento
che le statine riducono i livelli di PCR, così come quelli di colesterolo,
è stato ipotizzato che soggetti con elevati valori di PCR, ma senza
iperlipidemia possano beneficiare del trattamento con statine.
METODI 17.802 uomini e donne apparentemente sani con LDL inferiori
a 130 mg/dL (3,4 mmol/L) e livelli di PCR pari o superiori a 2,0 mg/dL sono
stati assegnati in modo randomizzato a rosuvastatina 20 mg/die o placebo
e sono stati seguiti per rilevare l'occorrenza dell'end point primario,
composito di infarto miocardico, ictus, rivascolarizzazione atriale, ospedalizzazione
per angina instabile o morte per cause cardiovascolari.
RISULTATI Il trial è stato interrotto dopo un follow-up mediano
di 1,9 anni (massimo 5,0). Rosuvastatina riduceva i livelli di colesterolo
LDL del 50% e di PCR del 37%. I tassi di occorrenza dell'end pint primario
erano 0,77 e 1,36 per 100 anni-persona di follow-up nei gruppi con rosuvastatina
e placebo, rispettivamente (hazard ratio per rosuvastatina 0,56; IC al 95%
0,46-0,69; p<0,00001), con tassi corrispondenti di 0,17 e 0,37 per l'infarto
miocardico (HR 0,46; 0,30-0,70; p=0,0002), 0,18 e 0,34 per l'ictus (HR 0,52;
0,34-0,79; p=0,002), 0,41 e 0,77 per la rivascolarizzazione o l'angina instabile
(HR 0,53; 0,40-0,70; p<0,00001), 0,45 e 0,85 per l'end point combinato
di infarto miocardico, ictus o morte per cause cardiovascolari (HR 0,53;
0,40-0,69; p<0,00001) e 1,00 e 1,25 per la morte per tutte le cause (HR
0,80; 0,67-0,97; p=0,02). Sono stati osservati effetti consistenti in tutti
i sottogruppi valutati. Il gruppo con rosuvastatina non mostrava un aumento
significativo dell'incidenza di miopatia o cancro, ma si osservava una più
alta incidenza di diabete riportato dal medico.
CONCLUSIONI In questo trial su soggetti apparentemente sani senza
iperlipidemia, ma con elevati livelli di PCR, rosuvastatina riduceva in
modo significativo l'incidenza di eventi cardiovascolari maggiori.
LDL e PCR al basale e variazioni durante il periodo in studio
. |
Basale
|
12
mesi
|
24
mesi
|
36
mesi
|
48
mesi
|
colesterolo
LDL (mg/dL)
|
Rosuvastatina
20 mg |
108
|
55
|
54
|
53
|
55
|
Placebo
|
108
|
110
|
108
|
106
|
109
|
Proteina
C-reattiva (mg/L)
|
Rosuvastatina
20 mg |
4,2
|
2,2
|
2,2
|
2,0
|
1,8
|
Placebo |
4,3
|
3,5
|
3,5
|
3,5
|
3,3
|
p<0,001
per tutti i confronti tra gruppi
JUPITER: outcome stabiliti dal gruppo di studio
End
point |
Pazienti
con evento
rosuvastatina (n=8901), N |
Pazienti
con evento
placebo (n=8901), N |
Hazard
ratio
(IC al 95%) |
End
point primario* |
142 |
251 |
0,56
(0,46-0,69) |
IM
non fatale |
22 |
62 |
0,35
(0,22-0,58) |
IM
fatale e non fatale |
31 |
68 |
0,46
(0,30-0,70) |
Ictus
non fatale |
30 |
58 |
0,52
(0,33-0,80) |
Ictus
fatale e non fatale |
33 |
64 |
0,52
(0,34-0,79) |
Rivascolarizzazione
|
71 |
131 |
0,54
(0,41-0,72) |
Ospedalizzazione
per angina instabile |
16 |
27 |
0,59
(0,32-1,10) |
Rivascolarizzazione/ospedalizzazione
per angina instabile
|
76 |
143 |
0,53
(0,40-0,70) |
IM,
ictus o morte per cause cardiovascolari |
83 |
157 |
0,53
(0,40-0,69) |
Morte
in data nota |
190 |
235 |
0,81 (0,67-0,98) |
Morte
|
198 |
247 |
0,80
(0,67-0,97) |
*End
point primario: composito di IM non fatale, ictus non fatale, ospedalizzazione
per angina instabile, rivascolarizzazione e morte accertata per cause cardiovascolari
COMMENTI
JUPITER
è stato disegnato come uno studio di 4 anni, ma è stato
interrotto da AstraZeneca dopo solo 1,9 anni (29 marzo 2008) a causa dell'inequivocabile
evidenza di eccesso di riduzione di morbilità e mortalità
cardiovascolare tra i pazienti trattati con rosuvastatina rispetto a quelli
trattati con placebo.
Definendo
JUPTER come "uno dei più importanti trial clinici nella storia
degli studi sulle statine", il Dr Steven Nissen (Cleveland Clinic,
OH) ha sottolineato che tale riduzione nell'incidenza di eventi clinici
in meno di 2 anni tra pazienti considerati sani potrebbe portare a variazioni
delle attuali linee guida. Il Dr James Stein (University of Wisconsin
Medical School, Madison) ha affermato che questi risultati, nonostante
la riduzione significativa del rischio cardiovascolare, non sono sorprendenti;
ha inoltre evidenziato come i valori soglia delle LDL per la terapia ipolipemizzante
risultino arbitrari, ma soprattutto scarsi indicatori del rischio cardiovascolare.
In JUPITER i valori mediani - età 66 anni, IMC 28,3 kg/m2,
pressione sistolica 134 mmHg e 41% di prevalenza di sindrome metabolica
- indicano soggetti a rischio di attacco cardiaco, ictus e morte. Infatti,
nel gruppo placebo, il tasso di eventi era 1,36% per anno. Tuttavia le
linee guida correnti non li riterrebbero meritevoli di terapia.
Il Dr Paul Ridker (Brigham and Women's Hospital, Boston, MA) ha
evidenziato l'incapacità dello studio di valutare il contributo
della riduzione di PCR e delle LDL sulla diminuzione degli eventi cardiovascolari.
Il trial SEARCH, tuttavia, un'altro studio sulle statine presentato all'American
Heart Association (AHA) 2008 Scientific Sessions, ha mostrato una
diminuzione lievemente più consistente nei livelli di colesterolo
LDL rispetto a quella osservata in JUPITER, ma con una riduzione meno
rilevante nel rischio CV. I farmaci come rosuvastatina sono efficaci nel
diminuire sia i livelli di LDL che quelli di PCR; quest'ultima riduzione
sembra conferire un beneficio incrementale.
I pazienti dello studio JUPITER hanno beneficiato di riduzioni del 50%
nei livelli di LDL e del 37% in quelli di PCR, e ciò suggerisce
che il colesterolo LDL resta un end point clinico fondamentale.
Altri due studi, i trial PROVE-IT e REVERSAL, avevavo precedentemente
mostrato che bassi livelli di PCR sono associati ad una riduzione degli
eventi cardiovascolari, indipendentemente dai livelli di LDL. Stein ritiene
che 100 mg/dL di LDL sia un valore ancora troppo alto se i pazienti hanno
altri fattori di rischio, come l'età avanzata, l'obesità
o l'ipertensione.
Nell'editoriale di accompagnamento, il Dr Mark Hlatky (Stanford University
School of Medicine, CA) fa notare che lo studio fornisce poche informazioni
circa il ruolo della PCR nella pratica clinica, dal momento che i ricercatori
non hanno confrontato soggetti con e senza misurazione di PCR, né
l'uso di questo parametro con quello di altro marker di rischio cardiovascolare.
Stein ha affermato che un più vasto utilizzo dello screening di
PCR richiede ulteriori indagini. Il test ha un'alta variabilità;
inoltre alti livelli di PCR possono semplicemente riflettere infezioni
o patologie diverse da quelle cardiovascolari. Tuttavia, la pratica della
misurazione dei livelli di PCR andrebbe incrementata ed affiancata a quella
della rilevazione degli altri fattori di rischio.
Hlatky concorda con l'ipotesi di rivedere le linee guida, sebbene si mostri
cauto sul reale impatto dei risultati sulla pratica clinica, poiché
il giusto spazio concesso alla terapia con statine deve dipendere dal
bilancio tra benefici, effetti a lungo termine e costi.
"E' necessario che questi dati siano posti in un contesto più
ampio", ha dichiarato il Dr Thomas Pearson (University of Rochester
School of Medicine, NY), "cioè che si passi da un trial
di efficacia all'estrapolazione dei risultati nella popolazione generale."
Egli riconosce la rilevanza dell'evidenza, ma ricorda che il rapporto
costo-efficacia resta un grosso problema. Ipotizzando di trattare 25 pazienti
per 5 anni allo scopo di prevenire un end point primario, Pearson ha mostrato
che rosuvastatina, 3,65 dollari a compressa, costerebbe più di
166.000 dollari per prevenire un infarto, ictus, angina instabile, rivascolarizzazione
o morte CV.
Poichè, come osservato da Ridker e colleghi, il trattamento di
pazienti con le caratteristiche dei partecipanti JUPITER potrebbe prevenire
250.000 eventi cardiovascolari ogni anni in USA, la questione economica
diventa rilevante.
Stein e Dr Jon Keevil (University of Wisconsin, Madison) hanno
condotto un'indagine basata sui dati del National Health and Nutrition
Examination Survey 1999-2002, includendo 171 milioni di adulti americani
tra 20 e 79 anni, per valutare il potenziale impatto economico dei risultati
di JUPITER. Sono 7,4 milioni gli adulti americani che rispettano i criteri
di inclusione del trial, cioè circa il 4,3% della popolazione USA.
La prescrizione di rosuvastatina 20 mg/die vs nessun trattamento preverrebbe
43.526 eventi CV per anno, o 29.509 IM, ictus o morte, e 18.443 decessi.
Secondo la stima, trattare tali soggetti costerebbe 8,9 miliardi di dollari
l'anno e prevenire un evento CV 203.000 dollari l'anno, o 480.000 per
salvare una vita.
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