RIDUZIONE DELLA PRESSIONE ARTERIOSA E PREVENZIONE CARDIOVASCOLARE: METANALISI DI TRIAL



USE OF BLOOD PRESSURE LOWERING DRUGS IN THE PREVENTION OF CARDIOVASCULAR DISEASE: META-ANALYSIS OF 147 RANDOMISED TRIALS IN THE CONTEXT OF EXPECTATIONS FROM PROSPECTIVE EPIDEMIOLOGICAL STUDIES
Law MR, Morris JK, Wald NJ
BMJ 2009; 338:b1665


I risultati di questa metanalisi molto ampia suggeriscono che l'effetto cardioprotettivo dei farmaci antipertensivi sia essenzialmente dovuto alla riduzione della pressione arteriosa.

RIASSUNTO
OBIETTIVI Determinare l'efficacia quantitative di differenti classi di farmaci ipotensivi nel prevenire le malattie coronariche (CHD) e l'ictus, e quali pazienti dovrebbero ricevere il trattamento.
DISEGNO Revisione sistematica di trial clinici randomizzati pubblicati tra il 1996 ed il 2007 e metanalisi.
FONTE DEI DATI Medline (1966-2007).
SELEZIONE DEGLI STUDI Sono stati individuati trial randomizzati che avessero registrato eventi CHD e ictus in seguito al trattamento con agenti antipertensivi. Sono stati esclusi tutti gli studi che riportavano meno di 5 eventi di cardiopatia coronarica, quelli effettuati in pazienti con insufficienza renale o che assumevano farmaci ipocolesterolemizzanti e gli studi che includevano pazienti con un alto grado di compromissione cardiovascolare, dal momento che in questi ultimi lo schema terapeutico può essere variabile e dunque non standardizzabile. 106 trials avevano studiato le differenze di riduzione della pressione tra farmaco in esame e placebo (trial di differenza pressoria), mentre 46 avevano confrontato il farmaco in esame con un trattamento standard (trial di confronto). Sette trial con tre gruppi randomizzati rientravano in entrambe le tipologie. Sono stati estratti i dati di tutti i pazienti con >=1 eventi coronarici
manifesti(infarto del miocardio non fatale, morte cardiaca improvvisa) e dei pazienti con >=1 ictus (sia emorragico che ischemico). Inoltre, sono stati estratti i dati dei pazienti con nuova diagnosi di scompenso cardiaco o con esacerbazione dello stesso che ne aveva causato l'ospedalizzazione o la morte. I risultati sono stati interpretati nel contesto di quelli attesi dalle metanalisi più ampie di studi di coorte, su 958.000 persone in totale.
PARTECIPANTI 464.000 pazienti sono stati classificati in tre categorie mutuamente esclusive: senza storia di malattie vascolari, con storia di CHD o con storia di ictus.
RISULTATI Nei trial di differenza pressoria i beta-bloccanti esercitavano un effetto speciale nella prevenzione delle CHD in pazienti con una storia pregressa, superiore a quello dovuto all'abbassamento della pressione: riduzione del rischio del 29% (IC al 95% 22%-34%) rispetto al 15% (11%-19%) osservato nei trial con altri farmaci. L'effetto extra era limitato a pochi anni dopo l'infarto miocardico, con una riduzione del rischio del 31% rispetto a 13% nei pazienti senza infarto recente (p=0,04). Negli altri studi clinici di differenza pressoria (escludendo gli eventi CHD nei trial con beta-bloccanti in persone con CHD), si evidenziava una riduzione degli eventi CHD del 22% (17%-27%) e degli ictus del 41% (33%-48%) per una diminuzione di 10 mm Hg della pressione sistolica o di 5 mm Hg della diastolica. Questo effetto era simile a quello osservato nelle metanalisi di studi di coorte in cui alla stessa differenza di pressione corrispondeva una riduzione del rischio di CHD del 25% e di ictus del 36%, indicando che il beneficio prodotto è spiegabile con l'effetto ipotensivo. Le 5 principali classi di farmaci antipertensivi (tiazidi, beta-bloccanti, ACE-inibitori, sartani e bloccanti dei canali del calcio) erano similmente efficaci (entro un ristretto intervallo di punti percentuali) nel prevenire CHD e ictus, ad eccezione dei bloccanti dei canali del calcio che esercitavano un maggiore effetto preventivo sull'ictus (rischio relativo 0,92; 0,85-0,98). Le riduzioni percentuali negli eventi CHD e icuts erano simili negli individui con e senza malattie cardiovascolari (CVD), indipendentemente dal trattamento antipertensivo (abbassamento fino a 110 mm Hg -sistolica- e 70 mm Hg -diastolica-). Combinando i dati della presente metanalisi con quelli di altri due studi (metanalisi di studi epidemiologici e trial di dose-risposta) si è osservato che nei pazienti di età 60-69 anni, con una pressione diastolica pre-trattamento di 90 mm Hg, tre farmaci in combinazione con una dose pari al 50% di quella standard potevano ridurre il rischio di CHD del 46% e di ictus del 62% (valori stimati); il singolo farmaco alla dose standard aveva metà di questo effetto. La presente metanalisi ha anche mostrato che tutti i farmaci, ad esclusione dei bloccanti dei canali del calcio (con la sola eccezione dei beta-bloccanti non cardioselettivi) riducevano anche l'incidenza di insufficienza cardiaca del 24% (19%-28%), mentre i bloccanti dei canali del calcio del 19% (6%-31%).
CONCLUSIONI Tutte le classi di farmaci antipertensivi avevano un'efficacia simile nel ridurre gli eventi CHD e l'ictus per una data riduzione della pressione sanguigna, ad eccezione dei beta-bloccanti che mostrano un effetto protettivo extra, solo se dati entro tempi abbastanza brevi dall'infarto, e dei bloccanti dei canali del calcio, che esercitano un'azione addizionale minore nel prevenire l'ictus; ciò porta ad escludere gli effetti pleiotropici. La riduzione proporzionale degli eventi CVD era simile o la stessa, indipendentemente dal farmaco usato e dalla presenza di eventi vascolari pregressi. Le linee guida sull'uso delle terapie antipertensive dovrebbero essere semplificate, così che i farmaci vengano offerti ai pazienti con qualsiasi livello pressorio. Questi risultati suggeriscono l'importanza di abbassare la pressione in tutti i soggetti oltre una certa età, piuttosto che misurarla in tutti e ridurla solo in alcuni.