SELEZIONE DELLA LETTERATURA



EFFETTI DELLA RIDUZIONE DELLA FREQUENZA CARDIACA NELL'IPERTENSIONE: REVIEW DI TRIAL
La riduzione della frequenza cardiaca con beta-bloccanti in soggetti ipertesi è associata ad un aumento del rischio di eventi cardiovascolari e morte. In questa review sono stati inclusi trial randomizzati controllati che avevano valutato i beta-bloccanti nella terapia antipertensiva e che riportavano i dati sulla frequenza cardiaca, con una partecipazione complessiva di 34.096 pazienti trattati con beta-bloccanti, 30.139 che assumevano altri antipertensivi e 3987 in placebo. Dei pazienti nel gruppo con beta-bloccanti, il 78% riceveva atenololo, il 9% oxprenololo, l'1% propranololo e il 12% atenololo/metoprololo/pindololo o idroclorotiazide. Paradossalmente, una più bassa frequenza cardiaca (come rilevato nel gruppo con beta-bloccanti a fine studio) era associata ad un maggior rischio di mortalità per tutte le cause (r=-0,51; p<0,0001), mortalità cardiovascolare (r=-0,61; p<0,0001), infarto miocardico (r=-0,85; p<0,0001), ictus (r=-0,20; p=0,06) o insufficienza cardiaca (r=-0,64; p<0,0001).
[RELATION OF BETA-BLOCKER INDUCED HEART RATE LOWERING AND CARDIOPROTECTION IN HYPERTENSION. J Am Coll Cardiol 2008; 52:1482-1489]
ABSTRACT IN INGLESE


OUTCOME CARDIOVASCOLARI CON FARMACI ANTIDIABETICI: REVIEW SISTEMATICA DI TRIAL
Secondo una metanalisi effettuata su tutti i trial controllati pubblicati fino al 2006, la metformina sarebbe l'unico ipoglicemizzante orale il cui uso nel diabete mellito di tipo 2 è in grado di ridurre il rischio cardiovascolare. Al contrario, un aumento del rischio, per quanto non significativo, sarebbe correlato all'assunzione di rosiglitazone rispetto agli altri farmaci ipoglicemizzanti o al placebo. Gli autori di questa review hanno analizzato 40 pubblicazioni; dai dati raccolti emerge che il trattamento con metformina è associato ad un ridotto rischio di mortalità cardiovascolare (odds ratio 0,74; IC al 95% 0,62-0,89) rispetto agli altri farmaci ipoglicemizzanti o al placebo. Si è osservata anche una riduzione non significativa della morbilità cardiovascolare e della mortalità globale. L'aumento del rischio di mortalità e morbilità cardiovascolare associato all'uso di rosiglitazone (OR 1,68; 0,92-3,06) è risultato non significativo. Tutti gli altri ipoglicemizzanti orali presi in considerazione non presentavano correlazioni significative. Come sottolineato dagli stessi autori, questi risultati non possono comunque considerarsi definitivi, in particolare per la mancanza di dati a lungo termine: solo 2 fra gli studi analizzati presentavano un follow-up maggiore di due anni. Specie per quanto riguarda il rosiglitazone, sulla cui tossicità cardiovascolare si è molto discusso, il numero di studi disponibili è risultato troppo limitato per poter trarre conclusioni definitive.
[CARDIOVASCULAR OUTCOMES IN TRIALS OF ORAL DIABETES MEDICATIONS: A SYSTEMATIC REVIEW. Arch Intern Med 2008; 168:2070-2080]
ABSTRACT IN INGLESE


USO DI ASPIRINA NELLA PREVENZIONE PRIMARIA DEI PAZIENTI DIABETICI: IL TRIAL POPADAD

Nel trial POPADAD 1276 pazienti con diabete ed evidenze di PAD asintomatica e con più di 40 anni sono stati randomizzati ad aspirina 100 mg e placebo, un antiossidante e placebo, aspirina e placebo o due placebo, e seguiti per oltre 8 anni. Complessivamente, i ricercatori non hanno rilevato nessun beneficio dal trattamento con aspirina e antiossidanti. I pazienti nel gruppo con aspirina hanno sviluppato 116 eventi CV, in confronto a 117 nel gruppo placebo (Hazard ratio 0,98; p=0,86). Le morti per CHD o ictus erano 43 nel gruppo con aspirina e 35 nel gruppo placebo (HR 1,23; p=0,36). Lo studio non ha rilevato evidenze che l'aspirina o i prodotti antiossidanti siano di beneficio nella prevenzione primaria di eventi cardiovascolari in pazienti diabetici con arteriopatia periferica (PAD) asintomatica. Questi dati indicano che le linee guida che raccomandano l'uso di aspirina nei diabetici senza CVD dovrebbero essere riviste, ma la numerosità del trial è troppo esigua perché le conclusioni possano essere definitive.
[THE PREVENTION AND PROGRESSION OF ARTERIAL DISEASE AND DIABETES (POPADAD) TRIAL: FACTORIAL RANDOMIZED PLACEBO CONTROLLED TRIAL OF ASPIRIN AND ANTIOXIDANTS IN PATIENTS WITH DIABETES AND ASYMPTOMATIC PERIPHERAL ARTERIAL DISEASE. BMJ 2008; 337:a1840]
ABSTRACT IN INGLESE


EFFETTO DI CANDESARTAN SULLA RETINOPATIA NEL DIABETE: I TRIAL DIRECT-PREVENT 1, DIRECT-PROTECT 1 E DIRECT-PROTECT 2
La terapia con candesartan, un antipertensivo antagonista del recettore dell'angiotensina II, sembra sia in grado di favorire la regressione della retinopatia nei pazienti con diabete di tipo 2, mentre nei soggetti con diabete di tipo 1, sebbene riduca l'incidenza della complicanza, non è stata osservato alcun effetto sulla progressione quando la retinopatia sia già presente.
Tre studi pubblicati in due articoli del Lancet non mostrano il raggiungimento di alcun end point primario pre-specificato. Non ci sono dunque prove che l'aggiunta di candesartan in pazienti con diabete di tipo 1 o 2, indipendentemente dalla presenza di ipertensione, riduca la progressione della retinopatia.
I ricercatori del DIRECT Programme (Diabetic Retinopathy Candesartan Trials) hanno valutato gli effetti del candesartan in diabetici di tipo I, normotesi e normoalbuminurici, senza retinopatia (DIRECT-Prevent 1, n=1421) e con presistente retinopatia al basale (DIRECT-Protect 1, n=1905), randomizzati a candesartan o placebo. End points principali erano nel primo caso l'incidenza e nel secondo la progressione della retinopatia. L'hazard ratio per l'incidenza di retinopatia nei pazienti in candesartan vs placebo era 0,82 mentre quello per la progressione della retinopatia era 1,02, ma le differenze non erano significative. Dai dati emerge che, sebbene il candesartan riduca l'incidenza di retinopatia, non è stata osservato alcun effetto sulla progressione quando la retinopatia è già presente.
Il secondo lavoro si riferisce allo studio DIRECT-Protect 2 nei pazienti con diabete mellito di tipo 2. È stato valutato come obiettivo primario la progressione della retinopatia diabetica in pazienti trattati con candesartan e come secondario la regressione della retinopatia in 1905 diabetici di tipo 2 normoalbuminurici, sia normotesi che moderatamente ipertesi, randomizzati a candesartan o placebo. Candesartan è risultato associato ad una riduzione non significativa della progressione della retinopatia del 13%, (hazard ratio 0,87; p=0,20). L'end point secondario è stato osservato in una percentuale maggiore del 34% (1,34; p=0009) nel gruppo candesartan rispetto a quanto osservato in quello placebo. Gli autori concludono che il trattamento con candesartan nei diabetici tipo 2 con retinopatia moderata o lieve possa indurre un miglioramento della affezione retinica.
[EFFECT OF CANDESARTAN ON PROGRESSION AND REGRESSION OF RETINOPATHY IN TYPE 2 DIABETES (DIRECT-PROTECT 2): A RANDOMISED PLACEBO-CONTROLLED TRIAL.The Lancet 2008; 372:1385-1393]
ABSTRACT IN INGLESE
[EFFECT OF CANDESARTAN ON PREVENTION (DIRECT-PREVENT 1) AND PROGRESSION (DIRECT-PROTECT 1) OF RETINOPATHY IN TYPE 1 DIABETES: RANDOMISED, PLACEBO-CONTROLLED TRIALS.The Lancet 2008; 372:1394-1402]
ABSTRACT IN INGLESE


ROFECOXIB ED EVENTI CARDIOVASCOLARI:IL TRIAL APPROVE
Lo studio Adenomatous Polyp Prevention on Vioxx (APPROVE) ha seguito 2587 pazienti con storia di adenoma colorettale per 14 giorni di trattamento. Nonostante l'interruzione anticipata del trattamento per tossicità cardiovascolare, i pazienti randomizzati sono stati comunque seguiti per un ulteriore anno, rilevando l'incidenza di qualunque evento CV.
Complessivamente, 59 pazienti in rofecoxib e 34 in placebo hanno sviluppato un end point CV (hazard ratio 1,79; IC al 95% 1,17-2,73; p=0,006). Questi nuovi risultati dal follow-up del trial APPROVE forniscono una valutazione più completa della tossicità cardiovascolare dell'inibitore COX-2 Rofecoxib (Vioxx, Merck), similmente a quanto osservato in un report precedente dello studio: un rischio doppio di eventi trombotici nei soggetti che assumevano rofecoxib. Questi dati contraddicono una delle osservazioni fatte in precedenza: un periodo di latenza di 18 mesi prima dello sviluppo di eventi CV da rofecoxib; dai nuovi risultati emerge infatti un effetto immediato, che inoltre persiste fin ad un anno dopo l'interruzione del trattamento.
[CARDIOVASCULAR EVENTS ASSOCIATED WITH ROFECOXIB: FINAL ANALYSIS OF THE APPROVE TRIAL. Lancet, pubblicato on line il 14 ottobre 2008]
ABSTRACT IN INGLESE


EFFETTO COMBINATO DI ACIDO FOLICO, VITAMINA B6 E VITAMINA B12 SUL RISCHIO DI CANCRO NELLE DONNE: IL TRIAL WAFACS
Acido folico, vitamina B6 e vitamina B12, tutti nutrienti a cui si attribuisce un ruolo nella prevenzione dei tumori e che sono ingredienti comuni degli integratori multivitaminici, non hanno alcun effetto significativo sul rischio oncologico nelle donne. Da uno studio condotto su 5442 donne americane è emerso che l'assunzione di questi tre nutrienti non raggiunge l'efficacia preventiva che potrebbero avere l'astensione dal fumo o l'esercizio fisico. Tuttavia le donne al di sopra dei 65 anni che assumono regolarmente questi elementi presentano una significativa riduzione del rischio oncologico in generale, in particolare relativamente ai tumori mammari. Si tratta però di un dato che necessita di ulteriori conferme.
[EFFECT OF COMBINED FOLIC ACID, VITAMIN B6, AND VITAMIN B12 ON CANCER RISK IN WOMEN: A RANDOMIZED TRIAL. JAMA 2008; 300:2012-2021]
ABSTRACT IN INGLESE