SELEZIONE DELLA LETTERATURA



FARMACOEPIDEMIOLOGIA

BLOCCANTI DEI CANALI DEL CALCIO E RIDUZIONE DEL RISCHIO DI PARKINSON
Nella ricerca di agenti neuroprotettivi, recenti studi su roditori o primati hanno mostrato promettenti risultati con ACE-inibitori e bloccanti dei canali del calcio, inclusa una riduzione della perdita, indotta sperimentalmente, di neuroni dopaminergici a livello striatale. In questo studio i ricercatori hanno usato i dati dal General Practice Research Database, contenenti informazioni su più di 5 milioni di assistiti di medicina generale in Gran Bretagna, per disegnare un'analisi caso-controllo retrospettiva che esaminasse le possibili relazioni tra l'uso di farmaci antipertensivi e il rischio di sviluppare Parkinson (PD). Sono stati identificati 3637 casi e un ugual numero di controlli (40% donne). I risultati suggeriscono che l'uso a lungo termine (più di 30 prescrizioni) di bloccanti dei canali del calcio, ma non di altri agenti antipertensivi, è associato ad una significativa riduzione del rischio di Parkinson (OR 0,77; IC al 95% 0,63-0,95). L'effetto era più alto nelle donne e nei soggetti al di sopra di 80 anni d'età.
[USE OF ANTIHYPERTENSIVES AND THE RISK OF PARKINSON DISEASE.Neurology, pubblicato on line il 6 febbraio 2008]

FARMACI PER LE OSSA E RIDUZIONE DEL RISCHIO DI FRATTURE DA OSTEOPOROSI
Le evidenze scientifiche sull'efficacia dei farmaci per le ossa sono ampiamente convincenti; tuttavia, i tassi di trattamento nei pazienti a rischio e l'aderenza alla terapia rimangono scarsi. Questo studio aveva lo scopo di valutare se l'esposizione a tali farmaci fosse associata ad una riduzione del rischio di fratture in un sottogruppo della popolazione femminile. Sono stati quindi condotti due studi caso-controllo, arruolando 3170 donne con età >=70 anni (1824 con osteoporosi e 1346 con precedente frattura) e appaiando ogni caso con 10 controlli. L'effetto dei farmaci per le ossa sulla riduzione del rischio di fratture era significativo nel caso dell'osteoporosi (-16% per tutti i tipi di fratture e -39% per fratture spinali, dell'anca e del polso) ma non in caso di precedente frattura.
[POPULATION-BASED STUDY OF THE EFFECTIVENESS OF BONE-SPECIFIC DRUGS IN REDUCING THE RISK OF OSTEOPOROTIC FRACTUREY. Pharmacoepidemiol Drug Saf, pubblicato on line il 23 gennaio 2008]

FATTORI DI RISCHIO PER LE FRATTURE IN DONNE IN MENOPAUSA CON OSTEOPOROSI
La densità minerale ossea (bone mineral density, BMD) è utilizzata per la diagnosi di osteoporosi. Sebbene un valore basso indichi rischio di fratture, questo indice usato da solo non è particolarmente sensibile. Sulla base dei limiti della BMD e del riconoscimento di altre caratteristiche associate alle fratture, l'Organizzazione Mondiale della Sanità ha identificato 8 fattori clinici di rischio (CRF): età, fratture precedenti, BMD del collo del femore (o IMC in assenza di misure della BMD), uso passato o attuale di corticosteroidi, storia familiare di fratture, fumo, consumo di almeno due bicchieri di alcolici al giorno e osteoporosi secondaria associata a disordini come l'artrite reumatoide. Questa review di 68 studi ha valutato l'associazione tra 5 di questi fattori e il rischio di osteoporosi; inoltre ha focalizzato l'attenzione sul rischio nelle donne in menopausa. Dai risultati è emerso che una precedente frattura e una deviazione standard di BMD al di sotto della media di riferimento erano associate ad un rischio più alto di 18 e 4 volte, rispettivamente: questi due fattori costituiscono i migliori predittori di rischio di osteoporosi.
[CLINICAL RISK FACTORS FOR FRACTURE IN POSTMENOPAUSAL OSTEOPOROTIC WOMEN: A REVIEW OF THE RECENT LITERATURE. Ann Pharmacother, pubblicato on line il 29 gennaio 2008]

 

EPIDEMIOLOGIA

RUMORE NOTTURNO E PRESSIONE ARTERIOSA
Nuove ricerche dallo studio Hypertension and Exposure to Noise Near Airports (HYENA), che ha associato gli effetti del rumore notturno alla pressione arteriosa, hanno osservato che le persone residenti nei pressi di aeroporti manifestano aumenti pressori acuti e cronici in risposta al rumore degli aerei. Una nuova analisi suggerisce che picchi di pressione si registrano anche in caso di rumori di altra natura. I risultati rivelano che il rischio di ipertensione aumenta parallelamente all'esposizione ad inquinamento acustico a lungo termine. L'analisi è stata condotta su circa 5000 soggetti che vivevano vicino a 6 tra i principali aeroporti europei. È stato riportato un aumento medio della pressione sistolica di 6,2 mm Hg e della diastolica di 7,4 mm Hg entro 15 minuti da ogni forte rumore prodotto dagli aeroplani, ma anche altre fonti sonore, come il traffico, producevano picchi nei valori pressori. E' interessante notare che i livelli acustici studiati in questa analisi sono a volte al di sotto di quelli necessari a provocare il risveglio.
[ACUTE EFFECTS OF NIGHT-TIME NOISE EXPOSURE ON BLOOD PRESSURE IN POPULATIONS LIVING NEAR AIRPORTS. Eur Heart J, pubblicato on line il 12 febbraio 2008]; [HYPERTENSION AND EXPOSURE TO NOISE NEAR AIRPORTS: THE HYENA STUDY. Environ Health Perspect 2008; 116:329-333]

BIOMARKER PROTEOMICI URINARI E CORONAROPATIA
È stato ipotizzato che l'analisi delle urine possa fornire un quadro utile per la diagnosi e il monitoraggio delle arteriopatie coronariche (CAD). I ricercatori hanno esaminato 359 campioni di urina da 88 pazienti con grave coronaropatia e 282 controlli e, usando uno spettrometro di massa, hanno identificato più di 1000 polipeptidi per campione. Lo studio ha inizialmente identificato 15 peptidi, definiti come indicatori caratteristici di CAD, in un sottogruppo di pazienti ed ha poi verificato la capacità predittiva del modello: il profilo polipeptidico così stabilito era in grado di predire la presenza della patologia nell'83% dei casi (IC al 95% 51,6-94,4), con una sensibilità del 98% (89-99). I risultati suggeriscono che questo approccio può essere utilizzato per determinare gli stadi precoci della patologia; inoltre la misurazione di questi 15 polipeptidi può essere sfruttata nel monitoraggio della progressione di CAD.
[URINARY PROTEOMIC BIOMARKERS IN CORONARY ARTERY DISEASE. Mol Cell Proteomics 2008; 7:290-298]

LP-PLA2 E CORONAROPATIA
Lp-PLA2 è un nuovo enzima probabilmente coinvolto nella formazione di placche vulnerabili e circola nel sangue legato al colesterolo LDL. È altamente espresso dai macrofagi all'interno del nucleo necrotico e del cappuccio fibroso della placca ed ha un ruolo primario nell'idrolisi dei fosfolipidi ossidati, che porta alla formazione di prodotti proinfiammatori e proaterogenici. In questo studio è stata indagata l'associazione tra Lp-PLA2 e coronaropatie (CHD) in uomini apparentemente sani. Sono stati inclusi nell'analisi 1077 uomini e donne (età media 72 anni) senza CHD al basale e sono stati seguiti per 16 anni. I livelli di Lp-PLA2 correlavano positivamente con colesterolo totale, LDL e trigliceridi e negativamente con il colsterolo HDL. Correlazioni deboli ma significative sono state osservate con pressione sistolica, proteina C-reattiva e indice di massa corporea. Dopo aggiustamenti per età, sesso e parametri biochimici, elevati livelli di Lp-PLA2 erano significativamente associati al rischio di CHD incidenti.
[LIPOPROTEIN-ASSOCIATED PHOSPHOLIPASE A2 IS AN INDEPENDENT PREDICTOR OF INCIDENT CORONARY HEART DISEASE IN AN APPARENTLY HEALTHY OLDER POPULATION: THE RANCHO BERNARDO STUDY. J Am Coll Cardiol 2008; 51:913-919]

SINDROME METABOLICA E FIBRILLAZIONE ATRIALE
I soggetti con sindrome metabolica (SM) hanno un rischio aggiustato per sesso e per età maggiore di almeno il 60% di sviluppare fibrillazione atriale (AF) in 4,5 anni. Questi risultati sono stati ottenuti in uno studio di coorte prospettico condotto in Giappone su più di 28.000 persone. La prevalenza al basale di SM era pari al 13% per i criteri del National Cholesterol Education Program Third Adult Treatment Panel (NCEP-ATP III) e al 16% per le linee guida dell'American Heart Association/National Heart, Lung, and Blood Institute (AHA/NHLBI). Il rischio aggiustato di AF cresceva del 10% per ogni anno d'età e negli uomini era triplicato rispetto alle donne, perciò l'analisi multivariata è stata corretta per età e sesso. Ne è emerso significativo aumento degli hazard ratios per entrambe le definizioni: 1,88 (NCEP-ATP III) e 1,61 (AHA/NHLBI). Lo studio ha anche rilevato che il rischio di AF cresceva col numero di determinanti di SM e che ciascun determinante risultava predittivo di AF.
[METABOLIC SYNDROME AND RISK OF DEVELOPMENT OF ATRIAL FIBRILLATION. THE NIIGATA PREVENTIVE MEDICINE STUDY. Circulation, pubblicato on line il 19 febbraio 2008]

STRESS LAVORATIVO E MALATTIE CORONARICHE
Lo stress sul lavoro può influenzare lo sviluppo di CHD attraverso l'attivazione diretta delle risposte neuroendocrine allo stress, o indirettamente con l'induzione di atteggiamenti non salutari come il fumo, lo scarso esercizio fisico o l'eccessivo consumo di alcool. Uno dei principali assi di risposta neuroendocrina allo stress è il sistema nervoso autonomo: la sua ripetuta attivazione è caratterizzata da ridotta variabilità della frequenza cardiaca. L'altro sistema interessato è l'asse ipotalamico-pituitario-adrenergico, associato a disturbi della variazione circadiana dei livelli di cortisolo e allo sviluppo di sindrome metabolica. Una nuova ricerca britannica su 10.308 uomini e donne ha rilevato lo stress lavorativo e parametri quali fattori di rischio comportamentali, sindrome metabolica, variabilità della frequenza cardiaca, aumento dei livelli di cortisolo al mattino e CHD incidenti. Lo stress lavorativo era associato a patologia coronarica e questa associazione era più forte tra i partecipanti con più di 50 anni (RR 1,68; IC al 95% 1,17-2,42).
[WORK STRESS AND CORONARY HEART DISEASE: WHAT ARE THE MECHANISMS? Eur Heart J, pubblicato on line il 23 gennaio 2008]

 

 

CONSUMO DI CARNE E RISCHIO DI IPERTENSIONE IN DONNE DI MEZZA ETÀ E ANZIANE
Osservazioni epidemiologiche negli anni passati hanno suggerito che il passaggio da una dieta controllata, ricca in cereali non raffinati, verdura e pesce, ad una dieta occidentale, con grassi saturi e carne grassa, può aumentare la pressione arteriosa e l'incidenza di ipertensione. Un elevato consumo di carne, soprattutto rossa, può indipendentemente contribuire allo sviluppo di ipertensione a causa del contenuto in grassi saturi, proteine animali, colesterolo e altri componenti. Questo studio ha analizzato l'associazione prospettica tra il consumo di diversi tipi di carne e lo sviluppo a 10 anni della condizione ipertensiva in 28.766 donne con età >=45 anni. I risultati hanno mostrato che la carne rossa era associata ad un aumento del rischio di ipertensione; tale associazione era particolarmente forte per donne con valori pressori basali nella norma. Per contro non sono state rilevate associazioni con la carne di pollame.
[MEAT INTAKE AND THE RISK OF HYPERTENSION IN MIDDLE-AGED AND OLDER WOMEN. J Hyper 2008; 26:215-222]

CONSUMO DI ALCOLICI NEL CORSO DELLA VITA E RISCHIO CARDIOMETABOLICO
Nella maggioranza degli studi sugli effetti dell'alcol sulla salute, il consumo di alcolici viene rilevato in un singolo momento, assumendo che le modalità di assunzione siano circa le stesse per tutta la vita. Questi studi non possono caratterizzare adeguatamente l'esposizione all'alcol per tutta la vita degli individui. A questo scopo è stato sviluppato il Cognitive Lifetime Drinking History (CLDH), un'intervista computerizzata formulata per ricostruire retrospettivamente il pattern di consumo di alcolici negli studi sulle condizioni croniche correlate all'alcol. In questo studio, sono stati usati i dati ottenuti con il CLDH su 2818 soggetti, per indagare le caratteristiche delle diverse modalità di uso di alcolici e l'associazione con i determinanti della sindrome metabolica (SM). Sono stati identificati due distinti pattern nel corso della vita, uno caratterizzato da un forte consumo nella giovinezza seguito da una drastica riduzione, l'altro contraddistinto da un consumo moderato più o meno costante. Non c'erano differenze significative nella prevalenza di SM; tuttavia, nell'analisi di regressione multipla, picchi di consumo in giovane età erano associati a odds di SM più alti rispetto ad un consumo stabile.
[ASSOCIATION OF LIFETIME ALCOHOL DRINKING TRAJECTORIES WITH CARDIOMETABOLIC RISK. J Clin Endocrinol Metab 2008; 93:154-61]

SOFT DRINKS E RISCHIO DI GOTTA NEGLI UOMINI
La gotta, la più comune forma di artrite infiammatoria negli uomini, è sempre più diffusa. Il raddoppio della prevalenza e dell'incidenza negli Stati Uniti è coinciso con un sostanziale incremento nel consumo di soft drink dolcificati col fruttosio. In genere le raccomandazioni dietetiche relative alla malattia si concentrano sulla riduzione del consumo di purina e alcol, non sui soft drink dolcificati che contengono fruttosio, uno dei nutrienti in grado di aumentare i livelli di acido urico. Non è noto se il suo effetto acuto abbia valore a lungo termine e quanto incida sul rischio di gotta. Per indagare tale associazione è stato condotto uno studio prospettico su 46.393 soggetti maschi, senza precedenti della malattia, che hanno risposto a domande sul consumo di soft drink e fruttosio, nell'arco di dodici anni. I risultati hanno mostrato che il rischio è più alto dell'85% con due o più bicchieri di soft drink a settimana rispetto a chi consuma meno di un bicchiere al mese, indipendentemente da altri fattori scatenanti come età, peso, consumo di alcol.
[SOFT DRINKS, FRUCTOSE CONSUMPTION, AND THE RISK OF GOUT IN MEN: PROSPECTIVE COHORT STUDY. BMJ 2008; 336:309-12]

APPORTO DIETETICO DI VITAMINA B3 E CANCRO COLORETTALE
La vitamina B6 è coinvolta nelle vie metaboliche del folato, che è stato correlato alla carcinogenesi colorettale. Pochi studi osservazionali hanno indagato l'associazione tra l'apporto di vitamina B6 e il cancro del colon retto e solo alcuni considerano l'assunzione tramite integratori parallelamente a quella tramite dieta. L'obiettivo di questo ampio studio caso-controllo era valutare l'effetto dell'apporto dietetico e supplementare di vitamina B6 sul cancro colorettale in un campione di 4750 soggetti ed esaminare l'effetto di tre polimorfismi coinvolti nel metabolismo del folato sulla vitamina B6 e sull'associazione col cancro. Lo studio ha dimostrato l'esistenza di un link dose-dipendente tra l'assunzione della B6 e il rischio di cancro del colon-retto; più precisamente, si è visto che al confronto tra due gruppi di persone, uno composto da soggetti già portatori del cancro e uno da soggetti sani di controllo, si verificava una riduzione del rischio pari al 19% nella popolazione che abitualmente dichiarava un'assunzione dietetica elevata di vitamina B6.
[DIETARY VITAMIN B6 INTAKE AND THE RISK OF COLORECTAL CANCER. Cancer Epidemiol Biomarkers Prev 2008; 17:171-182]

 

 

INDICE DI MASSA CORPOREA E INCIDENZA DI CANCRO
Il legame esistente tra il rischio di cancro e l'eccesso ponderale è diventato sempre più evidente nel corso degli ultimi anni, ma il sovrappeso aumenta il rischio in modo diverso in uomini e donne. Per analizzare questa associazione, è stata condotta una review sistematica, che ha raccolto i dati di 221 studi tra il 1966 e il 2007, per un totale di 282.137 casi incidenti di cancro. Dai risultati emerge che nelle donne l'eccesso di peso aumenta soprattutto il rischio di cancro al collo dell'utero, alla vescica biliare e al pancreas, come anche quello al seno dopo la menopausa. Negli uomini, è stata evidenziata una relazione tra sovrappeso e tumore alla pelle, leucemia e tumori ai linfonodi. Non si evidenzia invece una differenza tra uomini e donne per quanto riguarda la possibilità di avere un cancro all'esofago, alla tiroide, ai reni e all'intestino.
[BODY-MASS INDEX AND INCIDENCE OF CANCER: A SYSTEMATIC REVIEW AND META-ANALYSIS OF PROSPECTIVE OBSERVATIONAL STUDIES. The Lancet 2008; 371:569-578]

FATTORI DI RISCHIO PER LA PSORIASI
Negli ultimi anni è diventato chiaro che la psoriasi è una patologia di natura infiammatoria dovuta ad alterazioni del sistema immunitario e molte indagini sono state condotte per identificarne i fattori di rischio. Uno studio caso-controllo multicentrico ha arruolato 560 casi e 690 controlli e ha indagato le correlazioni con alcune condizioni patologiche. I risultati hanno evidenziato forti correlazioni tra psoriasi e alcune malattie croniche, come diabete, ipertensione o iperlipidemia. Un'altra condizione di natura infiammatoria a cui la psoriasi è stata associata è la sindrome metabolica (SM). Per valutare tale associazione è stato condotto uno studio trasversale su 16.851 soggetti con psoriasi e 48.618 controlli. Modelli multivariati aggiustati per età, sesso e abitudine al fumo hanno dimostrato che la psoriasi era associata alla presenza di sindrome metabolica (OR=1,3, IC al 95%=1,1-1,4).
[MEDICAL HISTORY, DRUG EXPOSURE AND THE RISK OF PSORIASIS. EVIDENCE FROM AN ITALIAN CASE-CONTROL STUDY. Dermatology 2008; 216:125-30]; [ASSOCIATION BETWEEN PSORIASIS AND THE METABOLIC SYNDROME. A CROSS-SECTIONAL STUDY. Dermatology 2008; 216:152-5]

 

 

SVILUPPO E VALIDAZIONE DI UN RISK SCORE PER L'OSTEOPOROSI NEGLI UOMINI
Sebbene il rischio di fratture nell'uomo sia inferiore rispetto a quello nella donna, la mortalità dopo frattura in ospedale e ad un anno dall'evento è più alta. Nella popolazione femminile, la diagnosi precoce di osteoporosi e la terapia con bifosfonati ha drasticamente ridotto il rischio di fratture; mancano invece delle linee guida largamente accettate per lo screening della patologia negli uomini. Lo scopo di questo studio era sviluppare e validare un sistema per la predizione clinica del rischio di osteoporosi. Utilizzando i dati del National Health and Nutrition Examination Survey III è stato creato il MORES, uno schema di punteggi basato sulle variabili età, peso e patologia polmonare ostruttiva. Nella fase di validazione, il MORES ha correttamente identificato il 93% degli uomini con osteoporosi ed ha mostrato un'eccellente capacità predittiva.
[DEVELOPMENT AND INTERNAL VALIDATION OF THE MALE OSTEOPOROSIS RISK ESTIMATION SCORE. Ann Fam Med 2007; 5:540-6]