La
pubblicazione, sulla rivista Lancet di luglio 2002, dei dati dello
studio HPS (Heart Protection Study), peraltro già
anticipata dal congresso dell'American Heart Association (vedi
News dai trials
di dicembre 2001), evidenzia l'importanza di modificare le linee
guida sulle terapie ipocolesterolemizzanti per attuare una strategia di
trattamento dell'alto rischio e non del colesterolo alto.
Il Dott. Horton, editore della rivista, supporta la necessità di
questo cambiamento, in quanto i risultati di questo studio, i più
importanti e di vasta portata pubblicati ad oggi, sul trattamento e la
prevenzione di malattie cardiache e ictus, stravolgono le assunzioni su
cui si basava la prescrizione delle statine e inducono quindi una radicale
revisione della pratica clinica in tutto il mondo.
Nell'editoriale, pubblicato sulla stessa rivista, il Dott. Yusuf, ricercatore
della McMaster University di Hamilton in Canada, afferma che le implicazioni
di questi risultati sono profonde. Praticamente tutti i pazienti dei paesi
occidentali che hanno una malattia cardiovascolare pregressa o in corso
riceveranno benefici della terapia con statine.
Uno dei ricercatori dello studio HPS ha riferito, nel corso di una conferenza
stampa di avere già discusso con coloro che formulano le linee
guida, in quanto è necessario recepire nel più breve tempo
possibile nelle linee guida, incluse quelle del National Cholesterol
Education Program americano, il risultato più importante, ovvero
l'indipendenza dell'effetto dai livelli basali di lipidi, ribaltando completamente
la politica sanitaria attuale di prevenzione primaria e secondaria.
Un altro ricercatore dello studio si dimostra invece più cauto
sui tempi; egli ritiene che i cambiamenti non si realizzeranno così
facilmente; i medici dovranno infatti rivedere il loro concetto di colesterolo
"normale" e considerarlo "non normale" quando devono
gestire un paziente "a rischio". Si è già lavorato
con quest'ottica per la pressione arteriosa.
Gli esperti concordano comunque sul fatto che i medici debbano iniziare
subito ad utilizzare le statine in modo molto più esteso senza
aspettare la modifica delle linee guida. Uno degli aspetti più
favorevoli dello studio è che la maggior parte delle persone che
ha mostrato di beneficiare dell'uso di statine era già conosciuta
dai propri medici per la propria storia clinica pregressa.
Il team dello studio HPS ha puntualizzato che non sono importanti solo
gli effetti della statina sugli eventi coronarici (che già le attuali
linee guida sottolineano), ma anche le riduzioni osservate dell'incidenza
di ictus, di rivascolarizzazioni e ospedalizzazioni e che non solo gli
eventi primari, ma anche l'insorgenza di quelli successivi era diminuita
dalle statine.
Probabilmente l'informazione più importante dello studio HPS è
che il concetto occidentale di livelli di colesterolo "normale"
non è corretto. Infatti nella Cina rurale la popolazione ha livelli
di colesterolo che negli occidentali si osservano alla nascita. Sarebbe
opportuno considerare la colesterolemia con gli stessi criteri con cui
si valuta il fumo: se si riuscisse a indurre le persone a pensare che
livelli di colesterolo LDL di 95 mg/dL siano equivalenti a 10 sigarette
al giorno e livelli di 130 equivalenti a 20 sigarette al giorno, si potrebbe
cercare di portare questi livelli verso lo zero. I risultati dello studio
hanno quindi implicazioni per la popolazione nel suo insieme, perché
indicano che lo spostamento verso il basso dei livelli di colesterolo
sarà sicuro e comporterà una riduzione del rischio di eventi
vascolari in tutta la popolazione. Tuttavia, si deve ancora stabilire
quale sia il limite più basso. I trials in corso contribuiranno
a definire quale sia questo limite. Fra questi lo studio HPS-2 (conosciuto
anche come SEARCH), sta confrontando 80 mg di simvastatina con
20 mg di simvastatina in pazienti ad alto rischio; lo studio Treat-to-New-Targets
(TNT) sta esaminando atorvastatina 80 mg vs atorvastatina 10
mg, e lo studio Incremental Decrease in Endpoints through Aggressive
Lipid Lowering Trial (IDEAL), sta valutando 80 mg di atorvastatina
vs 40 mg di simvastatina. Atorvastatina è attualmente la statina
più potente sul mercato, dopo il ritiro di cerivastatina avvenuto
nel 2001. Tuttavia, molti medici ritengono che su atorvastatina non ci
siano abbastanza dati sulla sicurezza d'uso, come per le statine più
vecchie, quali lovastatina, pravastatina e simvastatina.
Il messaggio è chiaro: trattare il rischio, non il livello di colesterolo.
HPS -lo studio più grande di prevenzione primaria/secondaria sulle
statine mai condotto al mondo, mirato al "mondo reale" dei pazienti-
ha dimostrato che con l'assunzione di 40 mg di simvastatina al giorno
per più di cinque anni si sono ridotti gli infarti miocardici e
l'ictus di circa un terzo fra i pazienti di età uguale o superiore
a 40 anni, che erano stati considerati ad alto rischio, ma ai quali non
era stata prescritta una statina dal medico curante, se confrontati con
gli stessi soggetti in placebo. La terapia con statina ha ridotto anche
il rischio di essere ospedalizzati per peggioramento di angina e necessità
di chirurgia vascolare, angioplastica e amputazioni e ha prodotto la prima
evidenza sicura del vantaggio nei diabetici nelle donne e negli anziani.
Nessuna delle precedenti preoccupazioni sulla sicurezza delle statine
-come i possibili effetti avversi causati dell'abbassamento del colesterolo
su cause non vascolari particolari di morte, cancro, ictus emorragico-
è stata provata; inoltre non si sono verificati casi di rabdomiolisi
o di alterazione della funzionalità epatica fra coloro che hanno
assunto simvastatina.
I vantaggi della terapia con statine utilizzata nei pazienti diabetici
dello studio HPS sono stati discussi recentemente al congresso dell'American
Diabetes Association a San Francisco, California, e saranno l'argomento
di un'altra pubblicazione. I pazienti con diabete, arruolati nello studio,
erano approssimativamente 6.000, il 10% dei quali aveva diabete di tipo
1. Essi hanno ottenuto un vantaggio simile agli altri partecipanti in
termini di riduzione relativa degli eventi (circa 28%). Non si può
affermare che i pazienti con diabete abbiano ottenuto più vantaggi
in termini relativi, ma dal momento che essi sono ad un rischio assoluto
più alto, questo si traduce in benefici assoluti più ampi.
Ciò è enormemente importante per i pazienti diabetici, la
maggior parte dei quali, fino ad ora non è stata presa in considerazione
per la terapia con statine perchè la loro colesterolemia non era
elevata.
Il team di ricercatori ha anche osservato i dati dei partecipanti che
avevano avuto una durata maggiore della malattia e coloro che avevano
un controllo migliore del diabete sulla base delle concentrazioni di emoglobina
glicata, ma hanno trovato riduzioni proporzionali simili nel rischio di
eventi, nonostante l'uno o l'altro di questi fattori. E' un messaggio
ripetitivo, ma semplice: se si abbassa il livello di colesterolo LDL di
1 mmol/L si riduce il rischio di un quarto, abbassandolo di 1,5 mmol/L
il rischio diminuisce di circa un terzo.
I ricercatori del HPS valutano che, implementando interamente i nuovi
risultati, più del triplo del numero di persone potrebbero avere
beneficio dall'uso di statine. In Inghilterra ci sono 1 milione circa
di persone che già assumono statine; questo numero potrebbe salire
a 3 milioni, permettendo di salvare oltre 10.000 vite all'anno. In tutto
il mondo, oltre 10 milioni di persone potrebbero essere trattate con statine,
con 50.000 vite salvate all'anno e, inoltre, in un numero equivalente
di persone si potrebbero evitare infarto miocardico non fatale o ictus.
I ricercatori hanno ribadito anche che i risultati sono applicabili non
solo nei paesi sviluppati, ma anche in quelli in via di sviluppo, dove
le incidenze di infarto miocardico e ictus stanno rapidamente aumentando
e la prevalenza del diabete è sempre più alta.
|